La Certosa di Serra San Bruno e la prossima visita del Papa

Intervista a Fabio Tassone, Direttore del Museo della Certosa

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di Antonio Gaspari e Maurizio Tripi

ROMA, venerdì, 21 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Domenica 9 ottobre 2011, il Pontefice Benedetto XVI si recherà in visita alla diocesi di Lamezia Terme alla certosa di Serra San Bruno.

Per cercare di comprendere le ragioni e le finalità di questo viaggio, ZENIT ha intervistato Fabio Tassone, Direttore del Museo della Certosa.

Perché il Santo Padre ha deciso di andare in visita alla Certosa di Serra San Bruno?

Tassone: Non sappiamo il motivo preciso che abbia spinto il Santo Padre a prendere questa inattesa, ma quanto mai gradita, decisione. Certo questo Pontefice, che nel corso del suo pontificato ha visitato in varie occasioni dei monasteri e custodisce in sé un animo contemplativo, vorrà confermare la sua stima e il suo apprezzamento per questa forma di vita consacrata. In questo luogo concluse la sua esperienza terrena san Bruno  che è considerato il fondatore dell’ordine certosino, e da allora in poi, circa 900 anni fa, questa esperienza monastica ha inciso profondamente, il cuore e il territorio dei calabresi. Probabilmente, da questa sede, ricca di storia e crocevia di esperienza di fede e cultura, il Pontefice vorrà inviare un nuovo messaggio ai monaci di oggi, nonché ribadire il valore della vita contemplativa.

Chi era san Bruno?

Tassone: San Bruno nasce a Colonia intorno al 1030, quando erano presenti forti manifestazioni di radicalità evangelica ed erano attivi molti movimenti che propugnavano un sempre più intenso ritorno a Dio ed alla conversione. Bruno giovanissimo si reca a Reims per studiare e presto diviene dapprima docente e poi «rettore» della scuola capitolare di quella città. Mostra da subito capacità intellettuali di rilievo che riesce ad unire ad una condotta di vita esemplare e a una coerenza tra quanto studiava e la sua quotidianità. Questa coerenza lo porterà ancora giovane a schierarsi contro il suo Vescovo Manasse che era reo di simonia. Terminata la triste vicenda e deposto Manasse, e mentre si pensava a lui come suo sucessore, Bruno si mette alla ricerca di qualcosa di diverso. Al di là della sua esperienza di insegnamento vuole trovare un luogo e modo per vivere maggiormente in comunione con Dio. Per questo motivo dopo alcune esperienze di vita eremitica e monastica si reca da Ugo, vescovo di Grenoble, per chiedergli la disponibilità di un terreno per iniziare una nuova esperienza religiosa. Così nella valle di Chartreuse, Ugo accompagna questo piccolo gruppo di devoti e in una meravigliosa cornice naturale, inizia l’esperienza certosina. Gli eremiti cominciano a vivere la loro vita in piccole casette di legno costruite intorno ad una chiesetta nella quale, periodicamente, i monaci si riuniscono per la preghiera comunitaria. Si tratta di un disegno già chiaro nella mente di Bruno. Creare un ambiente che permetta la solitudine, ma sfugga i mali dell’isolamento, e crei in questo modo, sull’esempio dei padri del deserto, un luogo favorevole all’incontro con Dio. Dopo circa sei anni Bruno è costretto a lasciare l’eremo per recarsi alla corte di Papa Urbano II che lo vuole, dopo averlo avuto come maestro a Reims, come consigliere personale. Il momento è travagliato e la corte pontificia, in fuga nell’Italia meridionale, di sicuro non è una ambiente consono ad una persona che nutra il desiderio di una vita isolata e voglia vivere un rapporto di intimità con Dio. L’incontro tra Urbano II e Ruggero d’Altavilla fa si che si creino le condizioni per permettere a Bruno di ricreare un’esperienza monastica, sul modello di quella attuata in Francia, nelle terre di Calabria. Questo disegno, pur rispondendo in parte anche a motivazioni politiche che vedevano il Papa e gli Altavilla impegnati nel restituire la Calabria al dominio spirituale della chiesa di Roma, crea le condizioni provvidenziali per l’inizio di questa ormai novecentenaria esperienza monastica che si è realizzata nelle Serre Calabresi.

 Perché san Bruno costruì Certose e fondò i Certosini?

Tassone: San Bruno, a rigore, non può essere considerato il fondatore dei Certosini, perché di fatto non ne ha scritto la regola. Piuttosto egli è l’iniziatore di una esperienza monastica nuova che pur tenendo conto delle esperienze monastiche precedenti, soprattutto di quelle più antiche, propone un modello innovativo di vita consacrata a Dio. La certosa è un ambiente in cui sono sapientemente equilibrate la vita solitaria e la vita comunitaria. Delle comunità di solitari che non hanno precedenti nella tradizione latina del monachesimo. Questa vita è fatta soprattutto di ampi momenti in cui il monaco vive la solitudine della cella, che è il luogo della sua consacrazione, è l’altare del suo sacrificio, è il monte della rivelazione del Signore. Gli statuti certosini però prevedono che nell’arco della giornata e della settimana, ci siano anche occasioni che aiutano il monaco a raggiungere quell’intima comunione con i fratelli e con il mondo che rende feconda la solitudine.

Quali sono le ragioni e qual è l’attualità della spiritualità e dei cammini di contemplazione dei Certosini nel mondo di oggi?

Tassone: La vita monastica non cerca giustificazioni. La scelta monastica ha in se stessa una componente di provocazione rivolta al mondo ed alle sue consuetudini, oggi come anticamente, sia nelle chiese cristiane che in ogni religione. Il monachesimo dice all’uomo di oggi che un’altra vita è possibile, che ci sono valori per i quali vale la pena di scommettere tutta la vita. Ma i monasteri tacciono, il loro silenzio è assordante. Si potrebbe dire che il contributo della vita contemplativa al mondo è come la linfa vitale degli alberi, che scorre silenziosamente e che dalle radici sale fino all’ultima foglia. Se i monaci non ci fossero, probabilmente, il mondo sarebbe peggiore, ma il fatto che essi continuano a fare la loro esperienza, a condurre la loro vita in modo silenzioso, li porta a sembrare estranei o distaccati. Tutt’altro, essi conoscono i problemi e le vicissitudini del mondo e della Chiesa, ma il loro carisma e il loro compito li tiene fuori dalla mischia, non possono essere tirati in ballo da nessuno. La vita contemplativa sarebbe necessaria al mondo anche se il mondo stesso la mettesse completamente al bando.

Il Pontefice conosce la storia di san Bruno? E cosa pensa della spiritualità certosina?

Tassone: La figura di san Bruno di Colonia è molto nota in Germania, e di sicuro il Papa non la ignora. Il fatto stesso che il Santo Padre abbia deciso di venire a visitare questa Certosa, potrebbe anche essere in relazione ad un certo suo interesse per la figura di san Bruno e per la spiritualità certosina. Già il 6 ottobre 2006 alla Commissione teologica internazionale in una omelia improvvisata così Benedetto XVI ha parlato riferendosi a san Bruno: «Ma silenzio e contemplazione hanno uno scopo: servono per conservare, nella dispersione della vita quotidiana, una permanente unione con Dio. Questo è lo scopo: che nella nostra anima sia sempre presente l’unione con Dio e trasformi tutto il nostro essere. Silenzio e contemplazione – caratteristica di san Bruno – servono per poter trovare nella dispersione di ogni giorno questa profonda, continua, unione con Dio. Silenzio e contemplazione: la bella vocazione del teologo è parlare. Questa è la sua missione: nella loquacità del nostro tempo, e di altri tempi, nell’inflazione delle parole, rendere presenti le parole essenziali. Nelle parole rendere presente la Parola, la Parola che viene da Dio, la Parola che è Dio». Anche recentemente il Papa ha approfondito la spiritualità certosina, quando nell’Udienza generale del 3 novembre 2010 si è soffermato sulla figura di Margherita d’Oingt, certosina del XIII secolo ripercorrendone la straordinaria esperienza spirituale.

Se dovesse spiegare a un giovane le ragioni della bellezza della vita contemplativa, quali argomenti solleverebbe?

Tassone: A me sembra che oggi i giovani siano attratti dalla vit
a contemplativa, e in questo periodo di crisi vocazionale comunque i monasteri continuano a ricevere richieste di ingresso da parte di giovani. La vita monastica conserva un certo fascino, anche se la distanza con il nostro modo di vivere nel mondo si allarga sempre di più e questo può indurre una certa diffidenza o disagio. Se io dovessi dire ciò che mi piace della vita monastica, pur non essendo monaco, ma vivendo ai margini di questa comunità monastica, direi che mi piace la possibilità che si ha nei monasteri di essere profondamente se stessi. Solo dinanzi a Dio non possiamo fingere di essere diversi, di essere altri da noi stessi. Solo Dio ci può amare senza riserve e senza condizioni così come siamo veramente. La libertà, è un altro elemento, che seppur limitata nello spazio fisico dalle mura della cella, rimane un elemento essenziale della vita certosina. Solo se l’uomo si dà volontariamente dei limiti allora può gustare la vera libertà. Ed infine, mi piace la coerenza, non che vivere in un monastero sia necessariamente sintomo di coerenza e dedizione, come non lo è, necessariamente, aver promesso fedeltà e vivere con la propria sposa, ma come dicevo prima, il sentiero è tracciato e si tratta di viverlo quotidianamente come se fosse un’arrampicata verso mete sempre più alte.

Come mai la Certosa di Serra San Bruno non è visitabile?

Tassone: Le Certose sono degli ambienti di stretta clausura che non sono compatibili con le visite quotidiane dei turisti e tutte le certose che attualmente sono visitabili in Italia, o sono affidate ad altri ordini religiosi, che hanno esigenze di isolamento meno pressanti, o sono veri e propri monumenti/musei aperti al pubblico. La Certosa di Serra San Bruno, proprio per rispondere alle esigenze di turisti e pellegrini, sull’esempio della Grande Chartreuse, si è dotata di un museo che sia idoneo a rispondere alle esigenze del pubblico. Non si tratta di un museo inteso come l’esposizione dei tesori del monastero, come in altri casi, quanto piuttosto un percorso che aiuta il visitatore attraverso la storia, gli oggetti e la ricostruzione degli ambienti; attraverso l’uso di didascalie e opere multimediali, a immergersi nell’atmosfera del monastero ed a conoscere nel profondo l’esistenza e le abitudini dei monaci che vivono a Serra San Bruno.

Si tenta di liberare l’esperienza certosina dalle sovrastrutture di consuetudini curiose o di credenze popolari, per aiutare le persone che si accostano al museo con la voglia di conoscere in modo più approfondito la vita monastica, ad entrare a contatto con il nucleo essenziale dell’esistenza dei certosini, quel centro vero fatto di solitudine e di comunione con i fratelli e con Dio.

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ZENIT Staff

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