Il Patriarca Twal: "Non possiamo smettere di sperare"

“Ma questa non è vita”, dice chiedendo la fine del blocco di Gaza

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

di Roberta Sciamplicotti

ROMA, venerdì, 18 giugno 2010 (ZENIT.org).- La situazione critica della Striscia di Gaza non deve privare gli abitanti della speranza in un miglioramento, ha dichiarato Sua Beatitudine Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme e presidente di Caritas Gerusalemme.

Dopo l’attacco israeliano a una flottiglia di aiuti umanitari diretta verso la Striscia, il 31 maggio, la tensione nella zona si è riacutizzata.

“Condanniamo ogni violenza – ha dichiarato il presule in un’intervista riportata sul sito della Caritas -. Tutti dovrebbero poter vivere insieme in libertà e gioia, indipendentemente dal fatto che siano musulmani, ebrei o cristiani. Tutte le azioni che impediscono dialogo e negoziato non servono la pace, non importa chi ne sia il responsabile”.

Monsignor Twal ha aggiunto di “pregare per dei negoziati di pace coronati dal successo, perché questa terra del Calvario diventi finalmente una terra di pace”.

“Dobbiamo continuare a sperare”, ha affermato. “Non possiamo permetterci di rinunciare alla speranza, anche se la situazione attuale non è a favore delle conversazioni di pace”.

A suo avviso, “per compiere dei progressi serve molto buonsenso. Dobbiamo avere una grande visione e un grande cuore. La violenza non è mai una soluzione”.

L’azione della Caritas

“La violenza continua, ma continua anche la nostra opera caritativa”, ha affermato il Patriarca ricordando che la Caritas lavora nei Territori palestinesi dalla Guerra dei Sei Giorni del 1967. “Le nostre scuole e i nostri ospedali sono ancora aperti”.

“Personalmente, credo fermamente nell’istruzione – ha confessato -. Nelle nostre scuole, i bambini giocano inseme, mangiano insieme e pregano insieme. E’ il miglior dialogo possibile, il miglior modo di aprirsi”.

Anche se l’organizzazione è “cattolica al 100%”, ha aggiunto, “è aperta a tutti, e i nostri beneficiari lo sanno”.

“Sono grati per i servizi necessari che offriamo nel settore dell’istruzione, della salute e della vita sociale. La nostra carità non conosce confini”.

“Riceviamo molti aiuti e ne abbiamo bisogno, ma non abbiamo ancora ricevuto ciò di cui abbiamo più bisogno, la pace”, ha aggiunto. “L’aiuto che riceviamo è come un’aspirina. Ci dà sollievo, ma non è una soluzione a lungo termine”.

Fine del blocco

“L’occupazione ci impedisce di avere una vita normale – ha denunciato monsignor Twal -. Non possiamo muoverci liberamente per andare a lavorare, all’ospedale o in chiesa come chiunque altro. Questa non è vita”.

“Il blocco di Gaza deve essere sollevato. Nessuno dovrebbe subire una cosa simile. Vogliamo solo essere come il resto della gente, non vogliamo privilegi. Il conflitto va avanti da decenni. La gente è stanca”.

“Le nuove generazioni, i giovani palestinesi e israeliani, sono nati in un clima di violenza e sono stati allevati in queste circostanze. La violenza è tutto ciò che conoscono. Come possono perfino prendere in considerazione la pace?”.

“Credo che i leader politici e religiosi abbiano una grande responsabilità – ha concluso -. Devono chiedersi che cosa possono fare affinché queste nuove generazioni conoscano la pace”.

Appelli internazionali

A dar sostegno alla posizione del Patriarca, si susseguono intanto gli appelli internazionali per la fine del blocco di Gaza.

Il Parlamento europeo ha chiesto in una risoluzione approvata questo giovedì un’indagine internazionale sull’attacco del 31 maggio al convoglio umanitario, l’apertura di tutti i valichi di frontiera da e per Gaza, compreso il porto, e la fine immediata del blocco, così come la ridefinizione globale della politica dell’UE verso il Medio Oriente.

Per affrontare le preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza, i deputati propongono di dispiegare una forza navale internazionale che monitori la spiaggia di Gaza ed, eventualmente, la riattivazione della missione UE di assistenza alle frontiere. Hamas deve inoltre porre fine a ogni attacco contro Israele.

I deputati chiedono poi la liberazione immediata del soldato israeliano Gilad Shalit, rapito da Hamas nel 2006 in territorio israeliano e da allora detenuto.

Nel frattempo Robert Serry, coordinatore speciale dell’ONU per il Medio Oriente, ha annunciato che le Nazioni Unite si occuperanno della distribuzione degli aiuti umanitari della Freedom Flotilla, la flotta pacifista fermata dal blitz israeliano.

Serry ha spiegato di “aver ottenuto il via libera dei proprietari del carico delle tre navi turche per assicurare una rapida distribuzione a Gaza a fini umanitari” e che il Governo israeliano “ha concesso il passaggio dell’intero carico sotto la responsabilità delle Nazioni Unite”.

Ad ogni modo, ha ricordato, “la quantità di materiale in questione, che include anche materiale medico e per l’edilizia, è relativamente modesto rispetto ai bisogni a Gaza”.

In questo contesto, il gabinetto israeliano per la sicurezza ha approvato un alleggerimento del blocco della Striscia di Gaza.

A Gaza sarà facilitato l’ingresso di “beni a uso civile” e di “materiali per progetti civili”, mentre il blocco navale apparentemente resterà in vigore per prevenire l’ingresso di armi e di mezzi paramilitari nella Striscia.

Nel comunicato in cui si annuncia l’allentamento del blocco, il Governo israeliano specifica di aspettarsi che “la comunità internazionale agisca per l’immediata liberazione del soldato Gilad Shalit”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione