di Silvia Gattas
ROMA, martedì, 2 novembre 2010 (ZENIT.org).- Il Kurdistan sembra un’isola “felice” rispetto al resto dell’Iraq: la condizione dei cristiani è buona, la libertà religiosa è garantita, benché i cristiani siano una minoranza. C’è tolleranza e convivenza con le altre confessioni e religioni.
Ad illustrare il quadro è monsignor Rabban Al-Qas, vescovo caldeo di Amadiya, in Kurdistan, nel nord dell’Iraq. Il vescovo ha appena concluso la sua visita a Roma per partecipare al Sinodo dei vescovi ed ha potuto incontrare anche il Papa, chiedendo preghiere per il popolo cristiano iracheno.
“I cristiani in Kurdistan vivono in tranquillità e nella pace. Non si verificano problemi con il governo, la loro condizione è buona. Nella regione del Kurdistan c’è un grande sviluppo perché i militari, il governo e le organizzazioni lavorano in pace. La situazione è molto diversa da quella di Baghdad e delle altre zone meridionali del Paese”.
Monsignor Rabban, lei ha partecipato al Sinodo per il Medio Oriente che si è concluso da poco in Vaticano. Cosa le ha detto il Papa?
Mons. Rabban Al-Qas: Benedetto XVI conosce bene la situazione in Kurdistan. Al Sinodo sono intervenuto almeno tre volte, con il Papa presente. Il Santo Padre mi ha ringraziato per le mie parole e ha detto che pregherà per la nostra terra.
I cristiani in Kurdistan rappresentano una minoranza. Quale è il rapporto con le altre religioni?
Mons. Rabban Al-Qas: In Kurdistan i cristiani sono circa 180mila. Rappresentano una minoranza ma la libertà religiosa è garantita. Con le altre religioni c’è tolleranza e convivenza. Non abbiamo problemi nel passeggiare o viaggiare anche di notte. Non abbiamo paura.
C’è un rischio di fuga dei cristiani dal Kurdistan come avviene nel resto del Paese?
Mons. Rabban Al-Qas: Quarant’anni fa, molti curdi hanno lasciato quasi il 95 per cento dei villaggi. Sono fuggiti per recarsi a Mossul e Baghdad. Dal 2003 la maggioranza dei cristiani è tornata in Kurdistan, ma oltre 37mila cristiani sono fuggiti dall’Iraq.
Come è la situazione politica nel Paese?
Mons. Rabban Al-Qas: Ancora non c’è nessun governo, non c’è stabilità, non abbiamo una autorità che possa portare la pace. Aspettiamo il primo ministro. Il Paese vive ancora un periodo di caos.