di Mariaelena Finessi
ROMA, lunedì, 31 gennaio 2011 (ZENIT.org).- In questi giorni di tensione, specie in Egitto dove molti cristiani hanno perso la vita a causa del proprio credo, padre Luciano Larivera, gesuita e scrittore de La Civiltà Cattolica, ha tenuto un incontro a Roma sulla libertà religiosa, tema scelto da Benedetto XVI per la 44ª Giornata mondiale della Pace. Illustrando la protezione ad essa garantita dalle convenzioni e dai trattati internazionali, l’obiettivo è spiegare che la fede, semplicemente, non può essere ridotta alla stregua di un «prodotto culturale».
«Elencato tra i valori fondamentali, quindi insopprimibili, inalienabili e indivisibili, la fede risponde a domande del tipo “dopo la morte, che succede?”», argomenta padre Larivera. Ciò vuol dire che essa ha diritto di residenza in quanto risponde ad una domanda sul limite temporale dell’esistenza umana. Lo Stato riconosce infatti l’importanza della religione nella misura in cui è questa ad esser entrata per prima nella vita dell’uomo, prima cioè di qualunque organizzazione politica e sociale. Di più, la religione ha un ruolo “correttivo” della ragione.
Come spiega Benedetto XVI nel suo discorso a a Westminster Hall, «il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti – ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione – bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi».
Senza contare che, nonostante quanto erroneamente affermano i suoi detrattori, la libertà di credo garantisce l’armonia delle civiltà. «Cartina tornasole» la definisce Giovanni Paolo II che scorge nel rispetto della libertà religiosa la premessa alla garanzia di tutte le altre libertà. Ed annovera, quale diritto internazionalmente riconosciuto, ogni altro credo alternativo ai grandi sistemi religiosi (belief) o, addirittura, anche “il non credo”.
«Ciò non vuol dire, tuttavia, indifferentismo religioso e non comporta che tutte le religioni siano uguali», continua Larivera. La new age, per dire, non può stare sullo stesso piano del Cristianesimo, dell’Islam o dell’Ebraismo. «La vera religione è ciò che spinge invece l’uomo a cercare la verità», ma in modo maturo e voluto. La fede ha bisogno cioè di libero assenso.
«Per questo motivo – è detto nell’enciclica Caritas in Veritate – se è vero, da un lato, che lo sviluppo ha bisogno delle religioni e delle culture dei diversi popoli, resta pure vero, dall’altro, che è necessario un adeguato discernimento». «Elemento fondamentale della dottrina cattolica è che gli esseri umani sono tenuti a rispondere a Dio credendo volontariamente; nessuno, quindi, può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà» (Dichiarazione sulla libertà religiosa, Dignitatis Humanae).
La Santa Sede ha fatto propria la Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo che, all’articolo 18, riconosce il diritto alla libertà di religione accanto ad altri due importantissimi diritti: il diritto alla libertà di pensiero e di coscienza. Il testo – ripreso alla lettera dall’articolo 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – dice espressamente che «ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti».
La Dichiarazione universale non ha però natura impositiva per gli Stati essendo appunto una mera enunciazione di princìpi ai quali i Governi devono informare il proprio operato. Nel 1966, le Nazioni Unite hanno quindi provveduto a renderne vincolante il contenuto attraverso la promulgazione del Patto Internazionale relativo ai Diritti civili e politici.
Qui vi è anche detto che «nessuno può essere assoggettato a costrizioni» e che gli unci limiti alla libertà religiosa riguardano la tutela dei diritti altrui, della sicurezza, della morale, dell’ordine pubblico e della sanità. Soprattutto, è detto che gli Stati «si impegnano a rispettare la libertà dei genitori e, ove del caso, dei tutori legali, di curare l’educazione religiosa e morale dei figli in conformità alle proprie convinzioni».
Un aspetto, quest’ultimo, a cui fa riferimento Benedetto XVI quando, appena qualche settimana fa, nel messaggio agli Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede descrive come violazione della libertà religiosa l’imposizione dei corsi d’educazione sessuale nelle scuole, «anche perché i genitori cattolici potrebbero voler educare i propri figli alla castità», chiarisce padre Larivera.
«Il diritto alla libertà religiosa – continua il gesuita – ha però come contraltare il dovere alla libertà religiosa che è quello, chiarito dallo stesso Ratzinger, di cercare la verità attraverso il dialogo e l’incontro». Nel tempo, le religioni hanno elaborato riflessioni e pratiche per la convivenza con gli altri credenti e gli atei e, insieme, sostengono i diritti dell’uomo per promuoverne la dignità.
Quello del confronto è però, ancora oggi, un terreno minato: «Chi s’avventura su questi temi appare agli occhi degli scettici come un ragno», che tesse una tela ingannevole usando la religione come leva per piani politici. In altri termini, «il sospetto in alcuni islamici e cristiani ortodossi è che si tratti, da parte dei cattolici, di un tentativo di egemonia culturale».
Secoli di storia dimostrano invece la volontà della Chiesa cattolica di andare incontro alle altri fedi, tanto che la mancanza della libertà religiosa nel mondo preoccupa le sfere vaticane come pure la Cei la quale attraverso il presidente, cardinale Angelo Bagnasco, pone costantemente la questione della persecuzione dei cristiani in talune aree del mondo, Egitto e Medio Oriente innanzitutto.
Un problema che Bagnasco, come spiega nella prolusione al Consiglio episcopale permanente del 24 gennaio, non deve essere posto sul piano della «reciprocità», perché esso non «si risolve minacciando ritorsioni o attenuando, in Italia e in Occidente, le garanzie dei cittadini provenienti dagli Stati che non assicurano parità di trattamento».
Le parole del cardinale fanno riferimento ad alcuni esponenti politici che dopo l’attentato ad Alessandria d’Egitto contro i cristiani copti avevano chiesto una moratoria sulla costruzione di moschee in Italia. Non bisogna però neppure «incrementare colpevoli acquiescenze o finti pragmatismi», ma «aprire gli occhi» e «insistere» per un «sistema minimo di garanzie reali per la libertà di tutte le fedi».
«Negare o limitare in maniera arbitraria tale libertà – Benedetto XVI affida il suo pensiero al Messaggio del 1° gennaio 2011 – significa coltivare una visione riduttiva della persona umana». Se invece essa è riconosciuta, è la dignità della persona che «viene rispettata nella sua radice». Si rafforzano, così, anche «l’ethos e le istituzioni dei popoli».