ROMA, giovedì, 6 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “Insieme al Santo Padre Benedetto XVI, siamo attoniti davanti all’intolleranza religiosa e a tanta violenza, e ci chiediamo addolorati: perché?”. E’ questo l’interrogativo a cui ha dato voce questo giovedì il Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), nel presiedere nella Cattedrale di Genova la celebrazione eucaristica in occasione della Solennità dell’Epifania del Signore.
“La domanda non è retorica e non nasconde nessun desiderio di rivalsa – ha continuato il porporato durante l’omelia – . E’ sincera e nasce – non può essere diversamente – dal sangue di tanti cristiani, dalle loro sofferenze. E’ una domanda che dà voce al brivido interrogativo che sale da tante parti della terra: perché?”.
“Forse perché – ha aggiunto– si identifica il Cristianesimo con il mondo occidentale? E verso di questo esplodono risentimenti di ieri e di oggi? Ma non può sfuggire che il Vangelo si incarna in ogni cultura senza identificarsi con nessuna”.
“Esso è storico – e per questo è chiamato a farsi lievito e sale nella pasta dove si trova – ma ha anche una dimensione metastorica irrinunciabile. La fede cristiana è presente in tutto il mondo, secondo il mandato del Signore, e s’ impianta e convive, rispettosa e benefica, in ogni Paese, popolo, tradizione”.
Oppure, ha detto il Presidente della CEI, “l’intolleranza, a cui sono soggetti i cristiani, è dovuta ad una loro intolleranza religiosa? Anche qui, dobbiamo guardare serenamente la dottrina della fede e il comportamento dei discepoli di Cristo”.
“Nell’insegnamento di Gesù non esiste ombra di intolleranza, ma solo l’invito a cercare onestamente la verità, ricordando che solo la verità fa libero l’uomo ed è il criterio del bene morale – ha sottolineato –. Nel Vangelo troviamo la rivelazione piena del volto di Dio che risplende nel Bambino di Betlemme, nel suo farsi agnello mansueto e senza macchia, nel suo offrirsi alla violenza del peccato, nel dare la vita per amore”.
“I cristiani, là dove vivono come maggioranza, non sono arroganti verso nessuno, tanto meno intolleranti. Partecipano alla vita pubblica nel rispetto delle leggi, propongono i valori fondamentali che stanno alla base dell’umanesimo e di una società libera e giusta: principi e valori nei quali credono per fede ma che sono anche conquista della ragione”.
“E allora? Esiste, mi sembra, una terza ipotesi: forse i cristiani sono discriminati e perseguitati proprio perché – in nome di Cristo – parlano di dignità e di uguaglianza di ogni persona, uomo o donna che sia? Di libertà di coscienza? Perché predicano l’ amore anche verso coloro che si pongono come nemici? Perché parlano di perdono, rifiutano la violenza e operano come costruttori di pace? Perché predicano la giustizia e lo Stato di diritto? Forse è per questo che qualcuno li giudica pericolosi e inaccettabili, oggetto di intolleranza, meritevoli di persecuzione e di morte?”.
Il porporato ha infine lanciato un appello alla comunità internazionale e all’Europa in particolare, affinché intervenga con voce forte e chiara perché il diritto alla libertà religiosa sia osservato “ovunque e senza eccezioni” e si è rivolto ai fedeli, invitandoli a pregare per i defunti, per le loro famiglie ma anche per i persecutori.
“L’esempio di tanti nostri fratelli nella fede che rischiano e danno la vita per Gesù e per la Chiesa – ha concluso – ci scuota dal torpore delle cose facili”.