Le politiche migratorie repressive sono destinate al fallimento

Secondo una ricerca svolta recentemente da Caritas Europa

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BRUXELLES, venerdì, 28 maggio 2010 (ZENIT.org).- Secondo una recente ricerca di Caritas Europa dal titolo “Riflessione sulle dinamiche tra migrazione e sviluppo”, le politiche migratorie repressive “sono condannate al fallimento finché la ragione principale dell’abbandono del proprio Paese da parte dei migranti continuerà a essere la mancanza di opportunità di condurre una vita degna a casa propria”.

Una serie di casi recenti di migranti disperati che hanno rischiato la vita per giungere in Europa ha catapultato il tema della migrazione e dello sviluppo al primo posto dell’agenda europea, afferma sulla sua pagina web Caritas Europa, la rete europea di 48 organizzazioni Caritas in 44 Paesi, con sede a Bruxelles.

Anche se il discorso ufficiale dell’Unione Europea sottolinea il ruolo positivo delle migrazioni per lo sviluppo e il ruolo dei migranti nel progresso dei loro Paesi d’origine, i Governi dei vari Stati membri “si distinguono per il fatto di dare priorità politica alla difesa delle frontiere esterne dell’Europa, il che rivela un approccio sempre più restrittivo all’immigrazione”, afferma Caritas Europa.

Questa tendenza, aggiunge, “si è vista rafforzata dall’attuale crisi economica, che ha distrutto milioni di posti di lavoro in Europa, e dalle recenti tensioni collegate all’immigrazione che si sono registrate in alcuni Paesi come l’Italia”.

Ad ogni modo, spiega Caritas Europa, le politiche repressive avranno vita breve se non si agirà per far sì che le persone non siano costrette ad abbandonare i propri Paesi per mancanza di opportunità.

Da ciò, sottolinea l’organizzazione, deriva “la necessità di promuovere una politica più ambiziosa che includa misure destinate a migliorare il livello di vita nei Paesi in via di sviluppo”.

Caritas Europa è convinta che il dibattito su migrazioni e sviluppo “dovrebbe concentrarsi sull’identificazione di sinergie positive in questi ambiti, piuttosto che concepire le politiche di sviluppo come uno strumento di controllo delle migrazioni”.

La ricerca “Riflessione sulle dinamiche tra migrazione e sviluppo” è pensata principalmente come uno strumento di lavoro per le organizzazioni membro della Caritas e altre entità della società civile, e “vuole essere un documento vivo che si arricchisce nella misura in cui le relazioni tra i temi relativi a migrazione e sviluppo si evolvono nel tempo”.

Allo stesso tempo, “vuole presentare ai responsabili politici e all’opinione pubblica in generale le raccomandazioni che Caritas Europa crede che servirebbero per migliorare le politiche attuali in questi due ambiti”.

Ispirata ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa, Caritas Europa “si oppone a qualsiasi politica che sia incapace di vedere le persone (in questo caso i migranti) come esseri umani con vita, sogni e diritti, e che si limiti a considerarli nel migliore dei casi come ‘forza lavoro’, nei casi più sfortunati come una ‘minaccia per la sicurezza’”.

In questo senso, Caritas Europa “è profondamente convinta che le migrazioni e lo sviluppo possano amministrarsi in modo da beneficiare sia i migranti che i loro Paesi d’origine e le società che li accolgono”.

In questa riflessione di Caritas Europa si ribadiscono quattro principi fondamentali che ricorrono in tutto il documento: “Il diritto di vivere in un territorio, che include sia il diritto di rimanervi che quello di uscire o di tornare quando necessario”; “Il diritto di risiedere con la propria famiglia e il diritto al ricongiungimento familiare”; “Il diritto di contribuire allo sviluppo sia del Paese d’origine che di quello di destinazione”; “Il diritto di integrarsi nel Paese di accoglienza”.

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ZENIT Staff

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