Benedetto XVI: l'istruzione, via per la pace in Congo

Riceve il nuovo ambasciatore del Paese presso la Santa Sede

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CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 29 aprile 2010 (ZENIT.org).- La promozione dell’istruzione è la via per realizzare le aspirazioni di pace del popolo del Congo, ha affermato Benedetto XVI questo giovedì ricevendo il nuovo rappresentante del Paese presso la Santa Sede, Jean-Pierre Hamuli Mupenda, in occasione della presentazione delle sue lettere credenziali.

Riconoscendo che “dopo tanti anni di sofferenze” il Congo “ha bisogno di impegnarsi in modo risoluto sulla via della riconciliazione nazionale”, il Papa ha affermato che “uno dei mezzi migliori per realizzare ciò è promuovere l’educazione delle giovani generazioni”.

“Lo spirito di riconciliazione e di pace, nato nella famiglia, si afferma e si estende alla scuola e all’università”.

Anche se i congolesi desiderano una buona educazione per i propri figli, ha ammesso, “il peso del finanziamento diretto da parte delle famiglie è grande e addirittura insostenibile per molti”.

Il Pontefice si è detto “certo che si potrà trovare una giusta soluzione” e ha aggiunto che “aiutando economicamente i genitori e assicurando il finanziamento regolare degli educatori, lo Stato farà un investimento proficuo per tutti”.

“È fondamentale che i bambini e i giovani vengano educati con pazienza e tenacia, soprattutto quelli che sono stati privati dell’istruzione e addestrati a uccidere”.

“È opportuno non solo inculcare in loro un sapere che li sosterrà nella futura vita adulta e professionale, ma anche dare loro basi morali e spirituali che li aiuteranno a respingere la tentazione della violenza e del risentimento per scegliere ciò che è giusto e vero”.

“Attraverso le sue strutture educative e secondo le sue possibilità, la Chiesa può aiutare e completare quelle dello Stato”.

Ricostruzione

Il Papa ha riconosciuto che la presenza del diplomatico a capo dell’ambasciata, “dopo lunghi anni di sede vacante”, mostra “il desiderio del Capo di Stato e di Governo di rafforzare le relazioni con la Santa Sede”.

Osservando che questa decisione “si situa nell’anno del cinquantesimo anniversario dell’indipendenza della sua patria”, ha auspicato che questo giubileo possa “permettere alla Nazione di ripartire su nuove basi”.

Il Congo, ha infatti riconosciuto, ha vissuto in questi anni “momenti particolarmente difficili e tragici”: “la violenza si è abbattuta, cieca e spietata, su una larga frangia della popolazione, piegandola sotto il suo giogo brutale e insostenibile e seminando rovine e morti”.

“Penso in particolare alle donne, ai giovani e ai bambini, la cui dignità è stata schernita a oltranza attraverso la violazione dei loro diritti”, ha spiegato, aggiungendo di voler assicurare loro “sollecitudine” e “preghiera”.

La Chiesa cattolica, “ferita in molti suoi membri e nelle sue strutture”, “desidera favorire la guarigione interiore e la fraternità”, contribuendo “attraverso l’insieme delle strutture di cui dispone grazie alla sua tradizione spirituale, educativa e sanitaria”.

“Sarebbe ora opportuno impiegare tutti i mezzi politici e umani per porre fine alla sofferenza. Sarebbe altresì opportuno riparare e rendere giustizia, come invitano a fare le parole giustizia e pace scritte nel motto nazionale”, ha dichiarato.

A questo proposito, ha sottolineato l’importanza di ricostruire “poco a poco il tessuto sociale così gravemente leso, incoraggiando la prima società naturale, che è la famiglia, e consolidando i rapporti interpersonali tra congolesi fondati su un’educazione integrale, fonte di pace e di giustizia”.

Allo stesso modo, ha invitato le autorità pubbliche “a non tralasciare nulla per porre fine alla situazione di guerra che, purtroppo, ancora persiste in alcune province del Paese, e a dedicarsi alla ricostruzione umana e sociale della nazione nel rispetto dei diritti umani fondamentali”.

“La pace non significa solo assenza totale di conflitti, ma è anche un compito che impegna i cittadini e lo Stato”, che non può realizzarsi se non “attraverso una risposta umana in armonia con il disegno divino”.

Nel suo saluto al Pontefice, il nuovo ambasciatore ha ricordato che circa la metà dei 60 milioni di abitanti del Congo è cattolica, “per cui si può affermare che la comunità cattolica più importante in Africa si trova nella Repubblica Democratica del Congo”.

“Per questo il Governo del mio Paese, il suo popolo e anche i suoi dirigenti continuano a contare sul sostegno e sulla cooperazione della Santa Sede per perpetuare le conquiste dell’opera dei missionari cattolici nel processo di civilizzazione e di evangelizzazione dei popoli d’Africa, e specialmente della Repubblica Democratica del Congo”, ha aggiunto, come riporta “L’Osservatore Romano”.

Il Congo, ha sottolineato, “intende partecipare al concerto delle Nazioni sulla base dei principi fondamentali derivanti dalla Carta delle Nazioni Unite e dall’Atto costitutivo dell’Unione Africana”, quali “il buon vicinato, l’apertura al mondo senza esclusioni, la cooperazione internazionale, sotto-regionale o regionale reciprocamente vantaggiosa, la risoluzione pacifica delle controversie, la coesistenza pacifica fra le diverse nazioni, il rispetto delle frontiere ereditate dalla colonizzazione”.

“La Repubblica Democratica del Congo conta di applicare senza esitazione questi principi al fine di garantire la pace nella sottoregione dei Grandi Laghi”, ha concluso. “Una volta restaurata la pace, si può ora pensare allo sviluppo”.

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ZENIT Staff

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