di Carmen Elena Villa
ROMA, sabato, 5 giugno 2010 (ZENIT.org).- La spiaggia di Santa Marinella, vicino Roma, era uno dei luoghi preferiti da Eugenio Pacelli (che divenne poi Papa Pio XII), che vi trascorreva le vacanze estive. Questo sabato vi verrà collocato un busto bronzeo per rendergli omaggio.
La statua sarà collocata al centro di un giardino che rende omaggio a Papa Pacelli e “ai giusti del mondo”. Suor Margherita Marchione, della comunità delle Maestre Pie Filippini, ha consegnato il busto a Papa Benedetto XVI in Piazza San Pietro dopo l’Udienza di questo mercoledì. “Sono tante le fotografie che mi hanno fatto in pochissimi secondi!”, ha detto la religiosa a ZENIT mentre riguardava le immagini del suo breve incontro con il Pontefice.
Questa suora, nata nel New Jersey (Stati Uniti) nel 1922, figlia di genitori italiani, è laureata in Filosofia alla Columbia University di New York. Si è dedicata a scrivere e a compiere studi sulla vita e le opere di personaggi come Clemente Rebora, Giovanni Boine, Giuseppe Prezzolini e Filippo Mazzei, e negli ultimi 15 anni ha pubblicato 10 libri in inglese e italiano su Pio XII, tra cui “Pio XII. Architetto di pace”, “Pio XII e gli ebrei”, “Il silenzio di Pio XII”. ZENIT l’ha intervistata sull’operato e le virtù di Papa Pacelli.
Lei ha incontrato Pio XII. Com’è stata questa esperienza?
Suor Margherita Marchione: L’ho incontrato proprio nella Basilica di San Pietro nel 1957, sono venuta a Roma insieme a sua nipote Elena Rossignani Pacelli. Lui si è avvicinato a noi. Eravamo in prima fila. Ho tenuto le sue mani nelle mie e le ho baciate, gli ho parlato. Lui mi ha fatto delle domande. Voleva sapere che cosa facevo a Roma. Ero già suora, ma giovane, in un certo senso. Viaggiavo, facevo delle ricerche, gli ho spiegato. Stavo facendo la tesi di laurea sul poeta Clemente Rebora. Mi ha chiesto della famiglia. Mi ha dato la benedizione. E stata un’occasione così impressionante per me che ancora lo rivedo. Mi ha parlato come se ci fossimo amici da tanti anni. Sono rimasta colpita dalla sua gentilezza, dal suo sorriso. L’emozione che provai, l’impressione che ebbi in quest’incontro sono ricordi preziosi, indelebili, che ho mantenuto per tutta la vita. Emanava proprio la santità.
Perché ha deciso di diventare la principale biografa di Papa Pacelli?
Suor Margherita Marchione: Nel 1995, dopo quasi 40 anni dal mio incontro con Pio XII, sono stata qui a Roma per un Capitolo Generale e ho saputo che le nostre suore, le Maestre Pie Filippini, avevano salvato in tre conventi di Roma 114 ebrei. Mi sono meravigliata e ho detto: Come mai? Queste sono le cose di cui nessuno parla, nessuno scrive. Ho saputo questo fatto per caso. Mi sono interessata a Pio XII, ho parlato con le suore che erano ancora vive e mi ha colpito il lavoro che hanno fatto come tanti altri italiani per nascondere gli ebrei. Tornata in America, ho cominciato a interessarmi all’argomento, ho fatto delle interviste agli ebrei che erano stati nostri ospiti e ho scritto un primo libro. Ne ho scritti una decina. Ho potuto intervistare alcune persone che avevano sofferto, che erano state qui a Roma in quel periodo. Ho abbandonato tutti gli altri interessi e mi sono messa a scrivere soltanto di Pio XII.
Come sono riuscite le sorelle della sua comunità a nascondere gli ebrei?
Suor Margherita Marchione: Le suore in tutti i conventi sono state molto brave a nascondere le donne ebree. Anche se mancava il pane per loro stesse, hanno dato metà di quanto avevano a queste donne. Erano 60 donne ebree. Se i nazisti non avessero creduto alla suora che diceva che non c’era nessuno, non soltanto queste donne, ma anche le suore che le ospitavano sarebbero state mandate tutte ad Auschwitz. Quindi c’è voluto coraggio. Ho ammirato quello che hanno fatto e ho voluto far conoscere questi fatti.
Altre sue opere parlano del silenzio di Pio XII…
Suor Margherita Marchione: Sì. Alcuni ebrei lo accusano di silenzio, ma non è vero. Il suo silenzio era prudente. Ha fatto tutto il possibile per salvare gli ebrei, si può dire “dietro le quinte”. Non poteva mettersi a combattere con l’America, l’Inghilterra, la Germania, i russi. Nel libro “Architetto di pace” ho riportato dei documenti importanti. L’opera caritevole di Pio XII è stata universale, magnanima, assidua, e soprattutto cristianamente paterna, nel senso più profondo del termine.
Pio XII mantenne una rete diplomatica in Vaticano durante tutta la guerra. Si interessava personalmente ad ogni caso umano portato a sua conoscenza. Giovani e vecchi ricorrevano a lui per ricevere aiuto e trovare parenti dispersi. Arrivavano quotidianamente innumerevoli richieste da tutti i Paesi del mondo, e tutte ricevevano la sua attenzione.
Per consentire la corrispondenza con le famiglie dei prigionieri, istituì l’Ufficio Informazioni per le ricerche, un archivio unico al mondo che conteneva notizie sui prigionieri di guerra. Il compito di questi impiegati della Santa Sede era informare le famiglie sullo stato dei prigionieri.
Cosa pensa dei giudizi negativi su Pio XII?
Suor Margherita Marchione: La storia deve raccontare la verità, che la Chiesa cattolica ha salvato più di 5.000 ebrei soltanto a Roma. Non riconoscerlo è una vergogna. Per me è necessario dire la verità. In questi libri ho voluto far conoscere le virtù di Pio XII, le virtù teologali e quelle cardinali. Faccio alcuni esempi: mangiava pochissimo, non beveva liquori o li mischiava con acqua durante i pasti, non mangiava dolci, era molto mortificato e aveva un carattere forte. Ha dimostrato di avere la fede, la speranza e la carità.
Ci può parlare della personalità di questo Papa?
Suor Margherita Marchione: Aveva i doni dello Spirito Santo e in grado eroico, con tutte le virtù, teologali e cardinali. Era orante, una persona serena, tranquilla, dedito a ogni dovere come Pontefice. Per natura era una persona timida, e preferiva gli ambienti tranquilli. Dolcezza contro severità, persuasione contro imposizione. Era molto umile e sincero, per lui erano tutti uguali. Lo ricordo come un santo, ecco tutto.