Per un mondo più giusto, serve un “rafforzamento umano” dei poveri

Proposta del rappresentante vaticano all’ONU

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, venerdì, 23 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Nel contesto della crisi attuale, gli accordi commerciali internazionali e le dichiarazioni finanziarie devono assicurare agli Stati uno spazio politico ed economico sufficiente per adempiere alle proprie responsabilità, soprattutto quelle relative allo sviluppo umano dei poveri.

Lo ha affermato questo giovedì a New York l’Arcivescovo Celestino Migliore, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenendo alla 64ª sessione dell’Assemblea Generale dell’organismo sull’item 57, “Sradicamento della povertà e altre questioni relative allo sviluppo”.

“L’implementazione di un sistema economico nazionale e internazionale che serva realmente gli interessi dei poveri richiede che questi siano capaci di difendere e promuovere i loro diritti nel contesto della regola della legge a livello nazionale e internazionale”, ha dichiarato il presule.

Ciò, tuttavia, “non è abbastanza”. Bisogna infatti “promuovere un vero rafforzamento umano dei poveri e fornire, anche in condizioni di crisi economica, un maggiore accesso all’istruzione”, andando al di là dell’educazione di base o della formazione professionale, pure “importanti cause di sviluppo”, per concentrarsi sulla “formazione totale della persona”.

L’aumento della povertà, fulcro della crisi

La questione dello sradicamento della povertà, ha affermato monsignor Migliore, continuerà ad essere presente nelle delibere dell’Assemblea Generale “finché le limitazioni umane e le mutevoli circostanze storiche favoriranno punti deboli, squilibri sociali e ingiustizie”.

Nel momento attuale, “Governi e agenzie intergovernative stanno predicendo la fine della situazione sfavorevole provocata dalla crisi finanziaria del 2008 e l’inizio della ripresa nelle maggiori economie mondiali”.

Ad ogni modo, ha riconosciuto, “anche l’approccio più ottimista ammette che la ripresa sarà molto lenta, e non ci sono garanzie del fatto che non ci saranno ulteriori shock e battute d’arresto, inclusi quelli innescati dall’uso inappropriato di misure adottate per frenare gli effetti della crisi attuale”.

Il vero fattore di crisi, sottolinea, “non è la rottura delle strutture economiche internazionali ampiamente fondate su basi deboli se non fittizie, ma il netto peggioramento della povertà in un mondo già attanagliato da una miseria intollerabile”.

Quanti sostengono l’impatto della crisi, inoltre, vengono menzionati “solo marginalmente” nel discorso pubblico, anche se “il loro numero è salito alle stelle e le opportunità di reintegrarli nella futura crescita economica sono piuttosto scarse, quando non inesistenti”.

In questo contesto, secondo l’Arcivescovo non basta rilanciare l’economia globale e stabilire regole e controlli nuovi “per assicurare un settore finanziario meno incerto e traumatico”, ma bisogna piuttosto “lavorare in vista di un cambiamento qualitativo nella gestione degli affari internazionali”.

Diminuzione degli aiuti allo sviluppo

Il rappresentante della Santa Sede ha quindi ricordato il declino degli aiuti ufficiali allo sviluppo negli anni che hanno preceduto la crisi economica, soprattutto il 2006 e il 2007, sottolineando che questo trend è aumentato nel 2008 e nella prima metà di quest’anno, apparentemente per “il desiderio di utilizzare tutti i fondi disponibili per prevenire un ulteriore collasso finanziario”.

Quest’ultima, tuttavia, è un’argomentazione “infondata”, perché “la cifra necessaria per rispettare gli impegni ufficiali per l’assistenza allo sviluppo è drasticamente inferiore a quella destinata a restaurare il sistema finanziario globale”.

Rimandare la necessaria assistenza allo sviluppo, ha denunciato il presule, non fa altro che ribadire “le radici morali della crisi”, ovvero la “mancanza di solidarietà e di responsabilità per gli effetti a lungo termine delle misure economiche”.

Per monsignor Migliore, solo “un investimento costante e sostenuto in tutti gli uomini e le donne” riuscirà ad assicurare “la minima stabilità politica ed economica necessaria per il bene comune universale”.

Per questo, ha concluso, è necessario “implementare gli impegni politici internazionali senza indugio e senza scuse”, perché si possa arrivare a una soluzione che sia realmente “completa e duratura”.

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ZENIT Staff

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