Etica e spiritualità, indispensabili nella cura del malato

L’Arcivescovo Zimowski a un convegno su medicine tradizionali e complementari

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ROMA, venerdì, 23 ottobre 2009 (ZENIT.org).- La persona malata deve essere considerata nella nella sua integralità: è quanto sottolineato dall’Arcivescovo Zygmunt Zimowski, nella prolusione al Seminario “Etica e spiritualità della Sanità. Medicine tradizionali e complementari. Nuove ricerche e orientamenti”, svoltosi al Palazzo della Cancelleria di Roma, il 20 e il 21 ottobre scorsi.

Nel suo intervento, il Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Operatori Sanitari si è soffermato sulla dimensione spirituale della cura dei malati, sottolineando che “l’etica e la spiritualità costituiscono l’essenza dell’essere umano” e quindi rivelano tutte le loro ricchezze nell’ambito della salute, della sofferenza e della malattia.

L’etica e la spiritualità, ha aggiunto – secondo quanto riferito da Radio Vaticana –, “si presentano molto più come un’esigenza e un’esperienza”, che “un’elaborazione teorica”.

Dati i limiti della medicina ufficiale, ha rilevato mons. Zimowski, è necessario che il personale sanitario guardi alla persona malata “nella sua integralità”. Il servizio ai malati, ha ribadito, “abbraccia tutte le dimensioni della persona umana: fisica, psichica, spirituale e sociale”.

Ecco perché, nei suoi insegnamenti, ha rilevato il presule, la Chiesa fornisce “una base antropologica solida per la riflessione etica e bioetica” e al tempo stesso “riconosce espressamente delle responsabilità etiche agli operatori sanitari”.

La Chiesa, ha proseguito, insegna che il ministero pastorale, “in seno alle strutture sanitarie, non può in alcun caso ridursi all’amministrazione dei Sacramenti ai malati”.

Si tratta piuttosto di “un’azione ecclesiale dove la vita sacramentale dei malati e del personale medico si integra con l’annuncio vigoroso e continuo del Vangelo”.

Ancor più oggi, ha detto richiamando le parole di Giovanni Paolo II, in un mondo in cui “i pericoli possono nascondersi dietro un arsenale di tecniche e dispositivi d’apparecchiature ultramoderne o provenire dalla desolante solitudine dei malati lasciati a se stessi”.

Tuttavia, ha precisato, la salvaguardia della buona salute non è il fine ultimo della vita. Come afferma, infatti, Benedetto XVI nella “Spe Salvi”, “dobbiamo fare di tutto per superare la sofferenza, ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità “, “questo potrebbe realizzarlo solo Dio”.

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ZENIT Staff

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