Card. Scherer: molti cattolici sono stati battezzati, ma non evangelizzati

“L’evangelizzazione ‘generica’ non è sufficiente”, avverte

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di Alexandre Ribeiro

SAN PAOLO, giovedì, 29 ottobre 2009 (ZENIT.org).- “Al giorno d’oggi constatiamo purtroppo che la maggioranza dei cattolici è stata battezzata, ma non evangelizzata”, sostiene il Cardinale Odilo Scherer, Arcivescovo di San Paolo (Brasile).

A suo avviso, “battezzare e poi lasciare il cristiano a un’evangelizzazione ‘generica’ è insufficiente”.

“E’ come seminare un campo e poi abbandonarlo a se stesso; non permette di aspettarsi molti frutti; è anche come piantare un giardino e non curarlo: ci si possono aspettare fiori belli e abbondanti?”, si chiede in un articolo pubblicato sul numero di questa settimana della rivista arcidiocesana “O São Paulo”.

Il Cardinale Scherer ha ricordato che il Battesimo “è una grazia di Dio, e la fede un dono dello Spirito Santo”. “Bisogna imparare a vivere la fede cristiana e questo rappresenta un processo continuo, che si estende a tutte le tappe della vita. Ha bisogno di imparare ad essere cristiano il bambino come la persona adulta o l’anziano”.

“Oggi più che di evangelizzare catecumeni abbiamo bisogno di iniziare a evangelizzare la maggior parte di coloro che sono già battezzati”, riconosce il porporato.

L’iniziazione alla vita cristiana “inizia con l’annuncio kerigmatico, mediante il quale la persona è condotta all’incontro con Gesù Cristo e posta davanti al nucleo centrale della fede cristiana: Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, è il nostro Salvatore. Morto in croce per amor nostro, è risuscitato dai morti e siede alla destra di Dio Padre, da dove sarà nostro giudice”.

“Attraverso di lui otteniamo la redenzione e il perdono dei peccati. Per ogni essere umano in questo mondo, Egli è la via, la verità e la vita. Il kerigma, annunciato e testimoniato con fede, suscita la fede in quanti lo ricevono, per azione dello Spirito Santo”, scrive monsignor Scherer.

In seguito bisogna seguire l’iniziazione alla vita cristiana, “imparando a relazionarsi con Dio nella preghiera cristiana, a conoscere le verità della fede cristiana professate nel Credo e spiegate dalla Chiesa nel Catechismo”.

Allo stesso modo, bisogna imparare “ad ascoltare e ad accogliere la Parola di Dio, con la comunità di fede, la Chiesa. L’iniziazione alla vita cristiana non può smettere di porre il fedele davanti alle implicazioni morali che derivano dalla sequela di Gesù e dall’appartenenza alla Chiesa”.

Secondo il Cardinale Scherer, questa iniziazione “porta anche il fedele a ‘imparare’ l’atteggiamento proprio della vita cristiana, la mistica cristiana”.

“In questo modo, il cristiano è per tutta la vita ‘alla scuola del Vangelo’ e impara a essere fedele a Gesù, seguendolo nel suo cammino; anche alla fine della vita, davanti alla morte, perché c’è anche un atteggiamento cristiano di ammalarsi e di morire…”.

In tutto ciò, segnala il porporato, “è bene tener presente che non si tratta di un apprendimento meramente intellettuale, anche se questo aspetto fa comunque parte del processo, perché la fede ha anche bisogno di essere conosciuta con l’intelligenza. Più che altro, si tratta di un apprendimento esistenziale”.

Il vivere cristiano, prosegue, “si esprime in una relazione filiale e familiare con Dio, nostro Padre. L’iniziazione alla vita cristiana sarà positiva se aiuterà i fedeli a vivere come figli e figlie di Dio”.

Un altro “bel modo di comprendere la vita cristiana” è “l’amicizia” con Cristo, visto che la vita cristiana “è espressione di un rapporto familiare e intimo con Dio e con Gesù Cristo, mediante il dono dello Spirito Santo di Dio”.

“La formazione del cristiano adulto nella fede è la nostra missione e il nostro compito, e quello della Chiesa: chi è già discepolo di Cristo aiuta gli altri a essere discepoli a loro volta”, ha concluso.

[Traduzione dal portoghese di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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