La Dottrina sociale della Chiesa segno di contraddizione

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ROMA, sabato, 2 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, nell’aprire sabato 25 settembre a Trieste la presentazione del Secondo Rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa, pubblicato da Cantagalli.

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Abbiamo fissato la formula riassuntiva del secondo Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo con questa espressione: “La Dottrina sociale della Chiesa segno di contraddizione”. Ed è proprio questa espressione che vorrei chiarire con voi, perché così facendo penso di chiarire il senso globale di questo Rapporto.

Vorrei partire ricordandovi quando ha scritto Benedetto XVI il 10 marzo 2009 nella Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei 4 vescovi consacrati dall’Arcivescovo Lefebvre: «Il vero problema in questo nostro momento della storia é che Dio sparisce dall´orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l´umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più. Condurre gli uomini verso Dio, verso il Dio che parla nella Bibbia: questa è la priorità suprema e fondamentale della Chiesa e del Successore di Pietro in questo tempo».

Questo è, a mio avviso e ad avviso dei Redattori del Rapporto, il punto discriminante due modi di intendere la Dottrina sociale della Chiesa: come etica condivisa per accompagnare il mondo oppure come strumento per aprire un posto di Dio nel mondo. Il Rapporto mette in evidenza che quando la Dottrina sociale della Chiesa viene intesa in questo secondo modo – come uno strumento per aprire un posto di Dio nel mondo – c’è una reazione del mondo e c’è anche una reazione nella Chiesa. Il mondo non accetta e non accettano nemmeno tanti nella Chiesa. Una Dottrina sociale della Chiesa intesa come una proposta laica con cui dialogare con il mondo, viene accettata, perché rischia di essere innocua. Ma una Dottrina sociale che considerasse il Cristianesimo non solo utile ma anche indispensabile per la costruzione di una società veramente umana, come dice il n. 4 della Caritas in veritate, sarebbe combattuta fuori e dentro la Chiesa.

Questo Secondo Rapporto documenta a lungo le violenze anticristiane in Asia. In India, in Cina, in Vietnam, in Indonesia i cristiani sono stati perseguitati anche nel 2009. Persone che spariscono, chiese devastate, sacerdoti uccisi, proprietà confiscate, interventi polizieschi di controllo e censura: molte sono state le facce della violenza anticristiana nel 2009.

Esse hanno riguardato anche l’Occidente e in particolare l’Europa e l’America Latina. Qui è in atto una violenta campagna culturale, politica e legislativa contro i principi cristiani e la legge morale naturale e molte forze – economiche, sociali e politiche – collaborano tra loro per eliminare violentemente ogni residuo di società cristiana. In Inghilterra abbiamo registrato molti casi di impedimento all’esercizio pubblico della fede cristiana. In Spagna una legislazione fortemente contraria alla vita e alla famiglia e un insegnamento civico nelle scuole pubbliche governato dal principio unico del relativismo hanno creato danni al tessuto umano e cristiano di quella società. Olanda, Belgio e Lussemburgo hanno approvato per legge l’eutanasia e il suicidio assistito. In Francia la grande consultazione per la riforma della legge sulla bioetica è stata condotta in modo che poco di buono promette per il 2010. In America Latina e in Italia casi drammatici come la bambina di Recife ed Eluana Englaro sono stati adoperati dalla cultura radicale per screditare la Chiesa e per aprire nuove brecce nella coscienza popolare a favore dell’aborto e dell’eutanasia.

Anche Benedetto XVI ha dovuto subire numerosi attacchi mediatici e politici soprattutto per quanto da lui espresso contro l’utilità del preservativo nella lotta all’Aids e per la remissione della scomunica ai quattro vescovi ordinati da Mons. Marcel Lefebvre. In ambedue i casi, come si riferisce nel capitolo di questo Rapporto dedicato al magistero sociale del Santo Padre, si è assistito ad un processo sommario. Spesso si è trattato di invettiva cieca verso la realtà e nutrita di vecchi luoghi comuni.

E’ evidente, da tutti questi segnali, che la Dottrina sociale della Chiesa è ancora segno di contraddizione nel mondo e che esiste una resistenza e addirittura una ostilità, anche strutturata, contraria agli stessi principi di etica naturale che la Chiesa – quasi unica a farlo ormai – difende. E’ sufficiente vedere cosa accade nel campo della vita e della famiglia all’interno di vari Stati, ma anche i segnali negativi che spesso provengono dalle Istituzioni europee e dalle politiche delle agenzie dell’ONU, verso i quali la nostra vigilanza dovrebbe essere più critica ed attenta.

Non sono mancati nel 2009 anche segni positivi di ripensamento e, in qualche caso, legislazioni negative sulla famiglia e la vita sono state riviste, pressioni internazionali sono state rintuzzate e, quando sono scoppiate le polemiche contro il Pontefice di cui si è parlato sopra, tante persone e organizzazioni lo hanno difeso, sulla base di una onestà intellettuale che è ancora presente nel mondo. Ciò non può tuttavia togliere l’impressione generale di un grande esercito schierato contro la religione cristiana e spesso pronto ad agire di concerto.

Il mondo accetta la Chiesa e il cristianesimo quando questi parlano solo il linguaggio del mondo, li accetta di meno quando parlano, principalmente, il linguaggio di Cristo.

Questo è un primo aspetto del fatto che la Dottrina sociale della Chiesa è “segno di contraddizione” e il 2009 lo ha conosciuto come non mai. C’è però anche un altro aspetto, interno questa volta alla Chiesa. Anche qui la Dottrina sociale è stata spesso segno di contraddizione. I vescovi degli Stati Uniti d’America hanno condotto una lunga battaglia contro la riforma sanitaria del Presidente Obama. Non contro la riforma in sé, né contro la sua necessità, ma contro alcuni aspetti della legge di riforma che prevedevano finanziamenti federali per l’aborto e non permettevano un adeguato esercizio del diritto all’obiezione di coscienza. I vescovi non hanno avuto timore di rivolgersi in più riprese sia al Presidente che al Congresso, avanzando precise proposte di revisione. E’ noto però che non tutti i vescovi erano su questa linea e che dentro il mondo cattolico americano, molti settori degli Istituti religiosi e delle associazioni sanitarie cattoliche hanno invece fatto propaganda a sostegno della legge, in aperto contrasto con le indicazioni dei vescovi.

Niente può giustificare un sostegno all’aborto, ma molti cattolici americani hanno pensato che una maggiore assistenza sanitaria ai poveri lo potesse giustificare e hanno messo da parte l’indicazione dei vescovi.

Si è trattato di un atteggiamento molto grave, che ci conferma nell’idea che purtroppo la completa applicazione dei principi della Dottrina sociale della Chiesa è segno di contraddizione anche dentro la Chiesa. Queste divisioni sono incomprensibili per il semplice fedele, che ne risulta scosso.

In occasione delle elezioni europee, tenutesi nel 2009, in Europa i cattolici hanno dibattuto sulla natura e il futuro dell’Europa. Mi limito al caso francese. Qui un gruppo di laici cattolici si è dichiarato assolutamente favorevole al Trattato di Lisbona e non ha sollevato eccezioni particolari sul testo della Convenzione europea; altri cattolici, invece, applicando per intero la Dottrina sociale della Chiesa, hanno sottolineato le debolezze di questi due testi e il pericolo che possono rappresentare per il futuro della famiglia, del rispetto dell’identità naturale della persona e della vita, tutti principi da annoverarsi tra quelli non negoziabili.

Lungo il 2009 un po’ in tutto il mondo si è molto discusso del cambiamento climatico. Organismi de
ll’ONU hanno spesso pontificato su questo argomento, pur non avendone l’autorevolezza come è stato ampiamente dimostrato in seguito; sono apparsi molti Rapporti internazionali sul cambiamento climatico e non c’è stata quasi Conferenza episcopale che non abbia pubblicato un documento su questo tema, compresa la Comece, la Commissione degli episcopati del’Unione Europea. In molti casi, però, si è trattato di un acritico accodamento alle mode culturali del momento, un tentativo di andare d’accordo con il mondo dicendo quello che il mondo vuole sentire, come se l’emergenza pastorale primaria fosse di mettere i pannelli solari sulle chiese o attuare la raccolta differenziata.

Anche in questo caso abbiamo visto una impostazione più completa e fedele alla totalità del magistero sociale della Chiesa, ed un’altra molto più riduttiva e sociologistica, che intercettava il diffuso sentire comune, spesso ideologicamente caratterizzato.

La stessa ricezione dell’enciclica “Caritas in veritate” ha mostrato, per certi versi, questa situazione. Molte di queste critiche erano pretestuose e spesso segnalavano due posizioni nettamente diverse dentro il mondo cattolico per quanto riguarda l’approccio ai problemi sociali. Hanno anche segnalato che non tutto il mondo cattolico è disposto a seguire le indicazioni di Benedetto XVI ed anzi, in certi casi, si ha come una specie di prevenzione nei confronti dei suoi insegnamenti.

Vaste aree dei teologi cattolici e delle università cattoliche non accettano la linea insegnata da Benedetto XVI e continuano a percorrere sentieri teologici parziali o addirittura confutati e dichiarati negativi dal magistero. Ci sono università nelle quali una tesi di dottorato sul pensiero di Ratzinger è vista con sospetto.

I due livelli del fatto che la Dottrina sociale della Chiesa è oggi “segno di contraddizione” – quello esterno e quello interno alla Chiesa – vanno collegati insieme.

Le incertezze nel rapporto con il mondo non solo non fanno bene al dialogo con il mondo ma producono anche divisioni dentro la Chiesa.

E’ per questo che, tra l’altro, si assiste ad un preoccupante indebolimento nella capacità degli episcopati di compattare i cattolici dietro ai loro insegnamenti su temi di morale pubblica, specialmente nei paesi occidentali, ove è più forte l’ondata di ritorno dentro la Chiesa delle divisioni nei rapporti con il mondo.

Non è vero che si possa essere divisi su temi di morale pubblica fondamentale come la vita e la famiglia e che si possa contemporaneamente essere uniti sul piano della fede.

L’onda di ritorno produce anche divisioni e incertezze nella fede.

La vocazione dell’uomo è, infatti, una sola e non ci si può dividere nella concezione teologica su cosa significhi difesa del creato e mantenere la stessa fede nel Creatore. Per lo stesso motivo per cui la Dottrina sociale della Chiesa è educazione alla fede, essa diventa diseducazione alla fede quando non vissuta ed applicata nel giusto spirito.

Durante il 2009 Benedetto XVI ha tenuto importanti insegnamenti su come debba interpretarsi la Scrittura, di cui riferiamo nel capitolo sul magistero sociale del Santo Padre nel Rapporto. Egli ha sostenuto che non si legge adeguatamente la Scrittura se non la si interpreta dentro la tradizione viva della Chiesa, se non la si considera come un tutto e se non si tengono insieme tutte le verità della fede cattolica.

Allo stesso modo possiamo dire che non si vive adeguatamente la Dottrina sociale della Chiesa se non la si inserisce dentro la tradizione viva della Chiesa, se non la si considera come un tutto e se non si tengono insieme tutte le verità della proposta cristiana. Questo, con ogni probabilità, non eliminerà il suo essere “segno di contraddizione”, che le appartiene in virtù della croce di Cristo, ma le consentirà di dialogare meglio con il mondo e, soprattutto, di educare alla fede piuttosto che dividere i cattolici tra di loro.

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ZENIT Staff

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