Il Papa: la società e le istituzioni ritrovino la loro “anima”

Nell’udienza ai dirigenti e agenti della Questura di Roma

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ROMA, venerdì, 21 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Di fronte a un generale indebolimento dei “principi etici” in Italia occorre che la società e le istituzioni pubbliche tornino a offrire valori di riferimento. Lo ha detto questo venerdì Benedetto XVI nel ricevere per la prima volta in Vaticano il personale della Questura di Roma. 

All’inizio dell’incontro il questore Francesco Tagliente ha presentato i 1200 tra dirigenti e agenti – intervenuti con i loro familiari e un gruppo dell’Associazione nazionale della Polizia di Stato – che, insieme con l’Ispettorato di polizia presso il Vaticano e la Gendarmeria pontificia, garantiscono la sicurezza del Papa e anche l’ordine pubblico durante le celebrazioni liturgiche in piazza San Pietro.

Nel suo indirizzo di saluto Tagliente ha sottolineato il loro compito volto innanzitutto a “conquistare la fiducia della gente e far sentire la loro vicinanza”, sempre nell’ “osservanza della legge, unita al senso dell’equilibrio che consente di rispettare nella loro dignità tutte le persone”.

Nel prendere la parola Benedetto XVI ha accennato ai cambiamenti che hanno coinvolto Roma ed ha sottolineato come “questi mutamenti generano talvolta un senso di insicurezza, dovuto in primo luogo alla precarietà sociale ed economica, acuita però anche da un certo indebolimento della percezione dei principi etici su cui si fonda il diritto e degli atteggiamenti morali personali, che a quegli ordinamenti sempre danno forza”.

L’impressione che se ne ricava è che il “consenso morale venga meno e che, di conseguenza, le strutture alla base della convivenza non riescano più a funzionare in modo pieno” e che di conseguenza “le forze mobilitate per la difesa della società civile siano alla fine destinate all’insuccesso”.

Tuttavia, ha continuato, “di fronte a questa tentazione, noi, in modo particolare, che siamo cristiani, abbiamo la responsabilità di ritrovare una nuova risolutezza nel professare la fede e nel compiere il bene, per continuare con coraggio ad essere vicini agli uomini nelle loro gioie e sofferenze, nelle ore felici come in quelle buie dell’esistenza terrena”.

Spostando poi l’accento sulla “dimensione soggettiva dell’esistenza”, il Papa ha notato che “nel pensiero moderno si è sviluppata una visione riduttiva della coscienza, secondo la quale non vi sono riferimenti oggettivi nel determinare ciò che vale e ciò che è vero, ma è il singolo individuo, con le sue intuizioni e le sue esperienze, ad essere il metro di misura; ognuno, quindi, possiede la propria verità, la propria morale”.

Per questo non solo “la religione e la morale tendono ad essere confinate nell’ambito del soggetto, del privato”, ma anzi la fede “tende ad essere progressivamente emarginata e considerata senza rilevanza e, in un certo senso, estranea al mondo civile, quasi si dovesse limitare la sua influenza sulla vita dell’uomo”.

Perciò diventa ancora più urgente, ha concluso, che “Dio e uomo tornino ad incontrarsi, che la società e le Istituzioni pubbliche ritrovino la loro ‘anima’, le loro radici spirituali e morali, per dare nuova consistenza ai valori etici e giuridici di riferimento e quindi all’azione pratica”.

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ZENIT Staff

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