Card. Scherer: valorizzare la grandezza della vocazione sacerdotale

Chiede preghiere e collaborazione con i presbiteri

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SAN PAOLO, martedì, 16 marzo 2010 (ZENIT.org).- L’Arcivescovo di San Paolo (Brasile), il Cardinale Odilo Scherer, afferma che l’Anno Sacerdotale vissuto dalla Chiesa è un’“opportunità speciale” perché “il sacerdote e la comunità dei fedeli riscoprano la vera identità del sacerdozio, la grandezza della vocazione sacerdotale e l’importanza del servizio dei presbiteri per la vita della Chiesa”.

Senza i sacerdoti, “la Chiesa non vive. La natura stessa della Chiesa cattolica include il ministro ordinato, come presenza sacramentale di Gesù Cristo alla guida e in mezzo alla comunità dei fedeli”, segnala monsignor Scherer in un articolo pubblicato sulla rivista arcidiocesana “O São Paulo”.

La Chiesa, spiega, “è più di una semplice organizzazione umana, visto che è anche opera della grazia di Dio e dell’azione dello Spirito Santo. E’ un mistero umano-divino, e se vogliamo comprenderla correttamente non dobbiamo mai dimenticare né separare questa sua duplice dimensione”.

“E’ sempre in questa realtà umano-divina della Chiesa che dobbiamo comprendere la figura del sacerdote – indica –; pur essendo umano come tutti i suoi fratelli, è stato chiamato da Dio e posto alla guida della comunità dei fedeli per rappresentare Cristo, buon Pastore e Capo del corpo; in nome di Cristo e con il suo potere, serve e santifica il popolo, che non appartiene a lui, ma a Dio”.

“Il sacerdote è al servizio degli uomini nelle cose che sono di Dio. Per questo, diciamo che rappresenta a livello sacramentale Gesù Cristo davanti alla Chiesa e, in nome di Cristo, svolge la sua missione nella Chiesa”.

“Senza questa relazione con Cristo e la Chiesa – prosegue monsignor Scherer –, non si comprende bene la figura del sacerdote e si corre il rischio di vedere in lui un funzionario di cose (‘affari’) religiose, un mago che ‘mette le mani’ in cose sacre o un semplice agente dei servizi sociali”.

L’Arcivescovo di San Paolo ricorda che il presbitero “resta umano e soggetto a tutte le debolezze della condizione umana; per questo, deve valorizzare le sue buone qualità e capacità umane, per porle meglio al servizio del dono divino che ha ricevuto con la vocazione e l’ordinazione sacerdotale”.

“Deve percorrere il cammino di santità e i difetti e le debolezze umane non devono offuscare la grandezza del dono che ha ricevuto, non per merito suo, ma per grazia e bontà di Dio; non per la propria vanità, ma per servire il regno di Dio e per il bene dei fratelli”.

Per questo, “il sacerdote è anche chiamato a esercitarsi nella pratica delle virtù e nell’ascesi, per sottomettere le debolezze umane alla legge della grazia e della santità di Dio. Nell’unione profonda con Dio e nella sintonia costante con la sua volontà troverà la sua forza”.

Monsignor Scherer riconosce che “purtroppo, al giorno d’oggi, l’immagine vera e bella del sacerdozio è spesso offuscata dalla diffusione di notizie sulle debolezze umane dei presbiteri”.

Allo stesso modo, compaiono “falsari, che usurpano le funzioni sacerdotali e ingannano il popolo, sfruttano la fede a livello commerciale e screditano il servizio dei sacerdoti”.

“Tutto ciò fa soffrire i presbiteri, che devono cercare di vivere degnamente il sacerdozio – ha confessato –. Ad ogni modo, sono certo che la Provvidenza di Dio farà sì che questa sofferenza sia purificatrice”.

Lungi dal “distruggere il sacerdozio”, infatti, questa sofferenza “farà sì che torni ad emergere in tutta la sua grandezza e bellezza; così tornerà anche ad attirare giovani ben disposti a consacrarsi interamente al sacerdozio di Cristo nel servizio alla Chiesa e all’umanità”.

Il Cardinale Scherer cita quindi San Giovanni Maria Vianney, proclamato da Benedetto XVI patrono di tutti i sacerdoti, che diceva: “Quando si vuole distruggere la religione, si inizia attaccando il sacerdote”.

“La preghiera per i presbiteri, i diaconi e i seminaristi, insieme al sostegno e alla collaborazione con loro, si tradurranno nella vitalità delle comunità della Chiesa e in abbondanti frutti nella missione ecclesiale”, conclude il porporato.

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ZENIT Staff

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