Card. Bagnasco: riscoprire l’alfabeto dell’umano nell'era digitale

Il Presidente della CEI interviene al convegno “Testimoni digitali”

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ROMA, venerdì, 23 aprile 2010 (ZENIT.org).- “La Rete rappresenta per noi gli ‘estremi confini della terra’ che il Signore Gesù domanda di abitare in nome della nostra responsabilità per il Vangelo”. E’ quanto affermato dal Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana intervenendo questo venerdì al convegno “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale” in corso fino a sabato a Roma.

“L’impegno della comprensione e della progettazione della presenza della Chiesa nel mondo dei media digitali – ha aggiunto Bagnasco –   è un ambito pastorale vasto e delicato” che richiede di soffermarsi sull’azione della Chiesa nell’attuale contesto per individuare forme attestabili di fedeltà al Vangelo oggi”. Infatti, l’opera di evangelizzazione “non è mai, come afferma Benedetto XVI, un semplice adattarsi alle culture, ma è sempre anche una purificazione, una taglio coraggioso che diviene maturazione e risanamento”. 

Quali le strade possibili “di un’anima cristiana per il mondo digitale”?  “Anche noi oggi – ha affermato Bagnasco -, come i primi discepoli, siamo mandati da Gesù per continuare la sua missione in obbedienza al suo stile”. Questo significa “un’ attenzione non solo per i contenuti dell’annuncio evangelico, ma anche per la forma”.

L’annuncio di Gesù, infatti, non è solo “un ‘discorso’. Include, nel medesimo tempo, il suo stesso agire” e “parola e segno sono indivisibili”. La predicazione cristiana, quindi, “non proclama ‘parole’ ma la Parola, e l’annuncio coincide con la persona stessa di Cristo”.  

Tra i molti tratti con i quali Gesù ha abitato la storia degli uomini, occorre “far riferimento all’itineranza”. “Egli – ha sottolineato Bagnasco – non ha semplicemente accolto coloro che accorrevano a lui, ma lui stesso è andato là dove la gente viveva la propria quotidianità”. Questo  perché “l’’itineranza di Gesù rende Dio vicino così che nessuno si senta dimenticato o abbandonato dal Padre”.

Lo stesso viene chiesto agli animatori della comunicazione e della cultura nella grande Rete digitale: “continuare a far sì che nessuno si senta privato della vicinanza di Dio e della sua consolazione”.

“L’urgenza e la qualità del vostro impegno – ha affermato Bagnasco rivolto agli operatori della comunicazione e della cultura – è quello di dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della Rete” .

Ciò significa “restituire densità alle relazioni leggere della Rete” riuscendo ad uscire “dalla mera logica dell’accesso per entrare nella dinamica del dialogo”, categoria che “non esaurisce la propria pregnanza semantica nel rapporto fra un io e un tu, ma esprime qualcosa che trascende entrambi gli interlocutori”. 

“Essere testimoni digitali – ha aggiunto il Presidente della Cei – domanda di saper offrire qualcosa a quella parola che sta in mezzo, dia – logo, e che, proprio perché ci trascende, è senso della nostra vita”.

La sfida, per la comunità cristiana è di “riuscire a sfuggire al consenso acritico a favore di un dialogo costante” e di usare i social media “come prefigurazione di uno stile di maggiore condivisione”.

Su questo si innesta la riflessione sull’impegno educativo “un compito da affrontare con intelligenza e fiducia, senza assolutismi ingenui e acritici o demonizzazioni apocalittiche”. Facendo esperienza della Rete, secondo Bagnasco, si potrà, “come educatori, cogliere le potenzialità dei vari contesti e avviare una prospettiva capace di integrare le differenti modalità di relazione con i media digitali” tenendo presente che “l’autentico sviluppo dell’uomo riguarda unitariamente la totalità della persona in ogni sua dimensione”.

Dal punto di vista etico, va richiamata l’attenzione su un problema: “nella Rete si assiste ad una migrazione semantica dalla categoria di appartenenza a quella del consenso, al punto che temi delicati e decisivi, che coinvolgono le decisioni delle personali libertà, vengono tralasciati per non rischiare di infrangere l’irenica armonia digitale, alimentando così i rapporti con parole banali”.

Occorre invece, ha detto, “essere presenti nel mondo digitale nella costante fedeltà al messaggio evangelico, per esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità”. E’ questo il tempo “di riscoprire l’alfabeto dell’umano, poiché le grandi categorie – come la persona, la vita e la morte, la famiglia e l’amore – rischiano di diventare evanescenti e distorte nei loro significati” per effetto di “un individualismo dominante ed esasperato”.

“Come ricordava il Concilio Vaticano II – ha affermato il Cardinale – incontrare Cristo, l’uomo perfetto, e accoglierlo nella propria vita, introduce nella umanità vera e piena a cui tutti sono chiamati”.

“Sale di sapienza e lievito di crescita”: a questo sono chiamati ad essere gli animatori della cultura che in concreto significa “non essere conformisti e non cercare inutili quanto sterili forme di consenso consolatorio” ed essere “soggetti attivi, terminali di connessioni, attivatori di partecipazione gratuita e responsabile”.

“La Rete – ha concluso Bagnasco – non è fatta di confini, ma di ponti”. Allo stesso modo “ la comunità non può e non deve essere quella delle identità escludenti, ma quella dell’amore che include nella verità”.

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ZENIT Staff

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