L’Avvento, mettendo la Chiesa in comunione con l’evento della lunga preparazione alla prima venuta del Salvatore, nel tempo che intercorse tra Adamo e Cristo e specialmente nella vicenda storica d’Israele, attualizza l’attesa del Messia, ravvivando nei fedeli l’ardente desiderio della sua “triplice venuta”: egli, infatti, venne nell’umiltà della carne, viene misticamente nella celebrazione dei santi misteri, verrà alla fine dei tempi nella gloria.
“Al suo primo avvento
nell’umiltà della nostra natura umana
egli portò a compimento la promessa antica,
e ci aprì la via dell’eterna salvezza.
Verrà di nuovo nello splendore della gloria,
e ci chiamerà a possedere il regno promesso
che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa”. [1]
“Ora egli viene incontro a noi
in ogni luogo e in ogni tempo,
perché lo accogliamo nella fede
e testimoniamo nell’amore
la beata speranza del suo regno”.[2]
La liturgia dell’Avvento, tuttavia, pone l’attenzione in modo speciale al tempo che immediatamente precedette la venuta del Salvatore , quando la secolare attesa del Messia raggiunse la piena maturità e si espresse con la massima intensità: è il tempo dell’annunzio, della nascita, della predicazione e della testimonianza di Giovanni Battista, il Precursore, e della presenza di Maria SS., l’Immacolata Vergine Madre, che ricevendo l’annunzio dell’angelo accolse nel grembo il Verbo fatto carne. In questa cornice di riferimento, gli annunzi dei Profeti, soprattutto quelli del profeta Isaia, assumono una singolare eloquenza ed esprimono il loro senso definitivo.
“Egli fu annunziato da tutti i profeti,
la Vergine Madre l’attese
e lo portò in grembo con ineffabile amore,
Giovanni proclamò la sua venuta
e lo indicò presente nel mondo”.[3]
1. Il mistero globale della “venuta” del Signore:
– la venuta “nella carne”,
– la venuta “mistica” nei sacramenti,
– la venuta “nella gloria”.
“In Avvento celebriamo tutto il grande mistero della venuta del Signore: esso va dalla prima venuta a Betlemme, che ha risposto all’attesa del popolo antico, fino all’ultima venuta del Re della gloria, che colmerà l’attesa della Chiesa.
Entro questi due termini estremi si colloca un terzo avvento: quello che ha luogo nella Chiesa e nella vita cristiana, soprattutto per mezzo dei Sacramenti.
L’Avvento quindi è un tempo di attesa: attendiamo il Signore che viene. L’attesa non è mai colmata. Le anime lo aspettano, perchè non hanno ancora raggiunto la piena statura di Cristo; la Chiesa lo aspetta, perchè le realtà che essa possiede non sono ancora definitive; il mondo lo aspetta, perchè la missione della Chiesa non ha ancora portato fino ai suoi confini la testimonianza evangelica”.[4]
“Tre sono le venute del Signore: la prima nella carne, la seconda nell’anima, la terza per il giudizio. La prima avvenne sulla mezzanotte, la seconda al mattino, la terza a mezzogiorno… La prima venuta è già passata. Il Cristo fra gli uomini ‘è apparso e con gli uomini è vissuto’ (Bar 3, 38). Noi siamo nella sua seconda venuta, se però siamo tali che egli si degni di venire a noi; siamo sicuri che, se lo amiamo, verrà e dimorerà con noi. Questa venuta perciò è sottoposta a condizione… Quanto al terzo avvento è certissimo che accadrà, ma assolutamente incerto è il quando… Il primo avvento apre la via al secondo, il secondo prepara l’ultimo. Il primo fu nascosto e umile, il secondo è segreto e mirabile, il terzo sarà manifesto e terribile. Nel primo egli discese a noi per venire in noi nel secondo; nel secondo venne in noi per non venire nel terzo contro di noi. Nel primo operò con la sua misericordia, nel secondo dona la grazia, nel terzo darà la gloria, perché il Signore concede grazia e gloria (Sal 83, 12). Il Cristo Gesù, che abbiamo accolto come Salvatore e aspettiamo come Giudice, ci salvi non secondo le opere malvagie da noi compiute, ma secondo la sua grande misericordia!”. [5]
La venuta finale “nella gloria”, – che pure fa parte del mistero dell’Avvento ed è espressa sia nella Messa, come nel lungo responsorio dell’Ufficio di lettura della I domenica di Avvento “Guardo da lontano, e vedo arrivare la potenza del Signore, come una nube che copre la terra”[6] e che colora molti altri elementi liturgici dall’inizio del tempo di Avvento fino al 16 dicembre, – è tuttavia anticipata e celebrata nelle ultime domeniche del Tempo Ordinario, e soprattutto nei giorni feriali dell’ultima settimana del Tempo Ordinario.
Così la dimensione escatologica della venuta del Signore tende ad essere considerata nella parte terminale dell’anno liturgico dominata dalla solennità di Nostro Signore Cristo Re dell’universo, che viene sulle nubi per il giudizio finale.[7]
In tal modo il forte carattere escatologico dell’Avvento antico viene temperato dalle domeniche che lo precedono e chiudono l’anno liturgico e l’attenzione si sposta più facilmente sulla prima venuta del Redentore.
La preparazione dell’Antico Testamento: mistero sempre attuale
“La venuta del Figlio di Dio sulla terra è un avvenimento di tale portata che Dio lo ha voluto preparare nel corso dei secoli. Riti e sacrifici, figure e simboli della “Prima Alleanza” (Eb 9, 15), li fa convergere tutti verso Cristo; lo annunzia per bocca dei profeti che si succedono in Israele; risveglia inoltre nel cuore dei pagani l’oscura attesa di tale venuta”.[8]
“Questo tempo che stiamo celebrando ci fa ricordare il Desiderato, cioè il desiderio dei santi padri che vissero prima della sua nascita. Molto giustamente la Chiesa ha disposto che in questo tempo si leggano le parole e si ricordino i desideri di coloro che precedettero il primo avvento del Signore. Noi non celebriamo questa attesa soltanto per un giorno, ma per un tempo piuttosto lungo; perché è un fatto di esperienza che le cose vivamente desiderate, se devono essere attese per un certo tempo, ci sono più dolci quando ciò che amiamo si fa presente. Sta a noi, perciò, fratelli carissimi, seguire gli esempi dei santi padri, coltivare in noi stessi i loro desideri, e così accendere nelle nostre anime l’amore e l’attesa di Cristo. La celebrazione di questo tempo fu istituita appunto per farci riflettere sulla fervente attesa dei nostri padri per la prima venuta del Signore, e perché impariamo dal loro esempio a desiderare grandemente la sua seconda venuta”.[9]
Ma perché Dio ha atteso tanti secoli per inviarci il Salvatore?
Il “desiderio” di Dio e del Salvatore
Innanzitutto Dio ha voluto, con tanto tempo di attesa, suscitare nell’umanità il “desiderio” di Dio, affievolito a causa del peccato, ma non estinto nel cuore umano.
“Il desiderio di Dio è iscritto nel cuore dell’uomo, perchè l’uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l’uomo e soltanto in Dio l’uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa”.[10]
Il tempo di Avvento è il tempo della riscoperta dell’essere religioso dell’uomo, della ricerca di Dio nella considerazione delle sue opere e mediante la luce naturale della ragione.
E’ il tempo dei “praeambula fidei”, che consentono all’uomo di essere “capace” di Dio e a Dio di comunicare con l’uomo ed essere da lui compreso.
“L’uomo è p
er natura e per vocazione un essere religioso. Poiché viene da Dio e va a Dio, l’uomo non vive una vita pienamente umana, se non vive liberamente il suo rapporto con Dio”.[11]
“Quando ascolta il messaggio delle creature e la voce della propria coscienza, l’uomo può raggiungere la certezza dell’esistenza di Dio, causa e fine di tutto”.[12]
“La Chiesa insegna che il Dio unico e vero, nostro creatore e Signore, può essere conosciuto con certezza attraverso le sue opere, grazie alla luce naturale della ragione umana”.[13]
“Partendo dalle molteplici perfezioni delle creature, similitudini del Dio infinitamente perfetto, possiamo realmente parlare di Dio, anche se il nostro linguaggio limitato non ne esaurisce il Mistero”.[14]
“La creatura senza il Creatore svanisce”.[15]
Ma non appena l’uomo si mette alla ricerca sincera di Dio e della sua verità, s’accorge della fragilità della sua mente, che, con fatica e non senza errori, si inoltra nella maestà del mistero divino e con sofferenza prova la debolezza della sua volontà nel persistere nel bene, anzi la sua natura umana, ferita dal peccato, compie il male che non vorrebbe (Rm 7, 18-25).
Ecco allora insorgere nell’umanità il desiderio del Salvatore, che porti all’uomo quella liberazione che l’uomo non può procurarsi con le sole sue forze.
Il “Messia”, già promesso ai Progenitori nel paradiso terrestre, dopo il peccato originale (Gn 3, 15), doveva così essere intensamente invocato dall’umanità peccatrice, che sperimentava le tragiche conseguenze del peccato.
Infatti, la liturgia dell’Avvento invoca il “Messia” come “speranza e salvezza dei popoli”[16] e “atteso da tutte le nazioni”,[17] perché “tutta la terra desidera il suo volto”.[18]
Così l’Eterno Padre, affinché il suo divin Figlio non venisse tra noi senza essere sufficientemente atteso, ha stabilito un lungo tempo di aspettativa, degno di così grande Dono. E così l’umanità provata dai gemiti secolari dell’attesa invoca la venuta del Re delle genti: “Oppressi a lungo sotto il giogo del peccato, aspettiamo, Padre, la nostra redenzione…”[19] finché nella gioia dell’incontro ormai vicino potrà esclamare: “Ecco, l’Atteso dalle nazioni è vicino, la casa del Signore sarà piena di gloria”[20] e “Rialzatevi, sollevate la testa: la vostra redenzione è vicina”.[21]
Il mistero dell’Avvento sta veramente alla radice della fede; infatti se l’uomo non sente il desiderio e il bisogno di Dio e se non sperimenta il suo essere insufficiente e peccatore, non potrà aprirsi né a Dio, né al dono del Salvatore. Si comprende l’attualità e l’urgenza del Tempo di Avvento nel contesto secolarizzato della cultura dominante nella quale sono obnubilati proprio i principi, che stanno alla base della religiosità in quanto tale, anzi è la stessa capacità razionale dell’uomo che viene messa in discussione per cui non è più ovvio che egli sia “capace” di Dio e in grado di cogliere oggettivamente il Vero e il Bene. La risoluzione di questa crisi esistenziale di identità dell’uomo nella sua dimensione razionale è fondamentale per il superamento dei problemi relativi alla stessa fede, che non può essere assolutamente accettata come un fideismo soggettivo.
La graduale manifestazione di Cristo nell’Antico Testamento
Un secondo motivo della millenaria attesa del Messia lo si deve riconoscere nella necessità di preparare l’umanità a comprendere e ad accogliere il Figlio di Dio.
“Dio che abita una luce inaccessibile” (1Tim 6, 16) vuole comunicare la propria vita divina agli uomini da lui liberamente creati, per farne figli adottivi nel suo unico Figlio. Rivelando se stesso, Dio vuole rendere gli uomini capaci di rispondergli, di conoscerlo e di amarlo ben più di quanto sarebbero capaci da se stessi.
Il disegno divino della Rivelazione si realizza ad un tempo “con eventi e parole” che sono “intimamente connessi tra loro” e si chiariscono a vicenda. Esso comporta una “pedagogia divina” particolare: Dio si comunica gradualmente all’uomo, lo prepara per tappe a ricevere la Rivelazione soprannaturale che egli fa di se stesso e che culmina nella persona e nella missione del Verbo incarnato, Gesù Cristo”.[22]
Il Padre ha realizzato la preparazione nelle antiche Alleanze con Adamo e Noè. Poi con la vocazione di Abramo ha scelto un popolo, il popolo eletto, e lo ha educato con speciale cura attraverso quella che è la “storia della salvezza”, che noi troviamo testimoniata nella Bibbia.
L’Avvento è il tempo tipico per le catechesi sulla “Storia Sacra” e per le meditazioni delle pagine bibliche dell’Antico Testamento per scoprirvi la presenza e l’azione del Cristo venturo. È questo lo scopo della consegna della Bibbia nella prima domenica di Avvento e delle celebrazioni della Parola proposte per i mercoledì e i venerdì di Avvento.
I grandi personaggi biblici prefiguravano il Redentore che doveva venire, gli eventi storici d’Israele erano profezie della vita di Cristo, i salmi anticipavano la sua preghiera, i profeti ne annunziavano la sua opera di salvezza, i comandamenti preparavano la via alle beatitudini evangeliche, le grandi verità sull’Unico Dio, sulla creazione dal nulla, sulla trascendenza di Dio, sull’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, sul senso progressivo della storia, ecc., sono anticipate e acquisite nella cultura ebraica in vista di quella pienezza di verità che sarà rivelata in Cristo.
“Egli in Noè già governava la Chiesa,
in Abramo fu patriarca fedelissimo,
in Isacco si offrì in glorioso sacrificio al Padre,
in Giacobbe fu maestro di pazienza,
in Giuseppe prefigurò la sua passione e la sua gloria,
in Mosè fu guida mirabile del suo popolo,
in Davide fu insigne re d’Israele,
in Salomone fu fonte di abbondantissima sapienza,
in Isaia fu l’autore di tutte le profezie,
in Giovanni preannunziò il battesimo che ci avrebbe redenti”.[23]
In tal modo il Redentore “ha visitato il suo popolo” (Lc 1, 68) e si è fatto uomo dentro “un popolo ben disposto” (Lc 1, 17) a capirlo e ad accoglierlo.
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1) MRI, Prefazio dell’Avvento I.
2) MRI, Prefazio dell’Avvento I/A.
3) MRI, Prefazio dell’Avvento II.
4) La preghiera del mattino e della sera, Conferenza episcopale italiana, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1989, p. 2.
5) PIETRO DI BLOIS, sacerdote, Discorso III per l’Avvento, Lettura patristica dell’Ufficio di lettura del mercoledì della prima settimana di Avvento, in UNIONE MONASTICA ITALIANA PER LA LITURGIA, L’Ora dell’Ascolto, Torino, ed. Marietti, 1977, vol. I, p. 28.
6) LO, I dom. Avv., Uff. lett., 1° resp.; RIGHETTI, vol. II, p. 56.
7) Messale Romano riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Papa Paolo VI, Lezionario domenicale e festivo, Anno A, Conferenza Episcopale Italiana, Città del Vaticano, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1983; TESTO BASE, p. 242.
9) S. ELREDO, abate, Discorso 1 per l’Avvento, Lettura patristica dell’Ufficio di lettura della prima domenica di Avvento, in UNIONE MONASTICA ITALIANA PER LA LITURGIA, L’Ora dell’Ascolto, Torino, ed. Marietti, 1977, vol. I, p. 10.
18) LO, Primi Vespri di Natale, ant. 1° Sal.
20) LO, IV dom. di Avv., Primi Vespri, ant. 1° Sal.
21) LO, 24 dic., Lodi, ant. 2° Sal.
23) PINELL JORDI, Preci Eucaristiche Occidentali, Testi delle Liturgie Ambrosiana, Gallicana e Ispanica – Sintesi di uno studio letterario-dottrinale, Pontificio Istituto Liturgico, Roma 1984, pp. 55-57; Anamnesis, vol. VI, p. 356.