Collaborazione tra Vaticano e USA nella lotta all'Aids

Promuovono una conferenza per salvare i bambini in Africa

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di Edward Pentin

ROMA, giovedì, 22 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Una conferenza che ha riunito a Roma leader mondiali della lotta all’Aids ha sottolineato l’urgente necessità di aumentare la prevenzione della trasmissione della malattia tra madre e figlio.

L’incontro è anche riuscito a unire la Chiesa e l’Amministrazione Obama in una collaborazione, potenzialmente molto efficace e fruttuosa, per salvare la vita di milioni di bambini.

La conferenza, durata tre giorni, ha visto tra i promotori Caritas Internationalis – una confederazione di 162 organizzazioni umanitarie della Chiesa – e l’ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede. E’ terminata venerdì scorso e ha puntato a migliorare l’accesso alla diagnosi e alla cura per i bambini affetti da Hiv/Aids e con una co-infezione Hiv/tubercolosi.

L’incontro ha riunito i principali esperti di questo settore, tra cui missionari, lavoratori del settore sanitario e il direttore esecutivo di UNAIDS. Hanno partecipato anche rappresentanti di Organizzazioni Non Governative (ONG), il presidente del Piano d’Emergenza per l’Alleviamento dell’Aids (PEPFAR), membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e imprese farmaceutiche.

Ogni anno, circa 370.000 bambini con meno di 15 anni contraggono l’Hiv, la maggior parte di loro attraverso la trasmissione madre/figlio. Circa il 90% delle infezioni avviene in Africa, dove ogni giorno muoiono per questa malattia fino a 800 bambini. I bambini vengono infettati durante la gravidanza, il parto o l’allattamento.

“Il mondo ha abbandonato questi bambini perché, anche se ci sono misure economiche ed efficaci per prevenire la trasmissione dell’Hiv ai concepiti e ai bambini, la maggior parte delle donne che ha contratto il virus dell’Aids non le conosce o non vi ha accesso”, ha spiegato il segretario generale di Caritas Internationalis, Lesley-Anne Knight, nel suo discorso di apertura. “Questa è una tragedia terribile, ma è anche uno scandalo, perché possiamo fare qualcosa a questo proposito”.

La Knight ha aggiunto che non si stanno compiendo sforzi sufficienti per diagnosticare la malattia, né si stanno utilizzando i medicinali adeguati per i bambini affetti dall’Hiv, il 50% dei quali muore prima di aver compiuto 2 anni.

Per questa ragione, Caritas Internationalis ha lanciato all’inizio di quest’anno la campagna HAART for Children. L’iniziativa esorta i produttori di farmaci e di strumenti di diagnosi, i Governi e le istituzioni accademiche e di ricerca a sviluppare e fornire medicine migliori e test per i bambini, che possano essere usati in zone a basso reddito e in aree rurali.

L’ampliamento della copertura fino a renderla universale è stato il punto centrale di molti interventi. “L’infezione da Hiv non è sicuramente solo un problema scientifico, ma una questione molto più complessa, economica e sociale”, ha affermato il dottor Giuseppe Profiti, presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, affiliato al Vaticano. “Si tratta della redistribuzione delle conoscenze, dei mezzi, dei risultati, delle risorse e della scienza in generale (…) per coprire tutto il mondo, se è possibile”.

La medicina della giustizia sociale

Il direttore esecutivo di UNAIDS, Michel Sidibe, ha affermato che l’accesso universale alle medicine e alle risorse è principalmente una questione di giustizia sociale. “Si tratta anche di affrontare le cause alla base della disuguaglianza, costruendo un sistema di consegna che sia meno costoso ma che giunga alla maggior parte di quelle persone che, purtroppo, non hanno voce”, ha spiegato. Citando Martin Luther King, Sidibe ha sottolineato che “quando il mondo si preoccupa sufficientemente, le risorse si possono trovare”.

Tra i metodi efficaci per frenare la trasmissione madre/figlio ci sono test e formazione dei genitori, consigli alle donne affette dall’Hiv per evitare gravidanze non desiderate e prevenzione della trasmissione del virus attraverso medicinali antiretrovirali e abitudini infantili più sicure.

La Chiesa ha una funzione fondamentale per ampliare questa prevenzione, hanno affermato i relatori. La sta già svolgendo su ampia scala con un esercito di volontari che lavorano in questo settore, ed è responsabile di una percentuale che oscilla tra il 30 e il 70% dell’assistenza sanitaria in vari Paesi in via di sviluppo, ha ricordato il dottor Carl Stecker, consulente tecnico per l’Hiv/Aids dei Servizi Cattolici di Assistenza. “E’ una cosa che possiamo fare, in cui possiamo brillare, ed è relativamente poco controversa”, ha detto.

In parte, questo aspetto non controverso è quello che promette una maggiore collaborazione tra la Chiesa e il settore pubblico, anche mentre alcuni Governi favoriscono la distribuzione di preservativi come parte dei loro programmi di prevenzione dell’Aids. “Ci sono molti aspetti in comune”, ha detto monsignor Robert Vitillo, direttore delle attività collegate all’Aids della delegazione Caritas a Ginevra. “Questo però non significa che stiamo in qualche modo facendo marcia indietro nella nostra insistenza di cercare di prevenire grazie a un comportamento responsabile all’interno del matrimonio. Facciamo entrambe le cose”.

L’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Miguel H. Díaz, ha accolto con favore quello che considera un vero potenziale per la collaborazione tra l’Amministrazione Obama e la Chiesa su questo tema, in parte a causa della mancanza di settori in cui queste si sono incontrare.

“E’ un esempio concreto del procedere insieme per concentrarsi sull’assistenza dei bambini, e per questo stiamo puntando alla prevenzione e alla cura dei bambini e delle madri per una causa comune”, ha detto a ZENIT.

“Io ho sostenuto fin dall’inizio che sarò un costruttore di ponti e cercherò per quanto mi sarà possibile di unire le dimensioni positive e quelle aree in cui possiamo collaborare”. Questo, ha aggiunto, ne è un esempio, e anche se ci sono alcuni punti di disaccordo “ci sono ovviamente molte cose che possiamo fare insieme per salvare i bambini”.

Rapporti di collaborazione

Da quando il PEPFAR è stato istituito dal Presidente statunitense George W. Bush nel 2003, i metodi efficaci di prevenzione della trasmissione materno-filiale sono aumentati significativamente in tutto il mondo, ha osservato Deborah Birx, direttrice del Programma Globale del Governo federale. Il Presidente Obama ha destinato oltre 65 miliardi di dollari alla lotta all’Aids, alla tubercolosi e alla malaria in sei anni.

Il dottor Antonio Gerbase, del dipartimento per l’Hiv dell’OMS, ha rivelato che la priorità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per il 2010 e il 2011 sarà la cura di donne e bambini e la prevenzione della trasmissione dell’Hiv/Aids da madre a figlio. “Insieme alla Chiesa cattolica e ad altri collaboratori, vorremmo progredire in questo campo, perché arriva a popolazioni che spesso sono difficili da raggiungere”, ha osservato. “Per noi è una collaborazione molto proficua”.

Ad ogni modo, resta ancora una lunga strada da percorrere, e gli oratori che lavorano in questo ambito hanno offerto esempi concreti di come potrebbe aumentare la collaborazione. Suor Maria Theresia Honemann, infermiera della Congregazione delle Serve Missionarie dello Spirito Santo, ha segnalato che le cure antiretrovirali sono troppo care per i pazienti. “In teoria è una responsabilità del Governo”, ha detto, “ma molto spesso ciò che riceviamo dai Governi è apatia e un rifiuto assoluto anche di riconoscere il problema”.

Suor Isabelle Smyth, delle Mediche Missionarie di Maria, ha detto che le risorse devono essere distribuite educando le madri e i bambini a usare i farmaci antiretrovirali e che è importante l’alimentazione per nutrire i malati di Aids una volta che sono stati curati.

“E’ in questo che
il PEPFAR, Bill Gates e altri che stanno donando denaro devono rendersi conto che è necessario darcelo in modo integrale”, ha constatato.

Concentrandosi sulla prevenzione prima dell’infezione, un altro partecipante ha chiesto una maggiore enfasi sull’educazione, diffondendo i valori cristiani, e di sottolineare che il traffico di esseri umani e le relazioni sessuali con varie persone sono una “causa enorme” della diffusione dell’Hiv.

Rappresentanti delle imprese farmaceutiche GlaxoSmithKline, Abbott Laboratories ed Eli Lilly and Company hanno offerto presentazioni sui loro progressi nella produzione di test e medicinali migliori per l’Aids e su come stiano lavorando gratuitamente o senza fini di lucro per i Paesi poveri. I partecipanti alla conferenza hanno tuttavia sottolineato che troppo spesso i farmaci sono inadeguati per i bambini e non hanno formule e dosi idonee.

Circa soluzioni, aspetti tecnici e cifre, i partecipanti non hanno voluto trascurare l’aspetto umano dei dibattiti. “Nell’analisi finale”, ha detto Lesley-Anne Knight, “non abbiamo a che fare con statistiche globali, ma con vite individuali preziose”.

L’ambasciatore Díaz ha quindi osservato che se il risultato dell’incontro fosse anche la salvezza di una sola vita la collaborazione tra il Governo degli Stati Uniti e la Chiesa in questo campo “avrebbe già fatto la differenza”.

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ZENIT Staff

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