Card. Bagnasco: educare significa ascoltare i giovani

Intervenendo all’Assemblea generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori

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ROMA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- L’educazione ha bisogno di una nuova relazionalità tra le generazioni, basata sull’ascolto, gli esempi di vita e l’apertura al Trascendente. Lo ha detto il Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) intervenendo questo sabato all’Assemblea generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (Cism), che si è riunita a Segrate (MI) nel 50° anniversario della sua fondazione. 

Nel suo intervento il porporato ha affrontato il nodo al contempo culturale e spirituale che sta al fondo della emergenza educativa odierna, puntando il dito contro il “falso concetto dell’autonomia dell’uomo” in voga nella cultura dominante, di cui aveva già parlato Benedetto XVI nel suo discorso ai Vescovi italiani lo scorso maggio.

“La visione unilaterale dell’autonomia dell’uomo – ha detto il Presidente della CEI – significa concepirlo come una realtà ‘già fatta’, che non abbisogna di alcun compimento”; una concenzione, ha aggiunto che non solo impedisce “quello spazio della libertà e dell’amore che è condizione indispensabile per l’esperienza umana e soprattutto per l’educazione integrale” ma che conduce a quell’“isolamento psicologico e culturale nel quale spesso oggi vive il giovane e l’adolescente”.

In questo contesto, in cui “si fanno strada solo la sfiducia e la rassegnazione”, “la passione da ritrovare è precisamente quella per Dio, senza del quale l’uomo non sa più dove andare e soltanto grazie alla quale si dà una speranza affidabile che scommette sul futuro, non più avvertito come una oscura minaccia, ma come una luminosa promessa”.

Un’educazione integrale passa quindi attraverso “l’approccio con il mistero di Dio”, “l’amore alla verità che chiede a colui che cerca la disponibilità ad arrendersi”, ma anche “l’amore agli uomini, alla terra, per non piegare le verità parziali contro l’uomo”.

Occorre, dunque, intensificare “la capacità di ascolto reciproco tra giovani ed adulti”, perché “solo all’interno di una rinnovata capacità e disponibilità di ascolto si può creare una nuova relazionalità tra le generazioni, in cui uno stile dialogico e persuasivo, possa far emergere dei riferimenti sicuri e affidabili”.

“Ciò esige però da parte degli adulti un credito di fiducia che solo può far scattare l’attenzione dei giovani”. Per questo però occorrono anche adulti “disposti a mettersi in gioco”, anche attraverso la “concretezza del quotidiano”.

La scuola cattolica

In questo contesto la scuola cattolica deve puntare a creare quel “clima relazionale” che mette al centro dell’opera educativa il bene vero dell’alunno, offrendo “una formazione culturale e una formazione professionale di base”, e promuovendo negli alunni “la consapevolezza che ogni onesta attività lavorativa e professionale è degna dell’uomo e utile alla società”.

Oltre alla tensione relazionale, non bisogna tacere però l’aspetto “squisitamente intellettuale”: “si tratta di far intravvedere e di iniziare i ragazzi e i giovani al gusto della ricerca e della verità non solo sul ‘come’ degli enti, ma anche sul ‘perché’ dell’essere”.

“Perché questo sia possibile – ha aggiunto –, è necessario – impresa non piccola – far rilevare l’insufficienza della categoria dell’ “utile” tanto diffusa e pesante nel costume odierno, per custodire e promuove la categorie del “vero””.

Occorrerà, inoltre, che “alla missione di chi fa scuola cattolica non manchi anzitutto una chiara ‘scelta di fede’”, che permetta di respirare l’“aria buona che è riferimento al Signore sempre presente”, oltre che “una esplicita disponibilità al ruolo educativo ed ovviamente una riconosciuta competenza professionale”.

L’oratorio

In un periodo in cui sembra smarrirsi “il genio e il gusto educativo”, ha continuato, si avverte tuttavia sempre più l’importanza dell’oratorio come “luogo ‘dove trovarsi’, ‘conoscersi’, ‘far qualcosa insieme’, dove educarsi ai valori spirituali; un ambiente dove appartenersi e richiamarsi al di là dei luoghi istituzionali (casa, scuola, chiesa) o dei non-luoghi (strada, …)”; ma anche “dove poter esprimere la propria condizione giovanile, il senso della vita, in una condizione di libertà cosciente, di spontaneità propositiva, di affermazione di sé”.

Il porporato ha quindi elencato quattro obiettivi per dare all’oratorio una forma concreta e vivibile: “vivere la spiritualità come dimensione ordinaria della vita”; rendere l’oratorio un ambiente “immerso nella cultura e nella storia e non un’isola felice”; curare “l’apertura sociale, che è la parete mancante dell’humus culturale in cui si è immersi, aiutando a far crescere un senso di responsabilità per tutto ciò che attiene alla giustizia e al bene comune”; infine “la dimensione ludica che se non va assolutizzata, come di frequente accade, non va neanche minimizzata perché può rivelarsi una vera ‘scuola di vita’”.

La santità delle comunità religiose

Il Cardinale Angelo Bagnasco ha poi celebrato la Messa conclusiva dell’Assemblea nazionale della Cism presso la Chiesa di Dio Padre a Segrate. Durante l’omelia ha parlato della libertà che, secondo San Paolo, deve contraddistinguere ogni discepolo del Signore.

Quella libertà, ha spiegato, che “è signoria di sé: pensieri, azioni, sentimenti. Ma la signoria comporta sempre un distacco, e ciò è possibile solo se abbiamo il cuore pieno di Dio, del suo amore, altrimenti ci attacchiamo alle cose”.

E a questo proposito ha avvertito che “servire noi stessi attaccandoci alle cose terrene significa perdere la libertà e diventare prigionieri, mentre consegnandoci a Cristo e alla sua Chiesa troviamo noi stessi e gustiamo una libertà vera”.

“Il nostro ‘io’ – ha continuato – si compie nel ‘Tu’ di Dio, si raggiunge in un ‘noi’ umano e divino, temporale ed eterno, finito e infinito insieme”; perché “quando l’uomo ha paura di perdere se stesso donandosi, si perde davvero”; mentre “chi non ha timore di perdersi consegnandosi a Dio, si trova”.

La “santità nella libertà”, tuttavia, non è solo per i singoli ma chiama in causa anche le comunità religiose, sulla scorta del modello dei loro Fondatori: “Continui ad essere così per tutti voi – ha concluso –, per tutti noi, profondamente uniti nel guardare al Signore Gesù e abbracciati nel grembo materno della Chiesa sotto la potente intercessione dei nostri Santi”.

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ZENIT Staff

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