La peccatrice: una scomunicata prediletta da Gesù

di padre Angelo del Favero*

Share this Entry

ROMA, venerdì, 11 giugno 2010 (ZENIT.org).- Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!”.

Gesù allora gli disse: “Simone, ho da dirti qualcosa”. Ed egli rispose: “Di’ pure, maestro”. “Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?”. Simone rispose: “Suppongo sia colui al quale ha condonato di più”. Gli disse Gesù: “Hai giudicato bene”. E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: “Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco”. Poi disse a lei: “I tuoi peccati sono perdonati”. Allora i commensali cominciarono a dire fra sé: “Chi è costui che perdona anche i peccati?”. Ma egli disse alla donna: “La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!” (Lc 7,36-7,50).

E’ una povera anima. Pensiamo anche a lei, preghiamo anche per lei”: queste le parole buone e sincere della mamma del piccolo Luca, ormai al sicuro fra le sue braccia non più alzate al cielo per implorare la fine dell’incubo scatenato da due altre braccia materne, che si erano allungate a possedere per un po’ di tempo il dono più prezioso che Dio può fare ad una donna: un figlio. Mi ha colpito anche il pensiero avuto dal papà di Luca nel momento più acuto dell’angoscia: “Spero che si tratti di una donna…che ragioni come una mamma..” (Editoriale di “Avvenire”, 9/06/2010).

Una donna non ragiona come una mamma quando, anziché ragionare secondo il suo genio speciale che è il suo cuore materno, separa quest’ultimo dalla mente, tradendo ed ingannando se stessa. Viceversa, ragiona perfettamente la donna che non permette a niente e a nessuno di separare la maternità dalla sua natura femminile. Dal canto suo l’uomo, portato com’è a capire meno le ragioni del cuore e più quelle della fredda ragione, spesso considera debolezza la tenerezza accogliente del cuore femminile, finendo per giudicarne dall’alto in basso anche l’umana fragilità.

Non è certo questo il caso dell’uomo Gesù, sul quale oggi audacemente si gettano due braccia femminili per lavargli, asciugargli, profumargli, baciargli i piedi, con l’effusione amorosa non dico di una sposa, ma di una mamma china sul suo bambino.

A quel tempo, in occasione di grandi banchetti chiunque poteva entrare in casa a curiosare. Per questo la “peccatrice” non trova ostacoli e irrompe sulla scena in modo inaspettato: “Ed ecco, una donna..” (Lc 7,37). Veduti i suoi gesti su Gesù, il padrone di casa riflette scandalizzato: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!” (v. 39). Ma l’ipocrisia nascosta ed imperturbabile di Simone non sfugge a Colui che ben conosce il cuore dell’uomo ed è in piena sintonia con il cuore della donna: “Simone ho da dirti qualcosa” (v. 40). Con quel che segue Gesù interpella ognuno di noi.

Questo suo messaggio non si ferma..al primo piano, ufficio “giustizia” (“chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei” – Gv 8,7), ma sale al più alto, alla “suite” dell’amore riconoscente. Con la parabola del creditore buono che ad un debitore condona pochi soldi e ad un altro tanti quanti la paga di un anno di lavoro, Gesù insegna a non “scomunicare” mai una persona, soprattutto se la sua affettività disordinata si è mutata in quell’amore pentito e grato fino alle lacrime che Egli gradisce più di ogni farisaica osservanza morale: “Voglio misericordia, non sacrificio” (Os 6,6).

Agli occhi razionali di Simone questa donna “peccatrice” era una prostituta da cui prendere doverosamente le distanze, una lebbrosa, un’impura “scomunicata” da Dio e dalla comunità, secondo la Legge. Ma allo sguardo del cuore del suo Ospite divino ella appariva ciò che era in verità: una pecorella smarrita da raccogliere e prendere sulle spalle con gioia, per riportarla a casa: “La tua fede ti ha salvata: va’ in pace!” (Lc 7,50).

Per Gesù, infatti, non esiste una persona “peccatrice” (nel senso dispregiativo di Simone), poiché nessuno è mai “scomunicato” dal suo cuore: come potrebbe il Signore separarsi dalle sue stesse membra doloranti? Gesù vede solamente persone prigioniere del loro (sia pur colpevole) male e del loro dolore; persone amiche del suo cuore che vuole liberare ad ogni costo, per restituirle alla gioia di vivere nella piena comunione d’amore con Lui, mediante il dono eucaristico della sua adorabile Persona, da abbracciare, bagnare di lacrime, profumare e baciare senza timore.

Giovanni Paolo II, rivolgendosi alle donne che hanno abortito ha scritto: “Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l’avete fatto apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Vi accorgerete che nulla è perduto e potrete chiedere perdono anche al vostro bambino, che ora vive nel Signore” (Evangelium vitae, n. 100). Parole vere, ma certamente non facili. Molte madri dopo l’aborto si sono aperte al pentimento, ma non sperimentano ancora la pace del cuore, pur se oggettivamente si ritrovano con l’anima in grazia. Così pure non pochi padri, corresponsabili moralmente di quanto è accaduto. In queste persone la ferita psicologica aperta dall’aborto è sempre attiva nel fondo della coscienza per il ricordo incancellabile di ciò che hanno fatto, mentre il pensiero che il loro bambino “..ora vive nel Signore” riesce tutt’al più solo a disegnare un mesto sorriso sul loro volto affranto.

Ecco, in ginocchio, i pensieri del cuore di una di queste mamme che vivono nelle spine della memoria:

Mio piccolo Angelo,

ti chiedo perdono per non averti abbracciato,

per non averti cullato,

per non averti amato.

Perdono, perdono, perdono.

Offro il mio dolore a Gesù,

all’Essere Divino,

all’Amore Puro.

Perdonami, tu che sei Luce Pura,

ti immagino ai piedi di Gesù e di Maria,

sorridente e felice.

Tu, mio piccolo Angelo, che vedi il mio cuore,

la mia anima,

donami la forza di affrontare il cammino di ogni giorno”.

Alla luce di questa preghiera, credo fermamente che Gesù intenda stabilire con queste mamme un rapporto d’amicizia privilegiato, del tutto simile all’intimità infinitamente consolante concessa alla donna “peccatrice”. Ed ecco la via per l’incontro con Lui: “Offro il mio d
olore a Gesù, all’Essere Divino, all’Amore Puro”.
E’l’offerta di sé come sacrificio gradito a Dio.

Questo, in verità, ha fatto la “peccatrice” in casa del fariseo, traendo da se stessa quell’audacia e quella confidenza che sono proprie dell’indole femminile e dei cuori veramente umili.

Con lei e a causa di lei, “peccatrice” è un termine ora squisitamente evangelico, sinonimo di accoglienza da parte di Gesù, di predilezione da parte del Padre, di trasformazione interiore per opera di quell’Amore Puro che è lo Spirito Santo scaturito dal cuore trafitto del Salvatore.

Ma cosa vuol dire, per chi ha abortito, offrirsi in sacrificio gradito a Dio? Rispondo: credere anzitutto che Gesù conosce “per esperienza” l’angoscia insormontabile e irrimediabile del peccato di aborto. In questo senso: nella passione di Gesù tutte le difficoltà possibili ed immaginabili si trovavano riunite e concentrate al massimo grado; rifiutato dagli uomini, apparentemente abbandonato da Dio, in un luogo considerato maledetto, Gesù si trovava in un marasma totale. Ora, è molto difficile trasformare l’incomprensione, il rifiuto di sè, la disperazione emotiva, la disfatta morale, psicologica e spirituale, in una offerta a Dio: la nostra spontanea attitudine è in questo caso la ribellione, l’aggressività, la disperazione; oppure la rassegnazione esausta, la depressione da esaurimento.

Ebbene, l’innocentissimo Signore ha preso su di sé la situazione umanamente più angosciosa che si possa immaginare, questa sua morte abominevole, quest’odio criminale, e l’ha trasformato in un’offerta piena di obbedienza al Padre, piena di amore fraterno verso coloro che lo uccidevano, supplicando in ginocchio: “Padre, se vuoi allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà!” (Lc 22,41-42).

Questa sua volontà mite e docile, questo suo atto di offerta totale di sé come vittima di riparazione, grazie al sacramento dell’Eucaristia entrano nel nostro povero cuore trasformandone la debolezza in forza (che può essere non sentita come non si sente la forza con cui il cuore batte), la forza stessa promessa dal Risorto: “…riceverete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi...” (At 1,8), e testimoniata da Paolo: “Tutto posso in colui che mi da forza!” (Fil 4,13).

Come il Padre ha mandato dal Cielo il fuoco dello Spirito d’Amore Puro che ha trasformato l’umiliazione della croce nella massima glorificazione che mai sia stata realizzata nel mondo, così l’offerta di sé al modo della “peccatrice” (attuata e rinnovata nel momento della Comunione) comunica alla volontà la potenza dello Spirito Santo, che trasforma il senso e la “sostanza” degli avvenimenti, facendo scaturire dal male ciò che è bene, il bene immenso dell’unione redentrice con Dio-Amore.

Quando il cuore è scavato da un dolore così profondo come quello del post-aborto, entra in una speciale risonanza con il cuore di Cristo, il quale sulla croce svuotò se stesso fino all’ultima goccia di sangue. Vuoto per vuoto! Dice infatti: “Un abisso chiama l’abisso al fragore delle tue cascate; tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati” (Salmo 42/41,8). Santa Teresa di Gesù Bambino ha riconosciuto in questi flutti le ondate della Misericordia di Gesù alla quale si è offerta identificandosi idealmente con la “peccatrice”. L’abisso del dolore umano, qualunque ne sia il motivo che l’ha scavato, opera sul cuore di Gesù come le lacrime, i capelli, il profumo, i baci della donna peccatrice, il cui amore Egli accoglie, gradisce, purifica, amplifica e ricambia come se ai suoi piedi ci fosse una grande santa.

——-

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione