La sorpresa di una base comune

Gli ambasciatori concordano sull’emergere di un nuovo modello di secolarizzazione

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

di Andrea Kirk Assaf

ROMA, giovedì, 1° aprile 2010 (ZENIT.org).- Negli ultimi duemila anni, la città di Roma è stata un crocevia di dialogo culturale e religioso, spesso sotto il patrocinio della Santa Sede.

E’ l’unica città al mondo a ospitare due ambasciatori per ogni Paese straniero, uno accreditato presso lo Stato italiano e l’altro presso lo Stato della Città del Vaticano, o meglio presso la Santa Sede. Gli ambasciatori presso la Santa Sede hanno un mandato unico – scoprire e sviluppare aree di comunione e collaborazione riguardanti non il commercio, ma l’etica, il servizio e la cultura.

Gli ambasciatori presso la Santa Sede di Egitto, Turchia e Stati Uniti hanno hanno ripreso questo compito all’inizio del mese in una conferenza dedicata a una delle questioni politiche oggi più pressanti e urgenti: il rapporto tra islam, cristianesimo e vita civile.

Ospitati dalla rivista cattolica “30 Giorni”, in collaborazione con le tre ambasciate, i tre diplomatici hanno condiviso le proprie riflessioni in un’aula del Senato italiano, luogo appropriato per una presentazione dal titolo “La sorpresa di una base comune: cristiani e musulmani di fronte ai poteri civili”.

Un docente di Filosofia Politica, Fred Dallmayr, dell’Università di Notre Dame, ha aperto la conferenza con un commento sui due deragliamenti per la fede – la tentazione di ritirarsi dal mondo della privatizzazione e l’assimilazione nel mondo.

La Costituzione degli Stati Uniti cerca di evitare questi due estremi non stabilendo una religione di Stato ufficiale e non imponendo restrizioni alla libertà religiosa. Nessuna religione è quella ufficiale degli Stati Uniti, e quindi tutte devono obbedire alla legge del Paese, ha ricordato il docente. Ogni religione dovrebbe resistere alla tentazione di allontanarsi dalla vita civile, ma deve anche evitare la tentazione di imporsi.

Modellare le forze

L’ambasciatrice Lamia Mekhemar dell’Egitto ha iniziato la discussione osservando che la religione si è rivelata ancora una volta una potente forza modellatrice nella politica, a livello sia nazionale che internazionale, a causa dei vari sviluppi storici che hanno rinnovato il dibattito sul ruolo della religione nella sfera politica e “mettono alla prova il principio del secolarismo”.

La nuova domanda, ha sottolineato, è se il modello di secolarismo adottato da molti Paesi sia ancora valido oggi. L’errata corrispondenza tra secolarismo e ateismo ha portato alcuni credenti a respingere del tutto il concetto, mentre una corretta comprensione del secolarismo permette la libertà di culto in base alla coscienza di ogni individuo, fintanto che la forma di adorazione non intacca negativamente la vita pubblica. Il secolarismo, ha affermato l’ambasciatrice, include il lavoro di tutte le fedi per il bene comune.

Nel contesto dell’Egitto, il diplomatico ha dichiarato che la sfida è come far sopravvivere il modello secolare di governo a una possibile presa di potere da parte di un'”egemonia religiosa rampante”. L’obiettivo, allora, è promuovere un modello secolare che funzioni come piattaforma comune in cui lo scopo collettivo sia l’interesse pubblico. La religione non dovrebbe essere considerata né un “mero bacino di moralità” né una “fonte diretta di legislazione”, ma piuttosto una fonte per e un contributo alla legislazione, come è sempre stato in tutti i sistemi legali.

Per l’ambasciatrice, un nuovo modello di secolarismo dovrebbe soddisfare le aspirazioni dei gruppi religiosi e allo stesso tempo difendere con rigore le libertà fondamentali, i diritti umani e il sistema legale.

Esperienza americana

L’esperienza americana del secolarismo è stata affrontata da Miguel Diaz, ambasciatore statunitense presso la Santa Sede, per il quale la religione è la causa della cultura, non un suo prodotto, e nessuno Stato può permettersi di bypassare l’importanza che ha nella società.

Negli Stati Uniti, il secolarismo non ha provocato una diminuzione della fede, ha sottolineato, né un minor contributo della fede all’ordine sociale. La fede dovrebbe riunire gente di diversa provenienza nel servizio, sia esso la lotta alla malaria in Africa o il sostegno dopo il terremoto ad Haiti. Il radicalismo religioso, tuttavia, ostacola questa cooperazione interreligiosa.

“Non c’è progresso”, ha detto l’ambasciatore citando il discorso del Presidente Barack Obama all’Università Teologica Al Azhar del Cairo, “quando si demonizzano i nemici. […] C’è quando guardiamo negli occhi dell’altro e vediamo il volto di Dio”.

L’ambasciatore turco Kenan Gursoy, docente di Filosofia, si è concentrato sulla necessità di essere consapevoli della propria identità e di ciò in cui si crede. Capire la propria identità religiosa, ha affermato, è possibile solo in una situazione di coesistenza con persone di fedi diverse. Per convivere dobbiamo capire cosa è fondamentale e cosa transitorio, e riconoscere l’esistenza di valori etici universali.

Come musulmani, ha dichiarato, “dobbiamo creare un linguaggio filosofico per spiegare chi siamo e le nostre responsabilità – non in modo astratto, ma con riferimento all’etica universale e agli altri, alla base comune”. Quest’ultima, ha commentato, non significa uguaglianza, ma comunicazione per raggiungere il bene comune.

Alfabetizzazione religiosa

Il professor Scott Appleby del Chicago Council on Global Affairs ha offerto la presentazione finale della conferenza, annunciando la recente pubblicazione di un rapporto dal titolo “Engaging Religious Communities Abroad: A New Imperative for U.S. Foreign Policy” (“Impegnare le comunità religiose all’estero: un nuovo imperativo per la politica estera statunitense”), che ha tradotto la discussione dell’incontro in proposte concrete al Governo degli Stati Uniti su come e perché si dovrebbe dare più voce alla religione nella politica interna e internazionale.

In passato, il Governo USA ha affontato la religione solo perché è legata all’antiterrorismo, ha affermato Appleby, ma questo rapporto chiede un ripensamento della questione: un programma di “alfabetizzazione religiosa” in molte agenzie governative, non solo nel settore dei servizi, per capire e rispondere all’esistenza e al ruolo della religione nel “mondo reale”. La religiosità sta aumentando e cambiando a causa della globalizzazione, ha spiegato Appleby, e i vecchi approcci sono inadeguati.

Richiamando questa posizione, il Cardinale Georges Marie Cottier, teologo emerito della Casa Pontificia, ha riassunto i temi della conferenza, osservando che il vecchio atteggiamento dei circoli politici per cui Dio e la religione non esistono non funziona.

Siamo sulla soglia di una nuova era, ha affermato: le idee o gli approcci passati non servono più perché la società è cambiata a causa della globalizzaizone, e questo ha mostrato una mancanza di solidarietà. Ciò che è cambiato in meglio è la recente riscoperta della fraternità grazie a un riconoscimento degli elementi comuni nelle tradizioni monoteistiche, che sono la trascendenza di Dio e il rapporto privato del singolo con Lui.

La pace tra i popoli, ha concluso il Cardinale, non si può mai raggiungere con mezzi violenti, ma solo con il dialogo e i contributi reciproci.


[Traduzione dall’inglese di Roberta Sciamplicotti]

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione