La Slovenia festeggia il suo primo beato martire

Lojze Grozde è stato beatificato domenica

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di Carmen Elena Villa

LUBIANA, venerdì, 18 giugno 2010 (ZENIT.org).- La beatificazione del giovane Lojze Grozde rappresenta per il popolo sloveno “un forte stimolo spirituale”, ha rivelato a ZENIT il postulatore della sua causa, padre Igor Luzar.

“In lui contempliamo anche un gran numero di altri cristiani martirizzati e assassinati durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale a causa della loro fede in Cristo”, ha detto il sacerdote.

“In particolare ragazzi e giovani, molti dei quali hanno dato testimonianza di fede e perdono al momento della morte”.

Lojze Grozde, giovane dell’Azione Cattolica, venne ucciso dal regime comunista quando aveva 19 anni.

La cerimonia

Lo stadio Arena della città slovena di Celje è stato lo scenario della cerimonia di beatificazione domenica 13 giugno, alla presenza di circa 32.000 fedeli. La Messa è stata presieduta dal Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Tarcisio Bertone, in rappresentanza di Papa Benedetto XVI. Hanno concelebrato 18 Arcivescovi e Vescovi e 750 sacerdoti.

Nella sua omelia, il Cardinal Bertone ha detto che il nuovo beato illumina “la storia della Chiesa in Slovenia, in particolare le violente persecuzioni che ha subito nell’ultimo secolo”, e ha sottolineato che nel suo esempio il Paese può trovare “ispirazione e forza per poter testimoniare efficacemente la fede nel mondo scristianizzato di oggi”.

Il porporato ha quindi segnalato che il nuovo beato “nei primi anni della sua gioventù aveva iniziato a seguire seriamente la scuola di Gesù, presente nel Santissimo Sacramento, e in ginocchio, in un’intensa e fedele pratica di adorazione eucaristica, aveva appreso che cosa significava vivere la donazione totale”.

La vita

Lojze Grozde nacque nel 1923. Fu un ottimo studente, appassionato di lettura e amante della poesia. Durante la scuola secondaria partecipò ad alcuni incontri dell’Azione Cattolica. Una volta scrisse che chi apparteneva a questa associazione “deve essere sempre disposto ai sacrifici, fino al martirio e alla morte”.

Grozde aveva una grande devozione eucaristica, che chiamava “Sole della mia vita”. Aveva anche un forte sentimento nazionalista verso la Slovenia, che all’epoca faceva parte della Yugoslavia.

“Voleve fare tutto per il Regno di Dio, condurre gli altri giovani a Cristo, sacrificarsi per la salvezza delle anime”, ha affermato il suo postulatore. Era convinto che proprio la Vergine Santissima, alla quale era molto devoto, lo avesse guidato verso l’Azione Cattolica per ampliare l’orizzonte della sua vita spirituale e il suo campo d’azione”, ha aggiunto padre Luzar.

Durante la Secondo Guerra Mondiale, la Slovenia venne occupata da Italia e Germania. Scoppiò poi la guerra civile in Yugoslavia. Alla fine del 1942, Grozde si stava recando a casa della famiglia per passarvi il Natale. Si fermò a Sticna, dove venne catturato dai comunisti, che lo accusarono di essere una spia segreta contro il regime e per questo lo torturarono e lo uccisero.

Il suo cadavere venne ritrovato il 23 febbraio 1943.

Padre Luzar racconta che dopo la Seconda Guerra Mondiale, a causa del comunismo, era proibito parlare in pubblico a voce alta della morte di Grozde, ma nonostante questo crebbe la sua fama di martirio e di santità. Ciò divenne ancor più evidente con la visita di Papa Giovanni Paolo II nel Paese nel 1996.

Questo giovane martire è diventato il secondo beato sloveno, dopo il Vescovo Anton Martin Slomsek, beatificato nel 1999. “E’ uno dei più grandi sloveni – ha concluso il postulatore -. Grozde risplende ancora oggi”.

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ZENIT Staff

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