Card. Turkson: l'intolleranza, spesso frutto di strumentalizzazioni

A un incontro a Roma dell’Istituto “Giuseppe Toniolo” e dell’Azione cattolica

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di Chiara Santomiero

ROMA, domenica, 23 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “Un diritto umano fondamentale che è più di un diritto umano, tanto che, in qualche modo, dà fondamento a tutti gli altri”: questa la definizione di libertà religiosa data dal card. Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, nell’incontro tenutosi il 21 gennaio a Roma per iniziativa dell’Istituto di diritto internazionale della pace “Giuseppe Toniolo” e dell’Azione cattolica italiana.

“Provvidenziale” ha definito Turkson l’invito dell’Istituto “Toniolo” a presentare il messaggio pontificio per la Giornata mondiale della pace 2011 “Libertà religiosa, via per la pace” in coincidenza con la prossima beatificazione di Giuseppe Toniolo, sociologo ed economista di fama internazionale, ideatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani, alla guida dell’Azione Cattolica nei primi anni del Novecento e tra gli artefici dell’ingresso dei cattolici nella vita politica e sociale italiana. “La gioia dell’Istituto e dell’Azione cattolica – ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace – è condivisa da tutti coloro che sono impegnati a lavorare per la giustizia e per la pace nella costruzione del bene comune”.

“La libertà religiosa – ha spiegato Turkson – costituisce il tema del Messaggio del 2011, non solo perché quest’argomento è al centro della dottrina sociale della Chiesa, ma anche perché essa che è una vocazione fondamentale dell’uomo, un diritto umano inalienabile e universale e una chiave per la pace – continua ad essere oggetto di minaccia”. Tra le minacce più comuni “il secolarismo aggressivo, intollerante verso Dio e verso ogni forma di espressione della religione”, “il fondamentalismo religioso e la politicizzazione della religione” ma anche “la nascita di un relativismo culturale e religioso per cui la stessa globalizzazione che aumenta la maggiore mobilità delle persone e il confronto tra le culture viene strumentalizzata per ottenere l’effetto l’opposto di impoverire la cultura umana e suscitare intolleranza, rifiuto e negazione del diritto di libertà religiosa”. A questo si aggiunge la persecuzione vera e propria dei credenti: “Nel recente rapporto dell’associazione ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’ – ha ricordato Turkson – è evidenziato che il 70% della popolazione mondiale soffre di limitazioni alla libertà religiosa, a prescindere dalla religione di appartenenza anche se attualmente i cristiani risultano essere di gran lunga i più perseguitati”.

Da oltre un anno “in molte parti del mondo – Iraq, India, Pakistan, Malesia, Filippine, Nigeria – si inseguono le notizie di violenze e discriminazioni contro i cristiani, fino al sanguinoso attentato che tra la notte del 31 dicembre e il 1° gennaio scorsi ha provocato la morte di 23 cristiani copti ad Alessandria d’Egitto”.

A fronte di tutto questo, “la libertà religiosa è via per la pace perché esprime la capacità e il desiderio di ogni persona di cercare di realizzare se stessa completamente in relazione aprendosi a Dio e agli altri”, esprime cioè “la ricerca di un significato nella vita e di una scoperta di valori e principi che rendono la vita, da sola o in comunità, piena di senso”.

Dato questo carattere primario “la libertà religiosa sebbene non sia creata dallo Stato deve essere però da questo riconosciuta come intrinseca alla persona umana e alle sue espressioni pubbliche e comunitarie”. Allo stesso tempo non si tratta di “un diritto illimitato e non bisogna abusarne per fini che non siano quelli della pace”.

In questa prospettiva è essenziale il dialogo tra le religioni riconosciuto come “mezzo mediante il quale diversi soggetti possono articolare il proprio punto di vista e costruire consenso attorno alla verità riguardanti valori o obiettivi particolari”. Lo stesso obiettivo “può ispirare un dialogo attivo tra il libero esercizio della propria religione e i non credenti, tra fede e ragione”.

“Il dialogo – ha ribadito a ZENIT il presidente del Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace, commentando anche le recenti dichiarazioni dell’Accademia Al Azhar del Cairo di sospendere il dialogo con il Vaticano a seguito delle affermazioni del Papa sulle persecuzioni dei non musulmani in Medio Oriente considerate una ‘inaccettabile ingerenza’ – è un dovere per il cristiano che scaturisce dalla fede in Dio che ci ha creati fratelli e non è vincolato alla reciprocità”.

Allo stesso modo “gli appelli della Chiesa per la libertà religiosa non sono basati su una semplice richiesta di reciprocità da parte di una comunità di credenti disposta a rispettare i diritti dei membri di altre comunità, a condizione che queste ultime siano rispettose dei diritti dei propri membri”. “Rispettiamo i diritti degli altri – ha affermato Turkson – perché è la cosa giusta da fare, non in cambio di un trattamento equivalente o per un favore ricevuto”. Così come “quando gli altri soffrono persecuzioni a causa della loro fede e pratica religiosa, offriamo loro compassione e solidarietà”.

“I cristiani – ha concluso il presidente del Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace – non possono fare a meno di proporsi come paladini della libertà religiosa in quelle zone del mondo dove sono in maggioranza, né cessare di invocarla in tutti quei contesti in cui sono, invece, in condizione di minoranza”.

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ZENIT Staff

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