Pakistan: ucciso il governatore della provincia del Punjab

Salman Taseer si era impegnato per Asia Bibi e voleva modificare la legge sulla blasfemia

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di Paul De Maeyer

ROMA, giovedì, 6 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Aveva visitato nel carcere di Sheikhupura (nei pressi di Lahore) la donna cristiana condannata all’impiccagione nel novembre scorso per presunto oltraggio al profeta Maometto, Asia Bibi, e si era espresso pubblicamente a favore della revisione della molto discussa legge pachistana sulla blasfemia, definendola persino una “norma oscura”. Per questo motivo, il governatore del Punjab – la provincia più popolosa e ricca del paese asiatico -, Salman Taseer, è stato ucciso il 4 gennaio da una delle sue guardie del corpo, il ventiseienne Malik Mumtaz Hussain Qadri, membro del corpo d’élite della polizia della stessa provincia.

L’uomo, che dopo essersi arreso alle forze di sicurezza ha fatto un gran sorriso e si è dichiarato “orgoglioso” perché aveva eliminato un “blasfemo” (Guardian, 4 gennaio), solo di recente era entrato a far parte della scorta di Taseer. L’omicidio del governatore, il quale riecheggia l’assassinio dell’ex primo ministro indiano Indira Gandhi (uccisa nel 1984 da due delle sue guardie del corpo sikh), è avvenuto nei pressi del mercato di Kohsar, molto frequentato dai pachistani benestanti e dagli stranieri, nel cuore della capitale Islamabad. Taseer è il politico di più alto profilo ad essere stato assassinato in Pakistan dopo l’ex primo ministro Benazir Bhutto, rimasta uccisa solo tre anni fa in un attentato. Era il 27 dicembre 2007.

La morte di Taseer, che era stato nominato governatore del Punjab nel 2008 dal presidente Asif Ali Zardari (vedovo della Bhutto), avviene in un momento molto delicato per il paese, che soffre ancora per le conseguenze delle devastanti inondazioni dell’estate scorsa, e per il partito al governo, il PPP o Pakistan People Party. La formazione, della quale faceva parte Taseer, ha perso infatti lo scorso fine settimana la sua maggioranza nel parlamento di Islamabad, dopo la decisione di uno dei suoi alleati, il Muttahida Qaumi Mohajir (MQM), di abbandonare la coalizione.

Come ricorda Avvenire (5 gennaio), l’uccisione richiama anche l’attenzione sull’altissimo tasso di violenza in Pakistan. Il giornale, basandosi sui dati resi pubblici dal quotidiano The News, rivela che nel 2010 almeno 1.224 persone hanno perso la vita in attacchi kamikaze in Pakistan. Una cifra questa in continua crescita. Erano infatti 837 nel 2007, 965 nel 2008 e 1.217 nel 2009.

Mentre il presidente Zardari ha proclamato tre giorni di lutto nazionale, la morte di Taseer continua a suscitare reazioni. Secondo la deputata musulmana Sherry Rehman, che già alla fine di novembre ha presentato una dettagliata proposta di revisione della legge sulla blasfemia, l’omicidio dimostra “quanto profondi siano i problemi della società pachistana”. “Se non agiamo ora, questa marea ci inghiottirà tutti”, così ha detto la Rehman (Guardian, 4 gennaio), la quale è anche presidente del prestigioso Jinnah Institute.

Della stessa opinione è Talat Masood. “La nostra società va completamente riorientata”, così ha detto sempre sul Guardian il commentatore e generale in pensione, che ha denunciato anche la mancanza di tolleranza in Pakistan, dove la religione diventa sempre di più un elemento di divisione.

Anche la comunità internazionale ha fatto sentire la sua voce. Il segretario di Stato USA, Hillary Clinton, ha condannato “fermamente” l’assassinio del governatore del Punjab e ha parlato di una “grande perdita”. Anche il segretario generale ONU, Ban Ki Moon, ha definito martedì la morte del politico ed imprenditore Taseer una “perdita” per il Pakistan. Da parte sua, il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha esortato le autorità pachistane a “portare rapidamente gli autori di questo crimine davanti alla giustizia” (Agence France-Prese, 4 gennaio).

Secondo il viceprovinciale dei domenicani del Pakistan, padre James Channan, “Salman Taseer è l’ultima vittima della legge sulla blasfemia”. “Abbiamo perso un promotore dei diritti umani”, ha detto il religioso all’agenzia AsiaNews (5 gennaio). La stessa linea segue l’arcivescovo di Lahore, monsignor Lawrence John Saldanha, presidente della Conferenza episcopale del Pakistana e della Commissione nazionale della giustizia e la pace. “Salman Taseer – ha dichiarato ad AsiaNews – si era battuto per il rilascio di Asia Bibi e aveva anche alzato la voce in merito all’abrogazione della legge sulla blasfemia. Penso che questo sia il principale motivo che si nasconde dietro il suo assassinio”. Per il presule, Taseer “era un grande uomo”.

In un comunicato inviato alla stessa agenzia, il ministro per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, ha chiesto un’indagine approfondita sull’accaduto e su quelle organizzazioni islamiche che avevano emesso decreti religiosi contro Taseer. Per l’esponente della minoranza cattolica, “questi sono gli elementi che stanno creando l’anarchia nel paese. Questo omicidio è il risultato dell’istigazione fatta negli ambienti religiosi che auspicavano l’assassinio del governatore”. Subito dopo l’assassinio, Bhatti aveva parlato martedì di un “atto vigliacco”, il quale “dimostra che gli estremisti religiosi vogliono imporre la loro agenda per terrorizzare la società” (Washington Post, 4 gennaio).

Non tutti però piangono la morte del governatore. Come riferisce l’agenzia AFP in un articolo ripreso dal quotidiano pachistano Dawn (5 gennaio), una pagina di Facebook a sostegno della guardia del corpo che ha ucciso Taseer a colpi di arma da fuoco ha raccolto in poche ore quasi duemila consensi. La pagina in questione, rimossa mercoledì, rispecchia la radicalizzazione della società pachistana. Eloquente è secondo l’AFP l’articolo pubblicato in prima pagina dal principale quotidiano di lingua urdu, Jang, che dichiara: “Non ci dovrebbe essere alcun funerale per Salman Taseer e alcuna condanna per la sua morte”. A lasciare nessun dubbio è poi il seguente sottotitolo: “Chi sostiene un blasfemo è a sua volta un blasfemo”.

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ZENIT Staff

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