di Paolo Mari
ROMA, lunedì, 22 novembre 2010 (ZENIT.org).- Il numero delle nascite in Germania ha raggiunto lo scorso anno il livello più basso dalla Seconda Guerra Mondiale. Secondo i dati dello Statistisches Bundesamt (l’Ufficio Statistico Federale, con sede a Wiesbaden, nell’Assia), presentati recentemente e ripresi dai media tedeschi, nel 2009 sono nati nella prima economia europea circa 665.000 bambini, ossia 17.000 in meno rispetto all’anno 2008 e neppure la metà di quelli che hanno visto la luce nel 1964, quando furono circa 1,4 milioni. In quell’anno la Germania contava 75 milioni di abitanti, oggi sono circa 82 milioni.
Il dato fa abbassare ulteriormente il tasso di fertilità, che nel 2009 è sceso a 1,36 figli per donna, rispetto a 1,38 nel 2008 e 1,37 nel 2007. Mentre il tasso di fecondità è rimasto uguale nella Germania Orientale (1,4 figli per donna), nelle regioni occidentali è sceso da 1,37 nel 2008 a 1,35 l’anno scorso. Secondo gli esperti le cause del
continuo calo delle nascite in Germania sono due. Non solo le donne tedesche fanno sempre meno figli, ma scende anche il numero di donne in età fertile, conseguenza della discesa della natalità registrata già negli anni ’80.
Un altro fenomeno che pesa sulle nascite è il fatto che molte donne rimandano la nascita del primo figlio. Mentre negli anni ’70 l’età media delle donne al primo parto era ancora inferiore ai 25 anni, oggi ha superato largamente la soglia dei 30 anni. Come ricorda Stefan Fuchs sul sito Die Freie Welt del 12 novembre, rispetto all’inizio degli anni ’90 la percentuale di figli nati da donne con meno di 30 anni è crollata oggi in Germania di più del 40%.
Tipico è il caso del Land Schleswig-Holstein, nell’estremo nord della Germania, al confine con la Danimarca, dove l’anno scorso sono nati 21.923 bambini, ossia il 3,4% in meno rispetto al 2008 e ben il 10% in meno rispetto al 2004. Le conseguenze del calo si nota anche nelle scuole della regione. Secondo il sito dello
Schleswig-Holsteinische Zeitungsverlag (SHZ), quest’autunno 25.400 bambini sono andati per la prima volta a scuola nel “Land” più settentrionale della Germania, cioè lo 0,5% in meno rispetto all’anno precedente.
Per la cancelliera democristiana Angela Merkel, l’ulteriore calo delle nascite è una brutta notizia. Uno dei progetti chiave del suo primo governo (la “Grande coalizione”) era il lancio del cosiddetto “Elterngeld” (sussidio parentale), entrato in vigore il 1° gennaio del 2007. Promosso dall’allora ministro della Famiglia, degli Anziani,
della Donna e della Gioventù, Ursula Von der Leyen, medico e madre di 7 figli, la normativa prevede un assegno per i neogenitori che decidono di assentarsi per un anno dal posto di lavoro per dedicarsi ai figli. Fino ad un massimo di 1.800 €, le madri lavoratrici ricevono per un anno il 67% dello stipendio netto. Quelle che guadagnano meno di 1.000 € al mese, ricevono invece l’intera busta paga.
I problemi demografici del paese rischiano di avere conseguenze importanti per gli equilibri all’interno dell’Unione Europea. Se la Turchia dovesse entrare a far parte dell’UE, potrebbe infatti diventare presto il paese membro più popoloso dell’Unione. Mentre la popolazione della Germania, che conta oggi circa 82 milioni di abitanti, è destinata a scendere già nei prossimi anni, quella della Turchia si avvicina rapidamente a quota 80 milioni. Se la popolazione della Turchia dovesse superare quella della Germania, la frazione turca diventerebbe la più grande del Parlamento europeo, una prospettiva che non piacerà a tutti.
E, come ha fatto capire nel settembre scorso a margine dell’Assemblea plenaria delle Nazioni Unite a New York il vice premier di Ankara, Ali Babacan, la Turchia vuole occupare un ruolo di rilievo nell’UE. “Quando la Turchia diventerà membro dell’UE, non starà in seconda fila”, così ha detto Babacan secondo il quotidiano austriaco Die Presse del 24 settembre.