Torna l'Europa dei muri?

La Grecia annuncia un muro anti-immigrati al confine con la Turchia

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di Paul De Maeyer

ROMA, lunedì, 17 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Presto anche l’Europa potrebbe avere il suo muro “della vergogna”. La Grecia del primo ministro socialista Giorgos Papandreou ne sta progettando uno di 12,5 chilometri di lunghezza (in un primo momento si parlava addirittura di 206 chilometri) per frenare il continuo flusso di immigrati illegali asiatici e africani lungo il tratto più sensibile e permeabile del suo confine con la Turchia, nei pressi della cittadina di Orestiada, l’unico punto dove non c’è alcun ostacolo naturale a fermarli. Lo ha confermato il 4 gennaio il ministro greco per la Protezione dei cittadini, Christos Papoutsis.

Come riferisce lo Spiegel Online (1 gennaio), nel periodo che va da gennaio a novembre 2010 sono stati fermati 32.500 clandestini al varco situato nei pressi di Orestiada, che si è trasformato così nel principale punto d’ingresso per gli illegali. Per arginare il fenomeno, Atene aveva chiesto ad ottobre l’aiuto dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne dell’Unione Europea, Frontex.

Fondata nel 2004, l’agenzia con sede a Varsavia, in Polonia, ha inviato all’inizio di novembre per la prima volta dalla loro creazione nel 2007 un gruppo di oltre 200 esperti dei RABIT (Rapid Border Intervention Teams) ad Orestiada. Anche se la loro missione è stata prorogata fino a marzo 2011, la mossa si è rivelata insufficiente, nonostante un calo del numero di illegali fermati ogni giorno da circa 250 a 140. Proprio questa constatazione ha spinto la Grecia a proporre il suo piano, che prende come modello la lunghissima barriera di separazione costruita dagli USA lungo il confine con il Messico, dalla California al Texas.

L’iniziativa di Atene è stata criticata dalle organizzazioni non governative e dai gruppi per i diritti umani. Come scrive Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), nel suo blog su La Repubblica.it, il piano rispecchia la tentazione europea di “rendersi fortezza inespugnabile sia per i migranti che per i richiedenti asilo”. “Erigere muri, alzare fili spinati, respingere in alto mare sono misure che raramente risolvono i problemi alla base della pressione migratoria, incluso i problemi di chi cerca protezione”, ha scritto il 7 gennaio.

Secondo Bill Frelick, di Human Rights Watch (HRW), il progetto “è un tentativo di risolvere affrettatamente un problema che in realtà è molto più vasto” (BBC, 4 gennaio). Anche Michele Cercone, portavoce del commissario europeo incaricato della sicurezza, Cecilia Malmström, ha usato parole simili. “I muri o i reticolati – così ha ribadito – sono misure di breve termine che non permettono di affrontare in maniera strutturale la questione dell’immigrazione clandestina” (Le Monde.fr, 4 gennaio).

Per il governatore della provincia turca di Edirne, Gökhan Sözer, il muro servirà a poco. “C’è un fiume di 200 chilometri (il fiume Maritsa o Evros, ndr), il quale può essere attraversato in barca d’inverno e a piedi d’estate, quando il livello dell’acqua è basso”, così ha dichiarato all’emittente televisiva turca NTV.

Multo dura è stata l’analista turca Beril Dedeoğlu, direttrice del dipartimento di Relazioni internazionali alla Galatasaray University di Istanbul. “È quasi come se alcuni paesi membri dell’UE che non vogliono l’adesione della Turchia siano in difficoltà, perché sembra che stiano cercando disperatamente nuove misure esclusorie”, ha ribadito il 5 gennaio sul sito Zaman News, osservando che l’idea del muro è forse venuta dagli israeliani, “con cui i greci sono adesso buoni amici”. Per la Dedeoğlu, che parla di “una vergogna per il XXI secolo”, “questo muro simboleggia una sola ed unica cosa – dichiara materialmente che la Turchia è fuori dall’Europa”.

Da parte sua, il ministro Papoutsis ha denunciato “l’ipocrisia di coloro che criticano” Atene: il piano – così ha detto – risponde al “dovere del governo di proteggere i diritti dei cittadini greci e di coloro che risiedono legalmente nel paese”. Anzi, a suo avviso il muro “non è in alcun modo diretto contro la Turchia” (Le Monde.fr, 4 gennaio).

Il sostegno inaspettato ha ottenuto Papoutsis dal primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan. Dopo una visita del suo omologo greco Papandreou, Erdogan ha espresso questo venerdì comprensione per la situazione del vicino paese. “Comprendiamo la gravità del problema che l’immigrazione illegale costituisce per la Grecia”, ha dichiarato il premier turco, citato dal quotidiano spagnolo ABC (16 gennaio). Per il politico del partito filo-islamico AKP (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo), è sbagliato vedere nel piano greco un intento anti-turco ed inoltre non è un muro ma “solo una barriera”.

La questione del muro illustra nuovamente come il fenomeno dell’immigrazione costituisca un rompicapo per la politica europea, specialmente per i governi di paesi come appunto la Grecia, forse quello con la peggiore situazione economica e finanziaria di tutta l’Unione Europea. Atene è oggi alle prese con un severissimo piano di austerità e con un crescente scontento popolare.

Come osserva giustamente Papa Benedetto XVI nel suo messaggio per la XCVII Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, la quale è stata celebrata ieri, domenica 16 gennaio, il fenomeno delle migrazioni è “un segno eloquente dei nostri tempi”. Nel testo, Papa Ratzinger ricorda le parole scritte nel 2001 dal suo amato predecessore Giovanni Paolo II, che parlò di un “diritto ad emigrare”. “La Chiesa lo riconosce ad ogni uomo, nel duplice aspetto di possibilità di uscire dal proprio Paese e possibilità di entrare in un altro alla ricerca di migliori condizioni di vita”, così scrisse Papa Wojtyla in occasione dell’87.ma edizione della Giornata, anche se poi “l’esercizio di tale diritto va regolamentato, perché una sua applicazione indiscriminata arrecherebbe danno e pregiudizio al bene comune delle comunità che accolgono il migrante” (n. 3).

Questa è in sintesi l’odierna sfida che affronta non solo la Grecia di Papandreou o l’Italia degli sbarchi, ma l’Europa intera. Anzi, la migrazione è un fenomeno globale: secondo l’ultimo rapporto dell’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, con sede a Ginevra, in Svizzera), lanciato il 29 novembre scorso, il mondo conta attualmente 214 milioni di migranti internazionali e nel 2050 potrebbero essere ben 405 milioni.

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ZENIT Staff

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