Card. Scola: la natura va riconsiderata come “Creato”

Le istituzioni diano una mano all’imprenditoria veneta, in ginocchio dopo l’alluvione

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ROMA, lunedì, 8 novembre 2010 (ZENIT.org).- Le inondazioni che si sono verificate in Veneto, causando innumerevoli danni, devono portare a una più approfondita riflessione sul nostro rapporto con l’ambiente, inteso come Creato. E’ quanto ha dichiarato alla Radio Vaticana il Card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia e Presidente della Conferenza Episcopale Triveneta. 

L’ondata di maltempo abbattutosi sul nord della Penisola ha portato all’esondazione del fiume Bacchiglione a Vicenza e a Padova, dell’Alpone e del Trampigna nel Veronese, e del Frassine in provincia di Padova. Ora la crisi sembra interessare anche il Po. Intanto, a Padova e provincia, un migliaio di persone hanno dovuto evacuare le proprie abitazioni.

“Voglio anzitutto esprimere la partecipazione nella preghiera e nell’affetto al dolore di quei familiari che hanno perso i loro cari – ha detto il Card. Angelo Scola –. Poi la mia partecipazione alla grande prova – perché non so se risulta chiara a tutto il Paese la misura della devastazione – di tante famiglie della regione, molte delle quali hanno perso tutto e anche di molte piccole industrie – di cui il nostro Veneto è particolarmente ricco – che sono state messe in gravi difficoltà”.

“Ma poi anche la mia ammirazione per la grande dignità con cui le persone stanno affrontando questo disastro e la forte solidarietà con cui si stanno reciprocamente sostenendo e stanno cercando una via d’uscita”, ha aggiunto.

“Certamente – ha continuato – sarà anche importante che le istituzioni facciano la loro parte e che tutti insieme cerchiamo di imparare anche da questa prova, molto dura, un rapporto autenticamente corretto con la natura, che vuol dire questo: riscoprirla come ‘Creato’”.

“Bisogna cioè – ha spiegato – superare due limiti con cui noi normalmente la trattiamo perché ci dimentichiamo che è ‘creatura di Dio’. Il nostro primo limite è che l’uomo si pensa come padrone assoluto della terra, considerata come una sorta di miniera da cui ricavare sempre tutto. Il secondo limite è un concetto astratto di relazione con il Creato stesso che confonde il mantenimento passivo dell’esistente con il rispetto della natura”.

Questa distinzione, ha continuato, “mette in moto un rapporto equilibrato in cui il Creato è vissuto come la nostra dimora che Dio ci ha affidato, di cui dobbiamo prenderci un’attenta cura, e non sfruttarlo come dei dominatori, né d’altra parte pensare che senza il nostro intervento il Creato possa mantenere per le generazioni presenti e future il suo autentico destino”.

Riguardo invece al duro colpo inferto all’imprenditoria locale, il porporato ha detto: “E’ necessario assolutamente che le istituzioni si facciano carico di questa situazione. In maniera chiara, costruendo dei tavoli di concertazione, ascoltando le esigenze di tutti e senza mai dimenticare che quando siamo posti di fronte a queste prove sono sempre gli anelli più deboli della società a pagare di più”.

“Io mi auguro che ci sia realmente da parte di tutti – ma mi pare di vederla già – una disponibilità a un serio lavoro comune, è questo quello di cui abbiamo bisogno sempre a tutti livelli nel nostro Paese: un’amicizia civica e costruttiva”.

“E quando si verificano circostanze eccezionali ed eventi traumatici di questo genere questa amicizia si dimostra ancora più decisiva”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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