Che cosa ha a che fare l’art. 1 del c.c. con la legge sull’aborto? (II)

di Carlo Casini*

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ROMA, domenica, 14 novembre 2010 (ZENIT.org).- La riforma dell’art. 1 c.c. non riguarda direttamente l’aborto, ma elimina l’equivocità dell’art. 1 della L. 194, che impegna la Repubblica, a “tutelare la vita umana fin dal suo inizio”. Quest’ultima è una formulazione equivoca perché si tutelano anche le cose, non solo le persone, e perché non chiarisce il momento iniziale della tutela. Perciò consente interpretazioni opposte e, conseguentemente, è priva di efficacia pratica. La modifica dell’art. 1 del c.c. ha il vantaggio di aggirare la intransigente difesa della normativa vigente in tema di aborto (“la legge 194 non si tocca!”- gridano) e di produrre positivi effetti pratici notevoli. L’esempio della Polonia e della Germania è pertinente. Contrariamente a quanto si dice, in Polonia la legge del 1993 che ha legalizzato l’aborto era pressoché identica alla legge spagnola del 1985 prima della recente riforma Zapatero. Ma mentre in Spagna il numero degli aborti è andato progressivamente aumentando fino a raggiungere la cifra di 91.664, in Polonia, dove la popolazione ha la stessa consistenza di quella spagnola, gli aborti legali, che erano 220.431 nel 1979 sono scesi a 82.137 nel 1989, fino ad essere soltanto 199 nel 2004.

Naturalmente il fenomeno ha cause molteplici, ma, certamente, è fortemente influenzato dal fatto che in Polonia, a differenza della Spagna, la legge sull’aborto si inserisce in un sistema giuridico che, anche per le pronunce di quella Corte Costituzionale, proclama il diritto alla vita e l’eguaglianza di ogni uomo fin dal concepimento. In Germania le cose vanno un pò meno bene ma è rimarchevole che, in una nazione con una popolazione assai più numerosa di quella italiana, gli aborti registrati ogni anno (124023 nel 2005) siano più o meno dello stesso numero di quelli italiani. Anche in Germania il contesto giuridico riconosce e proclama con forza la piena umanità e il diritto alla vita dei nascituri (L. 13/12/90 sulla tutela dell’embrione e sentenza costituzionali del 25 febbraio ’75 del 4 agosto 1992 e del 28 maggio 1993).

Non sappiamo se veramente le I.V.G. in Italia sono andate diminuendo, come affermano le relazioni ministeriali, soprattutto perché bisogna tener conto delle nuove forme di aborto occulto (es. “pillola del giorno dopo”), ma se una diminuzione, come è sperabile, vi è stata, essa è stata certamente concausata dal più percepito messaggio sulla vita del Papa e della Chiesa italiana. Dunque il semplice richiamo dei diritti del concepito produce effetti positivi anche senza modificazioni della legge legalizzatrice dell’aborto. Se lo Stato si fa carico in modo solenne e formale di proclamare la piena soggettività giuridica del concepito, gli effetti benefici si moltiplicano. Quanto meno verrebbe corretta la gestione della L. 194. In primo luogo gli effetti si dovrebbero verificare nell’azione del servizio consultoriale pubblico.

E’ cresciuta la consapevolezza dei rischi anche economici derivanti dal crollo delle nascite. Contemporaneamente è cresciuta la “preferenza per la nascita”. Anche se resta un maggioritario consenso sulla legittimazione dell’aborto, iniziative di educazione al rispetto della vita nascente possono oggi essere favorevolmente accolte. La modifica dell’art. 1 c.c. sarebbe un fortissimo strumento educativo.

Si potrebbe ipotizzare che l’esplicita garanzia del diritto alla vita fin dal concepimento troverebbe una sede più coerente nella Costituzione. Ma una modifica costituzionale è assai più difficile dell’adozione di una legge ordinaria.

Per evitare le difficoltà di rimuovere il “macigno” che blocca la strada percorsa dalla forza che sospinge verso il bene tutta la storia umana, quella della uguale dignità di ogni essere umano, i molti politici che pur riconoscono il valore della vita propongono soltanto misure economiche: il sostegno finanziario e fiscale della famiglia, la disponibilità della casa e del lavoro, le provvidenze in favore della maternità. Si tratta di obiettivi ottimi, che è bene perseguire con il massimo impegno, ma è illusorio pensare che tali misure, da sole, possano eliminare la piaga dell’aborto, quella profonda ferita che Giovanni Paolo II ha chiamato “la sconfitta dell’Europa” (Discorso ai Vescovi d’Europa 11/10 /1985). Anche nei paesi più sviluppati che hanno raggiunto i più alti traguardi nella costruzione dello Stato sociale l’aborto non è stato fermato. In Francia ed in Inghilterra le interruzioni di gravidanza sono più numerose che in Italia. La Polonia non è certamente più progredita, sul piano economico, delle altre nazioni europee occidentali, eppure l’abortività è ridotta ai minimi termini. La verità è che senza il riconoscimento della piena umanità dei concepiti è debole la controspinta rispetto all’aborto e le stesse misure di sostegno economico e sociale a favore della maternità sono poco sospinte. Ha perfettamente ragione il Card. Bagnasco: “Ogni valore, necessario per il bene della persona e della società – come il lavoro, la casa, la salute, l’inclusione sociale, la sicurezza, le diverse provvidenze, la pace, l’ambiente – germoglia e prende linfa” dai valori non negoziabili, il primo dei quali è la vita.

Ha colpito l’opinione pubblica, per la sua origine laica, la richiesta di Giuliano Ferrara all’Onu nel novembre 2008, di proclamare una “moratoria sull’aborto” analoga alla moratoria relativa alla pena di morte, suggerita agli Stati dallo stesso ONU. Nel corso del dibattito successivo Ferrara ha chiarito che la moratoria sull’aborto significava aggiungere nell’art. 1 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, laddove si enuncia il diritto alla vita, le parole “fin dal concepimento”. Quell’iniziativa ha avuto l’adesione del Presidente del Governo italiano. È logico pretendere che si realizzi in patria ciò che si chiede agli altri stati nelle sedi internazionali.

Il lavoro svolto dal Movimento ha dato qualche frutto. La proposta di legge di iniziativa popolare del 1995 in tutte le legislature successive è stata ripresentata da un gruppo trasversale di Parlamentari; è stata il binario principale della L. 40; ha coinvolto durevolmente e sistematicamente il Forum delle Associazioni familiari e l’Associazione Scienza e Vita (atti costitutivi, convegni, appelli elettorali) nella richiesta di una definizione dello statuto dell’embrione umano; ha avuto l’appoggio, nella legislatura in corso dell’intero gruppo senatoriale del PDL, oltreché dell’UDC. Perciò è ragionevole immaginare che, se l’attuale legislatura proseguirà il suo cammino, ci sarà in Parlamento una maggioranza disposta a votare la riforma dell’art. 1 c.c. e che una seria volontà politica in questo senso possa coagularsi. Naturalmente è importante un forte appoggio della Chiesa e un adeguato sostegno di intellettuali.

L’unità politica dei cattolici suppone – ha detto il Cardinale Angelo Bagnasco – l’abbandono della “afasia convinta o tattica” sui valori non negoziabili, che sono “il terreno dell’unità politica dei cattolici”. L’unità politica non è necessariamente anche unità partitica, anche se è evidente il bisogno di una forza strutturata come partito che collochi la sua identità e la sua stessa ragione di essere nei valori non negoziabili. In un momento di crisi e probabilmente di evoluzione politica porre sul tappeto il tema del riconoscimento della soggettività giuridica dell’uomo fin dal concepimento può essere forza unitiva e distintiva. È quanto mai opportuno continuare la meditazione su quanto nell’Evangelium vitae (n. 5) ha scritto Giovanni Paolo II a proposito dell’inizio del movimento cattolico politico in Italia e del suo attuale necessario rinnovamento: “Come un secolo fa ad essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con grande coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti d
ella persona del lavoratore, così ora, quando un’altra categoria di persone è oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente di dover dare voce con immutato coraggio a chi non ha voce. Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani. Ad essere calpestata nel diritto fondamentale alla vita é oggi una grande moltitudine degli esseri umani deboli ed indifesi, come sono in particolare, i bambini non ancora nati”.

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* Carlo Casini è presidente del Movimento per la Vita (MpV)

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ZENIT Staff

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