Benedetto XVI: l'unità dei cristiani è un “imperativo morale”

Invita a non cedere a rassegnazione e pessimismo

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ROMA, martedì, 25 gennaio 2011 (ZENIT.org).- L’unità dei cristiani è un “imperativo morale” per il quale bisogna impegnarsi senza cedere a sconforto e pessimismo, ha ricordato Benedetto XVI questo martedì pomeriggio nella Basilica romana di San Paolo fuori le Mura.

Il Pontefice vi ha presieduto la celebrazione conclusiva della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, che si svolge ogni anno dal 18 al 25 gennaio.

Nella sua omelia, ha ricordato la necessità di “essere riconoscenti” perché negli ultimi decenni il movimento ecumenico “ha fatto significativi passi in avanti, che hanno reso possibile raggiungere incoraggianti convergenze e consensi su svariati punti, sviluppando tra le Chiese e le Comunità ecclesiali rapporti di stima e rispetto reciproco, come pure di collaborazione concreta di fronte alle sfide del mondo contemporaneo”.

Ad ogni modo, ha riconosciuto che “siamo ancora lontani da quella unità per la quale Cristo ha pregato e che troviamo riflessa nel ritratto della prima comunità di Gerusalemme”, un’unità che “non si realizza solo sul piano delle strutture organizzative, ma si configura, ad un livello molto più profondo, come unità espressa nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio”.

La ricerca del ristabilimento dell’unità tra i cristiani divisi, ha sottolineato il Papa, non può “ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza”.

“Ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero”, e il cammino per raggiungerla “deve essere avvertito come imperativo morale, risposta ad una precisa chiamata del Signore”.

Per questo, “occorre vincere la tentazione della rassegnazione e del pessimismo, che è mancanza di fiducia nella potenza dello Spirito Santo”.

“Il nostro dovere è proseguire con passione il cammino verso questa meta con un dialogo serio e rigoroso per approfondire il comune patrimonio teologico, liturgico e spirituale; con la reciproca conoscenza; con la formazione ecumenica delle nuove generazioni e, soprattutto, con la conversione del cuore e con la preghiera”, ha sottolineato.

La comunità degli Apostoli

Benedetto XVI ha quindi ricordato che il tema della meditazione di quest’anno è stato proposto dalle comunità cristiane di Gerusalemme, che hanno invitato “a rinnovare e rafforzare il nostro impegno per il ristabilimento della piena unità meditando sul modello di vita dei primi discepoli di Cristo”: “Essi erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2,42).

“È questo il ritratto della prima comunità, nata a Gerusalemme il giorno stesso di Pentecoste”, “una comunità non chiusa in se stessa, ma, sin dal suo nascere, cattolica, universale, capace di abbracciare genti di lingue e di culture diverse”.

“Una comunità non fondata su un patto tra i suoi membri”, né sulla “semplice condivisione di un progetto o di un’ideale”, ma sulla “comunione profonda con Dio, che si è rivelato nel suo Figlio”.

L’evangelista Luca dice che i suoi membri “ascoltavano la Parola di Dio, trasmessa dagli Apostoli; stavano volentieri insieme, facendosi carico dei servizi necessari e condividendo liberamente e generosamente i beni materiali; celebravano il sacrificio di Cristo sulla Croce, il suo mistero di morte e risurrezione, nell’Eucaristia, ripetendo il gesto dello spezzare il pane; lodavano e ringraziavano continuamente il Signore, invocando il suo aiuto nelle difficoltà”.

Questa descrizione, ha indicato il Pontefice, “non è semplicemente un ricordo del passato e nemmeno la presentazione di un esempio da imitare o di una meta ideale da raggiungere”, quanto un’“affermazione della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nella vita della Chiesa”, “un’attestazione, piena di fiducia, che lo Spirito Santo, unendo tutti in Cristo, è il principio dell’unità della Chiesa e fa dei credenti una sola cosa”.

L’esempio di San Paolo

Nel cammino di ricerca della piena unità visibile tra tutti i cristiani, ha proseguito Benedetto XVI, “ci accompagna e ci sostiene l’Apostolo Paolo”, del quale questo martedì si celebrava la festa della conversione e che prima che Cristo gli apparisse sulla via di Damasco “era uno tra i più accaniti avversari delle prime comunità cristiane”.
 
Dopo la conversione, “fu ammesso, non solo come membro della Chiesa, ma anche come predicatore del Vangelo assieme agli altri Apostoli, avendo ricevuto, come loro, la manifestazione del Signore Risorto e la chiamata speciale ad essere ‘strumento eletto’ per portare il suo nome dinanzi ai popoli”.

Nei suoi lunghi viaggi missionari, Paolo “non dimenticò mai il legame di comunione con la Chiesa di Gerusalemme”, favorendo la colletta in favore dei cristiani di quella comunità come “non solo un’opera di carità, ma il segno e la garanzia dell’unità e della comunione tra le Chiese da lui fondate e quella primitiva Comunità della Città Santa, come segno dell’unica Chiesa di Cristo”.

“Uniti a Maria, che il giorno di Pentecoste era presente nel Cenacolo insieme agli Apostoli, ci rivolgiamo a Dio fonte di ogni dono perché si rinnovi per noi oggi il miracolo della Pentecoste e, guidati dallo Spirito Santo, tutti i cristiani ristabiliscano la piena unità in Cristo”, ha concluso il Papa.

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ZENIT Staff

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