CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 21 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la nota emessa questa domenica da padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, sul preservativo nel libro-intervista “Luce del mondo”, la cui distribuzione inizierà martedì 23 novembre. Questo sabato, un passo di queste dichiarazioni è stato diffuso da “L’Osservatore Romano”, suscitando enorme interesse tra i mezzi di comunicazione di tutto il mondo.
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Alla fine del capitolo 10 del libro “Luce del mondo”, il Papa risponde a due domande circa la lotta contro l’AIDS e l’uso del profilattico, domande che si ricollegano alla discussione seguita ad alcune parole pronunciate dal Papa sul tema nel corso del suo viaggio in Africa nel 2009.
Il Papa ribadisce chiaramente che egli allora non aveva voluto prendere posizione sul problema dei profilattici in generale, ma aveva voluto affermare con forza che il problema dell’AIDS non si può risolvere con la sola distribuzione di profilattici, perché bisogna fare molto di più: prevenire, educare, aiutare, consigliare, stare vicini alle persone, sia affinché non si ammalino sia nel caso che siano ammalate.
Il Papa osserva che anche nell’ambito non ecclesiale si è sviluppata una analoga consapevolezza, come appare dalla cosiddetta teoria ABC (Abstinence – Be Faithful – Condom), in cui i primi due elementi (astinenza e fedeltà) sono molto più determinanti e fondamentali per la lotta all’AIDS, mentre il profilattico appare in ultimo luogo come scappatoia, quando mancano gli altri due. Deve essere quindi chiaro che il profilattico non è la soluzione del problema.
Il Papa allarga poi lo sguardo e insiste sul fatto che concentrarsi solo sul profilattico equivale a banalizzare la sessualità, che perde il suo significato come espressione di amore fra persone e diventa come una “droga”. Lottare contro la banalizzazione della sessualità è “parte del grande sforzo perché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità”.
Alla luce di questa visione ampia e profonda della sessualità umana e della sua problematica odierna, il Papa riafferma che “naturalmente la Chiesa non considera i profilattici come la soluzione autentica e morale” del problema dell’AIDS.
Con ciò il Papa non riforma o cambia l’insegnamento della Chiesa, ma lo riafferma mettendosi nella prospettiva del valore e della dignità della sessualità umana come espressione di amore e responsabilità.
Allo stesso tempo il Papa considera una situazione eccezionale in cui l’esercizio della sessualità rappresenti un vero rischio per la vita dell’altro. In tal caso, il Papa non giustifica moralmente l’esercizio disordinato della sessualità, ma ritiene che l’uso del profilattico per diminuire il pericolo di contagio sia “un primo atto di responsabilità”, “un primo passo sulla strada verso una sessualità più umana”, piuttosto che il non farne uso esponendo l’altro al rischio della vita.
In ciò, il ragionamento del Papa non può essere certo definito una svolta rivoluzionaria.
Numerosi teologi morali e autorevoli personalità ecclesiastiche hanno sostenuto e sostengono posizioni analoghe; è vero tuttavia che non le avevamo ancora ascoltate con tanta chiarezza dalla bocca di un Papa, anche se in una forma colloquiale e non magisteriale.
Benedetto XVI ci dà quindi con coraggio un contributo importante di chiarificazione e approfondimento su una questione lungamente dibattuta. E’ un contributo originale, perché da una parte tiene alla fedeltà ai principi morali e dimostra lucidità nel rifiutare una via illusoria come la “fiducia nel profilattico”; dall’altra manifesta però una visione comprensiva e lungimirante, attenta a scoprire i piccoli passi – anche se solo iniziali e ancora confusi – di una umanità spiritualmente e culturalmente spesso poverissima, verso un esercizio più umano e responsabile della sessualità.