Benedetto XVI: l'anelito verso Dio è inscritto nel cuore dell'uomo

Discorso dopo il concerto offerto in suo onore nell’Aula Paolo VI

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 17 ottobre 2010 (ZENIT.org).- “L’anelito verso Dio è inscritto nel cuore dell’essere umano”, ha ricordato Papa Benedetto XVI questo sabato pomeriggio, dopo che nell’Aula Paolo VI ha avuto luogo un concerto in suo onore offerto dal Direttore d’Orchestra e compositore Enoch zu Guttenberg.

Il concerto, svoltosi alla presenza dei Padri Sinodali dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, ha visto l’esecuzione della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, diretta dal Maestro Enoch zu Guttenberg ed eseguita dal Coro di Neubeuern, dall’Orchestra “KlangVerwaltung” e da alcuni solisti.

Nel suo discorso al termine dell’evento, il Papa ha ricordato che Verdi scrisse la Messa da Requiem nel 1873 per la morte di Alessandro Manzoni, “che ammirava e quasi venerava”.

“Nella mente del grande Compositore, quest’opera doveva essere il culmine e il momento finale della sua produzione musicale; non era solo l’omaggio al grande scrittore, ma anche la risposta ad un’esigenza artistica, interiore e spirituale, che il confronto con la statura umana e cristiana del Manzoni aveva in lui suscitato”.

Giuseppe Verdi, ha spiegato Benedetto XVI, “ha speso l’esistenza a scrutare il cuore dell’uomo”: “nelle sue opere ha messo in luce il dramma della condizione umana”, “con la musica, le storie rappresentate, i vari personaggi”.

“Il suo teatro è popolato di infelici, di perseguitati, di vittime. In tante pagine della Messa da Requiem riecheggia questa visione tragica dei destini umani: qui tocchiamo la realtà ineluttabile della morte e la questione fondamentale del mondo trascendente”.

“Verdi, libero dagli elementi della scena, rappresenta, con le sole parole della Liturgia cattolica e con la musica, la gamma dei sentimenti umani davanti al termine della vita: l’angoscia dell’uomo nel confronto con la propria fragile natura, il senso di ribellione davanti alla morte, lo sgomento alle soglie dell’eternità”.

“Questa musica invita a riflettere sulle realtà ultime, con tutti gli stati d’animo del cuore umano, in una serie di contrasti di forme, toni, coloriti, in cui si alternano momenti drammatici a momenti melodici, segnati da speranza”.

Anche se Giuseppe Verdi si definì in una lettera all’editore Ricordi “un po’ ateo”, ha ricordato Benedetto XVI, la sua Messa da Requiem “appare come un grande appello all’Eterno Padre, nel tentativo di superare il grido della disperazione davanti alla morte, per ritrovare l’anelito di vita che diventa silenziosa e accorata preghiera: ‘Libera me, Domine’”.

“Questa cattedrale musicale si rivela come descrizione del dramma spirituale dell’uomo al cospetto di Dio Onnipotente, dell’uomo che non può eludere l’eterno interrogativo sulla propria esistenza”.

Dopo la Messa da Requiem, Verdi visse una sorta di seconda “stagione compositiva”, che si concluse nuovamente con musica religiosa, i Pezzi Sacri.

Secondo il Papa, è “un segno della sua inquietudine spirituale, un segno che l’anelito verso Dio è inscritto nel cuore dell’essere umano, perché la nostra speranza riposa nel Signore”.

“Il grande affresco musicale di stasera rinnova in noi la certezza delle parole di sant’Agostino: ‘Inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te – Il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te’”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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