ROMA, lunedì, 8 novembre 2010 (ZENIT.org).- Sebbene la Chiesa in Nigeria si trovi di fronte a molteplici difficoltà di diverso tipo, come la corruzione, la violenza e la povertà, non manca la speranza, secondo il vice rettore della Pontificia Università Urbaniana di Roma.

Padre Godfrey Igwebuike Onah, sacerdote nigeriano che vive a Roma ha parlato con Aiuto alla Chiesa che soffre sulla realtà ecclesiastica in Nigeria e ha spiegato che essere volenterosi ed essere il “tipico nigeriano” è la medesima cosa.

“I nigeriani non si arrendono facilmente”, ha detto. “Siamo persone molto resilienti”.

In questo estratto di un’intervista rilasciata al programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN), in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre, padre Onah offre una panoramica sulla situazione della Chiesa in Nigeria. 

Padre, la Nigeria ha una popolazione di circa 150 milioni di persone e, per la maggior parte, i musulmani si trovano a nord e i cristiani a sud. Negli ultimi decenni si è verificata una serie di contrasti violenti tra musulmani e cristiani. Qual è la situazione locale oggi nella Nigeria del nord?

Padre Onah: Anzitutto bisogna dire che le statistiche sono molto difficili in Nigeria a causa della politicizzazione precoce. Già alla fine dell’epoca coloniale, per il fatto che l’attribuzione e la distribuzione dei beni era sempre legata ai numeri, si cercava di manipolare i dati per ottenere qualche vantaggio. Quindi è difficile parlare della distribuzione demografica dei diversi gruppi in Nigeria.

Solitamente si dice che al nord vi è una maggioranza musulmana e al sud una cristiana, ma dobbiamo anche ricordare che molte delle persone del sud sono persone che emigrano, sono commercianti e dipendenti pubblici. Pertanto, molti dei cristiani meridionali si trovano in realtà al nord e inoltre un buon numero di persone originarie del nord sono cristiane. Questo spesso viene dimenticato, soprattutto nelle zone di Zaria e Kaduna, dove esiste un buon numero di cristiani nativi non immigrati. Detto questo, bisogna ricordare che vi sono musulmani anche nell’area sudoccidentale della Nigeria.

Perché il problema sembra riguardare soprattutto il nord, se vi sono musulmani anche al sud?

Padre Onah: La situazione al nord è sempre stata più instabile. È legata alla storia del Paese. Alcuni storici affermano che già nell’XI secolo i re e imperatori del nord – avevamo regni e imperatori nella Nigeria del nord – avevano contatti, attraverso il commercio e i pellegrinaggi, con gli intellettuali islamici. Alcuni di loro sono diventati musulmani e hanno persino costruito delle moschee in Egitto e in altri luoghi, oltre a centri di formazione.

Questo tipo di scambi è proseguito e l’Islam si è diffuso nella parte settentrionale della Nigeria piuttosto presto. Ma nel XIX secolo è successo qualcosa: l’Islam si è diffuso attraverso la jihad ad opera di Usman dan Fodio, e da allora vi è un legame tra l’Islam e alcune forme di violenza, soprattutto quando ciò si rivela vantaggioso per alcune persone.

I nigeriani comuni, che siano musulmani, cristiani o tradizionali, hanno imparato a vivere insieme. Recentemente, la delusione della gente locale è stata strumentalizzata dai politici per creare delle tensioni.

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Ci può indicare oggi quali sono i motivi di questa violenza?

Padre Onah: Credo che sia azzardato per chiunque dare una spiegazione esauriente. Tutt’al più si può citare qualche elemento che vi contribuisce. Certamente il primo fattore è quello storico. Nel senso che, quando è stata concepita l’idea di combinare più di 350 identità nazionali per formare uno Stato moderno chiamandolo Nigeria, non è stato fatto altrettanto per creare un’identità nazionale. Cosa significa essere nigeriano per la gente comune di oggi? Questo è l’elemento storico.

A ciò va aggiunto il fatto che l’istruzione non è stata egualmente distribuita tra la popolazione. Una grande maggioranza di musulmani al nord è rimasta senza istruzione, se per istruzione intendiamo quella scolastica di tipo occidentale. Hanno un’istruzione islamica che, tra l’altro, loro considerano l’unica vera forma di istruzione. Se questo è vero, molti dei giovani non istruiti o con un basso livello di istruzione dipenderanno da ciò che gli dicono i loro leader religiosi. E oggi i cambiamenti economici in Nigeria hanno aggravato le loro condizioni di povertà; non solo al nord, ma in tutta la Nigeria. Sono così tanti i giovani insoddisfatti e delusi oggi. E i politici, insieme al Governo, che si arricchiscono giorno dopo giorno, manipolano queste persone quotidianamente.

Esiste anche una lotta per la supremazia tra le varie tendenze islamiche in Africa. Vi sono per esempio influenze provenienti dalla Libia, dall’Arabia saudita e dall’Iran. Ciascuno di questi gruppi spera di diventare dominante, perché tutti considerano la Nigeria un Paese strategico, non solo per il petrolio, ma per la popolazione. Vorrebbero finanziare, il più possibile, gruppi e movimenti d’ispirazione islamica, ma sappiamo anche all’interno del mondo musulmano, che non è un insieme omogeneo, esistono spesso conflitti interni tra gli stessi musulmani, prima ancora che le violenze si indirizzino ai non musulmani.

Quindi abbiamo elementi politici, religiosi, economici e sociali; sono molti fattori. Ma si potrebbe dire che se non si conosce la causa non si riuscirà a proporre delle soluzioni. Io credo che una parte della causa risiede nella scarsa attenzione verso i giovani.

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La Sharia è stata introdotta in 12 dei 36 Stati della Nigeria. Cosa significa la legge islamica e in particolare cosa significa per i cristiani che vivono in quel contesto?

Padre Onah: Questo è un altro esempio di manipolazione politica di un fenomeno religioso. Già nel 1946, quando è stata scritta la Costituzione nigeriana, il Paese era diviso in tre regioni e questa divisione regionale è stata mantenuta nelle Costituzioni del 1954 e del 1958. Cosa significa questo? Che nel 1958, il governo regionale aveva già un’autonomia con poteri legislativi. I governi regionali avevano già il potere di emanare leggi e così è stata introdotta la Sharia negli Stati del nord già prima dell’epoca coloniale, immagino.

Non ho elementi documentali che lo dimostrino, ma comunque non era un problema: era chiaro che era per i musulmani. A un certo momento, soprattutto durante l’epoca militare, è diventato normale per alcuni cercare di sfruttare la Sharia, apparentemente per rappresentare interessi musulmani. È stato allora che la Sharia è diventata un problema per i cristiani. Non dimentichiamoci che buona parte dei problemi, o degli effetti negativi della modernizzazione, sono spesso associati ai cristiani, secondo la tipica mentalità musulmana in Nigeria, perché per loro cristiano significa europeo.

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L’Arcivescovo Kaigama di Jos invoca il dialogo, il dialogo della vita. È questo a cui si riferisce quando dice: dobbiamo trovare un terreno comune?

Padre Onah: Il dialogo della vita è già in corso in molte parti della Nigeria; in alcune famiglie convivono cristiani e musulmani insieme e, tra l’altro, l’Islam e il Cristianesimo non sono le uniche religioni in Nigeria. Ve ne sono altre: quelle tradizionali. E talvolta i rapporti con queste religioni sono ancora più difficili, soprattutto al sud dove l’intero tessuto culturale è intriso di religione tradizionale e dove cercare di separare la cultura dalla religione non è facile ed è spesso la causa di molte tensioni. Ma con il tempo e con la pazienza, il dialogo e l’ascolto...

Ora, ciò che sta accadendo in Nigeria tra le religioni sembra svolgersi sul più alto livello dei leader. Il sultano di Sokoto, l’Arcivescovo di Abuja e il presidente dell’Associazione cristiana in Nigeria sono grandi amici e comprendono che questi scontri non portano a niente e quindi vanno avanti. Tra la gente comune talvolta sembra che vi siano urla e incapacità di ascolto, e purtroppo i cristiani solitamente erano quelli che fuggivano, ma tra i cristiani sono emersi anche elementi più radicali, soprattutto i pentecostali più aggressivi.

Con tutte queste tensioni: economiche, politiche, la corruzione, gli interessi, si può sperare che tutto abbia una fine?

Padre Onah: Se io non sperassi non sarei cristiano e, ancora, se io non sperassi non sarei un tipico nigeriano. I nigeriani non si arrendono facilmente. Siamo gente molto resiliente. Altrimenti ci saremmo già ribellati al nostro Governo da molto tempo. Ripeto, abbiamo bisogno di una classe dirigente responsabile.

La totale assenza del Governo è talvolta responsabile di queste violenze in cui i giovani prendono in mano la legge. Se avessimo una classe dirigente responsabile, con un Governo che sia pronto a fare il suo lavoro e con un’elite religiosa responsabile che educhi i fedeli delle diverse religioni a rispettare le idee di queste due religioni, i nigeriani potrebbero proseguire nel loro tentativo. Non è facile per nessun gruppo di persone venire fuori da una crisi fondata su un equivoco religioso. Non è facile ma non è impossibile. Quindi credo che la strada da seguire è quella dell’istruzione, sebbene ciò significhi cose diverse per i diversi gruppi religiosi – l’istruzione.


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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per "Where God Weeps", un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l'organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre.

L’intervista integrale (in inglese) può essere letta qui: http://members4.boardhost.com/acnaus/msg/1288056975.html


Per maggiori informazioni: www.WhereGodWeeps.org