Il Cardinale Maradiaga sulla povertà e l’ottimismo (parte I)

Intervista al porporato honduregno, presidente della Caritas

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ROMA, lunedì, 17 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Quella di insegnare ai seminaristi avviati al sacerdozio è tra le più grandi passioni del Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga. La prima domanda che è solito porre a questi giovani riguarda il loro amore per Cristo, poiché un prete “non segue un’idea o una teoria o meramente una persona del passato”, ma “il Cristo vivo, che è in mezzo a noi e che ci chiama tutti i giorni”.

È questa una delle riflessioni che il Cardinale dell’Honduras, Arcivescovo di Tegucigalpa e Presidente di Caritas Internationalis, ha fatto in un’intervista rilasciata al programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN), in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre,

In questa prima parte dell’intervista, il porporato dà uno sguardo alla propria vocazione salesiana e alla devozione mariana degli honduregni. Nella seconda parte, che sarà pubblicata su ZENIT il 24 gennaio prossimo, il Cardinale Rodríguez Maradiaga parla della corruzione in America latina e del perché la situazione dei giovani è motivo di speranza.

Lei è entrato nei salesiani a 19 anni. Ha avuto una vocazione piuttosto precoce?

Cardinale Rodríguez Maradiaga: L’ho avuta quando avevo 10 anni. Ero alle elementari e avrei voluto andare al seminario minore quando avevo 12 anni, ma mio padre mi ha detto: “No non ci andrai perché sei troppo vivace e ti rimanderebbero a casa dopo un solo giorno”. Poi ho capito che aveva ragione. “Quando avrai finito le superiori ti manderò al seminario”, e così è andata. Sono entrato quando avevo 16 anni. Poi sono andato al noviziato e sono entrato nei salesiani all’età di 18 anni.

Chi o cosa è stato decisivo nella suo processo decisionale?

Cardinale Rodríguez Maradiaga: Ho avuto la fortuna di studiare in una scuola salesiana. Sono rimasto impressionato soprattutto dalla cura che avevano per noi giovani. Lo spirito che regnava nella nostra scuola: nel gioco, nel canto, nella preghiera e nello studio esigente. Alla fine della giornata di scuola ci dovevano mandare via, perché non volevamo tornare nelle nostre case. C’era uno spirito bellissimo. Un giorno il preside, il mio ex arcivescovo, mentre tornavamo dalla Messa mi ha chiesto: “Ti piacerebbe diventare prete?” e io gli ho risposto: “Certamente”. Così è andata.

Lei ha detto che un suo grande amore è quello di insegnare in seminario. Quale sarebbe la prima domanda che farebbe a un giovane che manifesta l’interesse di entrare in seminario?

Cardinale Rodríguez Maradiaga: La prima è sul suo amore per Cristo, perché questo è essenziale. Non si segue un’idea o una teoria o meramente una persona del passato. Si è chiamati a seguire il Cristo vivo, che è in mezzo a noi e che ci chiama tutti i giorni. Quindi questa è la prima domanda.

Lei ha detto che due cose uniscono il popolo honduregno: la squadra di calcio e Nostra Signora di Suyapa. Ci può parlare della Madonna di Suyapa e dell’amore che la gente dell’Honduras nutre per lei?

Cardinale Rodríguez Maradiaga: Dunque, è una piccola immagine, è alta solo sei centimetri. È un’immagine di legno che è stata trovata nel 1747 quando la nostra gente si stava “dissolvendo”. Si calcola che quando sono venuti gli spagnoli, nel 1502, c’erano solo 200.000 honduregni. Perché? Perché nel VIII secolo i maya sono migrati in Guatemala e poi nello Yucatan, lasciando queste terre quasi abbandonate e vuote. Alcuni dicono che vi è stata una guerra fra tribù, altri che vi è stata un’epidemia, altri sostengono che “El Niño” abbia rovinato le terre rendendole impossibile da coltivare. In ogni caso, il fatto è che ne erano rimasti pochi e quindi la nostra nazionalità si stava dissolvendo. In questo contesto è stata trovata l’immagine di Nostra Signora.

È un’immagine miracolosa?

Cardinale Rodríguez Maradiaga: Si è molto miracolosa. È un immagine di legno che è stata trovata sulla montagna da due contadini che dormivano all’aria aperta. Un giovane ha sentito qualcosa sotto la sua schiena. L’ha gettata via tre volte, ma continuava a sentirla sotto la schiena. La terza volta l’altro uomo gli ha detto: “Mettila nella borsa che domani vediamo cos’è”. Quando sono arrivati al loro villaggio chiamato Suyapa – che nella lingua nativa significa “luogo delle palme” – hanno visto che era un’immagine e hanno iniziato a pregare, e sono iniziati i miracoli, finché non è stata costruita una piccola chiesa e poi un’altra e ora abbiamo un grande santuario.

L’America latina non è senza problemi. Lei stesso ha detto che la “globalizzazione” è l’avidità di pochi, che sta lasciando la maggioranza ai margini della storia. È un qualcosa che è così soprattutto oggi, con la crisi finanziaria?

Cardinale Rodríguez Maradiaga: Il Santo Padre ha ripetutamente detto che è una crisi etica, che ha lasciato fuori gran parte delle popolazioni del nostro mondo. All’inizio era solo un’emarginazione e non un’esclusione. Oggi non c’è nessun margine per loro. Io sono presidente di Caritas Internationalis e so che la FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione, ha detto che non ci sono soldi per alleviare la povertà nel mondo. Sette miliardi di dollari sarebbero stati sufficienti e un mese dopo si stanziavano 600 miliardi per salvare alcune banche mondiali e non si finirà mai di versare soldi nel “sacco” perché il sacco è strappato. Non si è neanche toccato il fondo e si continuano a versare e versare soldi. Se si dividono i 600 miliardi di dollari tra i 6,5 miliardi di abitanti del mondo… la povertà scomparirebbe immediatamente.

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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per “Where God Weeps”, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre.

Per maggiori informazioni: www.WhereGodWeeps.org

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ZENIT Staff

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