di Patricia Navas
BARCELLONA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- Uno dei segreti del successo della Sagrada Familia di Barcellona, visitata da 8.000-10.000 persone al giorno e che il Papa consacrerà il 7 novembre, è la sua architettura innovativa, sostiene l’architetto che dirige i lavori del tempio espiatorio, Jordi Bonet.
“Non c’è niente di simile in tutto il mondo”, indica in questa intervista rilasciata a ZENIT. “Le persone che vengono qui devono sapere che vedranno qualcosa di straordinario”.
Figlio dell’architetto Lluís Bonet, uno dei primi continuatori della Sagrada Familia, l’attuale direttore dei lavori sottolinea la novità dell’architettura che Gaudí ha progettato per il tempio espiatorio: forme a doppia curvatura, navate ideate come un bosco, colonne inclinate, colori… Bonet riconosce in Antonio Gaudí “un uomo pietoso, di fede, e geniale”.
A che punto è la Sagrada Familia?
Jordi Bonet: Il tempio è già coperto. Non si tratta solo della navata centrale, ma di tutto lo spazio che occupa la chiesa, che include, oltre a questa, le navate laterali, il transetto, le cappelle absidali, il deambulatorio…
Perché ci possa essere la consacrazione è necessario che la chiesa sia del tutto chiusa, perché non entrino vento e acqua.
Che cosa manca per terminare la Sagrada Familia nel suo insieme?
Jordi Bonet: Mancano quasi 100 metri della torre dedicata a Gesù. Mancano anche i cimborri dedicati alla Vergine e ai quattro evangelisti e le quattro torri della facciata della Gloria dedicate a Pietro, Paolo, Andrea e Giacomo.
Ciò richiederà anni, ma l’interno della chiesa sarà praticamente finito. Non tutto, perché ad esempio le vetrate delle navate laterali verranno collocate man mano che giungeranno le rispettive donazioni.
L’aspetto economico è fonte di problemi?
Jordi Bonet: Da questo punto di vista siamo ben messi: riceviamo donazioni da qualsiasi luogo. I promotori della Sagrada Familia, i Devoti di San Giuseppe, hanno iniziato a pagare tutto, ma poi si sono uniti i barcellonesi, gli spagnoli, quelli delle colonie spagnole… Le acquasantiere, ad esempio, sono state finanziate dai fedeli delle Filippine.
E’ bello vedere che sta collaborando a quest’opera gente di tutto il mondo.
Che cosa significa per la Giunta costruttrice della Sagrada Familia che sarà Benedetto XVI a consacrare il tempio?
Jordi Bonet: E’ un privilegio che il Papa venga a Barcellona. La Sagrada Familia è un tempio di livello universale.
In fondo, Gaudí era un uomo pietoso, di fede, e geniale. Le sue opere erano sempre realizzate come esperimenti che potevano servire per la Sagrada Familia.
Lì applica per la prima volta al mondo una serie di elementi che scopre nella natura e possono essere usati nell’architettura: forme a doppia curvatura, enormemente resistenti, che si possono realizzare con una tecnologia mediterranea: le volte catalane.
Queste forme nuove suscitano vera ammirazione in tutti coloro che visitano il tempio. E’ naturale che il Papa abbia voluto essere presente e intervenire alla sua consacrazione.
Quante persone visitano la Sagrada Familia?
Jordi Bonet: E’ difficile dare una risposta esatta: tra ottomila e diecimila persone al giorno. E’ un caso unico al mondo, tante visite a un tempio in costruzione.
Le persone che vengono qui devono sapere che vedranno qualcosa di straordinario. Pochi mesi fa, ha visitato il tempio il Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Tarcisio Bertone, e ha scritto sul libro d’oro della Sagrada Familia: “Ho ammirato il Dante dell’architettura”.
In che cosa crede che risieda il segreto del suo successo?
Jordi Bonet: L’architettura è molto innovativa, non c’è niente di simile in tutto il mondo.
Gaudí diceva di voler superare il gotico. Per questo non ci sono grandi contrafforti né sordini, ma ci sono colonne inclinate. Ha ideato le navate della Sagrada Familia come un bosco, in cui la luce entra dall’alto.
Quando è iniziata la costruzione di questa chiesa emblematica?
Jordi Bonet: La prima pietra è stata collocata nel giorno di San Giuseppe del 1882. La cripta è stata terminata dallo stesso Gaudí, che non è stato il primo architetto del tempio, che è stato invece l’architetto diocesano Villar.
Terminata la cripta, è stata ricevuta una donazione così consistente che i giuseppini hanno deciso che diventasse un tempio monumentale e si è passati da uno a diciotto campanili.
Gaudí ha visto che ciò sarebbe durato secoli e che non sarebbe arrivato a vederlo. Per questo ha lasciato le sue idee plasmate in alcuni plastici, che si sono salvati dall’incendio del suo studio nel 1936.
Partendo da un lavoro di ricerca, abbiamo trovato le leggi geometriche che Gaudí aveva ideato.
Diceva che l’architettura deve essere viva e che la vita si mostra con il colore e il movimento. Con l’aiuto della geometria, produce questa nuova architettura con forme a doppia curvatura generate da linee rette.
In seguito questo metodo è stato usato ad esempio nella Cattedrale di Brasilia, che è un enorme iperboloide, o nei paraboloidi iperbolici al Padiglione Philips di Le Corbussier. Gaudí, ripeto, era un genio.
Crede che nella costruzione della Sagrada Familia si sia fedeli a questa idea originale?
Jordi Bonet: Certamente. Abbiamo plastici in scala 1:10. Chieda agli architetti se si costruiscono edifici su quella scala. Gaudí lo faceva perché era una cosa così nuova che aveva bisogno di essere compresa, sia dagli architetti che da quanti donavano denaro.
I plastici sono stati restaurati e abbiamo trovato tutte le leggi geometriche che ci permettono di fare esattamente ciò che egli voleva.
La costruzione di un tunnel vicino alle fondamenta per farvi passare il treno ad alta velocità ha danneggiato in qualche modo la Sagrada Familia?
Jordi Bonet: Sì, ha danneggiato e probabilmente danneggerà nel corso del tempo, perché le reazioni del sottosuolo non sono immediate.
Ci hanno fatto perdere moltissimo tempo e dal 2007 siamo in causa contro la costruzione di questo tunnel, ma i tribunali non si sono ancora pronunciati.
Ci hanno fatto spendere molte energie e molto tempo, lottando contro qualcosa che sembra incredibile che si sia potuto realizzare, pensando che la tecnica può tutto.
Può davvero fare cose valide, ma a volte sbaglia, e pensiamo che sia stata una temerarietà.
Quali rischi esistono, per la costruzione del tunnel e per il successivo passaggio del treno?
Jordi Bonet: Il primo rischio è che il tunnel dell’AVE passi sotto il livello freatico, dove ci sono acque sotterranee. Alcuni antichi torrenti passavano per la via Sardenya e per la piazza Gaudí e vi continua a scorrere acqua.
Fin dall’inizio non abbiamo voluto perforare sotto il livello freatico, perché l’acqua comporta sempre pericoli. Tutte le fondamenta della Sagrada Familia si trovano al di sopra del livello freatico.
Il tunnel di per sé provoca come un muro di contenimento. Il muro di schermi che si sono voluti collocare per evitare danni alla Sagrada Familia è, in fondo, un’altra diga.
L’acqua che scorre sotto il suolo, allora, vede salire il proprio livello, il che provoca una pressione: quanto più è alta l’acqua, maggiore è la pressione.
Ciò può far sì che la sabbia che si trova in questa parte del sottosuolo venga trascinata e restiamo con le nostre fondamenta senza la parte di terreno che le deve sostenere. Può accadere tra tre o trent’anni, non si sa, ma è già avvenuto in altri luoghi.
C’è un altro rischio. Sappiamo che non si realizzano i calcoli dovuti. Il muro schermo è un trasmettitore di vibrazioni del passaggio del treno, e anche se si introducono elementi per ridurre le vibrazioni non ridurranno la lunghezza d’onda. Speriamo che non si produca una risonanza, che caus
a la caduta di ponti.
Abbiamo collocato dei sensori e trasmettiamo all’Audiencia Nacional i nuovi dati. L’UNESCO ha detto che se si superano determinati parametri bisogna fermare i lavori di scavo.
Vedremo se si presterà attenzione all’UNESCO. Visto che non è vincolante, il Ministero procede con il suo ritmo e fa ciò che ritiene di dover fare, anche se alla lunga può provocare problemi.
Con molta cognizione di causa, pochi giorni fa, l’architetto e cattedratico di strutture dell’Università Politecnica della Catalogna Margarit ha denunciato che è una barbarie far passare il tunnel a così poca distanza dalle fondamenta della Sagrada Familia e della Casa Milà.
Il potere, però, non vuole cambiare idea perché non vuole riconoscere di essersi sbagliato.
Il tracciato del progetto è stato modificato nel 2003 per evitare che passasse sotto il tempio, e si è stabilito che il tunnel passasse sotto alcune case, con tutte le amministrazioni d’accordo.
Nel 2004, però, quando il tunnel è stato fatto passare sotto il quartiere barcellonese del Carmelo, è avvenuto il disastro, perché hanno pensato che si sistemasse la cosa evitando che il tunnel passasse sotto delle abitazioni.
Ma su questo ci sono esperienze, mentre queste opere di Gaudí sono eccezionali, non c’è alcuna esperienza e può costare caro.
Dove si trova ora il macchinario che sta perforando?
Jordi Bonet: Credo che ora stia nelle vicinanze di piazza Gaudí.
Il sottosuolo è traditore, ti trovi ad aver a che fare con un problema quando meno te lo aspetti. Il macchinario della Linea 9 della metropolitana di Barcellona è stato arenato un anno, e può succedere.
Nel sottosuolo sai che cosa accade in un punto preciso, ma a venti centimetri il tipo di terreno può cambiare.
Ultimamente si è parlato di crepe nella Sagrada Familia. Hanno a che vedere con i lavori dell’AVE?
Jordi Bonet: Alcune di quelle crepe hanno più di 80 anni. Le stiamo sistemando e termineremo di farlo in base alle nostre possibilità.
Non suscitano preoccupazioni. Sono vecchie, in parte sono state provocate durante la rivoluzione avvenuta pochi giorni dopo la ribellione del 1936, perché c’erano ponteggi di legno che sono stati incendiati con benzina.
E’ in corso il processo di canonizzazione di Antonio Gaudí. Personalmente crede che sia un santo?
Jordi Bonet: Io non l’ho conosciuto, ma mio padre, che ha avuto a che fare con lui dal 1914, lo ammirava e direi addirittura che lo venerava.
Suo padre ha partecipato alla costruzione del tempio?
Jordi Bonet: Sì. Mio padre è stato colui che gli ha portato i campioni del mosaico di Venezia serviti per collocare il colore nei campanili che Gaudí ha costruito direttamente e dei quali è rimasto soddisfatto.
Quando crede che verrà terminato il tempio?
Jordi Bonet: Non lo so. Se indicassi una data mentirei. Non sappiamo cosa accadrà. Ci vorranno sicuramente altri 10 o 12 anni. Quando gli ponevano questa domanda, Gaudí rispondeva: “Il mio cliente non ha fretta”.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]