di Jason Adkins
ST. PAUL (Minnesota), mercoledì, 10 novembre 2010 (ZENIT.org).- La dottrina sociale della Chiesa non è solo fonte di principi su cui poter edificare una società sana e giusta, ma è anche uno strumento di evangelizzazione.
Ad affermarlo è il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace. Richiamando l’episodio biblico di Zaccheo, il Cardinale ha espresso la convinzione che le verità della tradizione sociale della Chiesa sono una preparazione per la grazia e invitano ad un incontro con il Signore.
Il porporato è stato rettore del Catholic University College in Ghana e presidente della Conferenza episcopale di quel Paese. Ha anche lavorato per una serie di commissioni, consigli e comitati pontifici, per poi essere nominato da Benedetto XVI presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace nell’ottobre del 2009.
Turkson è stato recentemente a St. Paul, nel Minnesota, dove ha visitato l’Università di St. Thomas e svolto l’annuale Habiger lecture sponsorizzata dal Centro di studi cattolici. Il titolo della lezione era “Caritas in Veritate: Good News for Society”.
In un’intervista rilasciata a ZENIT, ha parlato dei primi frutti della Caritas in veritate e ha spiegato perché la Santa Sede deve continuare a sollecitare le coscienze nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
La prima parte di questa intervista è stata pubblicata il 9 novembre 2010.
Che impatto ha l’insegnamento sociale della Chiesa sul mondo imprenditoriale e sulla società?
Cardinale Turkson: La gente è entusiasta della tradizione della Chiesa. Molti hanno scoperto che la dottrina sociale della Chiesa è uno strumento di evangelizzazione.
Per esempio, il Vangelo racconta che Zaccheo, l’esattore delle tasse, si arricchiva a spese degli altri. Ma quando ha incontrato Gesù si è trasformato, arrivando a voler restituire quattro volte tanto a chi avesse frodato.
Perché prima di aver incontrato Gesù, non si rendeva conto che stava frodando le persone?
La storia di Zaccheo mostra che quando si conosce il Signore, interviene un cambiamento.
Allo stesso modo la gente dovrà arrivare a fare una certa esperienza religiosa. Dovrà realizzare che gli affari non potranno continuare allo stesso modo; non potranno continuare a calpestare altri esseri umani; non ci si potrà continuare a calpestare a vicenda.
Gli affari devono invece essere orientati ad uno sviluppo integrale della persona umana. La ricerca del progresso umano non può tralasciare il carattere comunitario proprio della persona umana.
L’enciclica Caritas in veritate parla di uno sviluppo umano che deve essere integrale e complessivo. L’enciclica ci invita a riscoprire lo sviluppo umano e il progresso umano.
Guardando allo sviluppo della tradizione sociale della Chiesa, sembra che ciò che caratterizzava le prime encicliche papali, dalla Rerum novarum di Leone XIII alla Mater et magistra di Giovanni XXIII, era l’applicazione della filosofia tomistica ai problemi attuali. Di conseguenza, sembrava esserci un chiaro programma di azione politico che i cattolici potevano fare proprio. Le encicliche più recenti, invece, sembrano riflettere un’impronta teologica o filosofica più personale del Papa che le ha scritte. Inoltre vi è anche una maggiore controversia su come applicare gli insegnamenti in esse contenuti. A suo avviso, la Chiesa dovrebbe tornare ad un più rigoroso tomismo nel suo approccio alle questioni sociali attuali?
Cardinale Turkson: Io direi che a questo particolare Papa è stata attribuita la formulazione di un’ermeneutica di continuità. Un’ermeneutica che non si applica solo alle questioni del Vaticano II e ai precedenti Concili ecumenici, ma anche alla continuità tra i recenti insegnamenti sociali dei Papi e quelli dei Papi precedenti.
Naturalmente, i mutamenti di contesto richiedono una diversa enfatizzazione. Talvolta la formulazione di certe questioni viene inquadrata in modo diverso. Ma esiste una vera continuità.
Quando questo Papa parla di Tradizione, parla di tutto il patrimonio del passato.
In definitiva non è il tomismo il punto di partenza dell’insegnamento sociale della Chiesa, ma le stesse Scritture. Il tomismo è stato un modo di articolare i principi che si trovano nella Bibbia. Non credo che dovremmo tornare a Tommaso per avere una chiara formulazione.
È probabile che una certa tradizione nella Chiesa, veicolata dal catechismo con le domande e le risposte, abbia creato un approccio particolare alle questioni. Talvolta il tomismo è utile in quel contesto. Ma ciò non dovrebbe escludere il desiderio di essere discorsivi sulle questioni. E la nuova enciclica ci sta guidando in questa direzione.
Le encicliche si rivolgono a tutte le persone di buona volontà. Con questa finalità in mente, non è possibile presentare gli insegnamenti in modo catechetico e tomistico.
Lo stile discorsivo non si discosta dal tomismo, ma anzi ne arricchisce la tradizione. Le encicliche sono destinate ad un pubblico più ampio, ed è per questo che si allontanano dal chiaro formato tomistico.
Spesso chi è impegnato ad articolare la posizione della Chiesa nella sfera pubblica, usa argomenti come quello della legge naturale, ma è destinato a sbattere contro un muro. Queste argomentazioni possono essere rese nel modo più efficace possibile, ma non sembrano aver presa. Risulta invece più agevole proclamare che Gesù è il Signore e limitarsi a questo, perché in definitiva la soluzione dei problemi sociali, politici ed economici, sia locali che globali, richiede una vera solidarietà tra la gente, che dipende dal riconoscimento della paternità di Dio. A tale riguardo, la riscoperta dell’ormai dimenticata idea della regalità di Cristo – la sua signoria su tutte le cose, comprese quelle dell’ordine politico ed economico – può essere utile?
Cardinale Turkson: Questo potrebbe essere un modo per affrontare il problema. Il Santo Padre dice che la verità della ragione e la verità della fede non sono in contrasto. Ma la verità della ragione è invitata a trascendere.
La verità della ragione non è un punto di arrivo, in quanto la verità della fede trascende quella della ragione.
La legge naturale stessa è una preparazione all’ordine della grazia.
Dobbiamo riconoscere la vocazione della ragione come preordinata alla trascendenza, e la figura di Gesù come Dio incarnato.
Se abbiamo compreso questo in maniera chiara, possiamo riferirci ai contenuti della recente enciclica.
Il libro universale della natura mostra Dio come l’autore della sua creazione, ma anche di tutto ciò che vi appartiene. In questo senso egli diventa il signore di tutte le cose, compresi i rapporti umani.
Vi è una tendenza nel mondo di oggi di considerare la persona come prodotto di se stessa o della cultura e delle forze esterne. In questo senso si tende a voler rimpiazzare ed eliminare Dio.
Alla luce di questo, i Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ci ricordano che senza la trascendenza, la vita è priva di senso e non è in grado di raggiungere la sua realizzazione.
Il bisogno di recuperare la regalità di Gesù è dovuto proprio al fatto che egli è rivelazione del Padre. La sua regalità diventa necessaria per poter presentare la vocazione della ragione come vocazione alla trascendenza.
È una verità rivelata da Cristo e in Cristo.
Quindi la legge naturale non è un punto di arrivo. Ogni persona è invece invitata a trascendere, per scoprire se stessa nella finalità della verità di Gesù; per scoprire il disegno del Padre nella verità della creazione.
Questo invito alla trascendenza esiste e diventa la sostanza della missione evangelizzatrice della Chiesa. Noi parliamo della v
erità della ragione, ma non ci possiamo limitare a questa.
Essa deve scoprire se stessa in Gesù rivelazione del Padre.
Quando lei parla a organizzazioni come le Nazioni Unite, come ha fatto a settembre, in relazione agli Obiettivi di sviluppo del millennio, esortando ad orientare le attività a sostegno di una cultura della vita, pensa che il suo messaggio giunga a destinazione?
Cardinale Turkson: Credo che siano molte le cose da scoprire su come funziona l’ONU.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite in senso proprio costituisce l’incontro di Stati sovrani; capi di nazioni sovrane che si ritrovano insieme. Gli esperti nell’ONU facilitano questi incontri, ma proprio questo servizio mette a rischio gli incontri rendendoli vulnerabili a quei gruppi che si presentano con una strategia ben definita. È bene sempre ricordarsi di questo rischio.
Il finanziamento delle Nazioni Unite deriva dai Capi di Stato sovrani. Ma il finanziamento può anche portare con sé determinate richieste o condizionalità.
Tutto questo va tenuto a mente. Quindi, quando si parla degli Obiettivi di sviluppo del millennio, è facile che alcuni soggetti finanziatori cerchino di portare la discussione verso i propri interessi e la propria agenda.
La voce della Santa Sede ha, in questo senso, il merito di ricordare determinate questioni che spesso si cerca di insabbiare.
Anche se la posizione della Santa Sede non è quella che viene poi approvata, serve comunque come memento per le nazioni, su questioni e valori come l’importanza di proteggere la vita e la dignità umana.
Anche se la nostra voce si ritrova da sola, è comunque necessaria. Molte persone ancora si congratulano con noi per aver discusso di certe questioni.
L’attività della Santa Sede può anche portare a domandarsi perché alcuni Stati stanno discutendo di certe questioni, o può portare alcuni a far venir meno i finanziamenti.
Per esempio, prima della visita di Papa Benedetto a Londra, qualcuno ha chiesto se, nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, la salute riproduttiva sarebbe stata veicolata in tutti gli aiuti. In altre parole, è stato chiesto se tutti gli aiuti avrebbero avuto questa come condizione dei finanziamenti. Questo argomento è stato discusso grazie all’intervento della Chiesa nelle Nazioni Unite.
Tutti questi aspetti vanno ricordati quando si parla della partecipazione all’ONU.
Bisogna che la verità della Chiesa sia conosciuta, a prescindere dal grado di adesione che essa ottiene.
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Nov 10, 2010 00:00
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