Card. Bagnasco: no alla “lotta di tutti contro tutti”

L’ora di religione islamica non è motivata da scelte

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ROMA, domenica, 18 ottobre 2009 (ZENIT.org).- L’italia ha bisogno in questo momento di “coesione nazionale” e non di una “lotta di tutti contro tutti” o di un “clima di scontro sistematico alimentato ad arte”. E’ quanto ha affermato il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in una intervista al Corriere della Sera.

Secondo il porporato, infatti, “quando la polemica prende il sopravven­to sui problemi reali della gente, come ad esempio l’occupazione o la sanità, la politica smarrisce il suo fine”.

Per Bagnasco, “il rischio viene da lonta­no e certamente il bipolarismo ha enfatizza­to, ma non creato la nostra atavica tendenza a dividerci piuttosto che ad affrontare le que­stioni nodali del Paese”.

L’Arcivescovo di Genova si è quindi detto convinto che questo clima non solo non giova a nessuno ma che anzi è nocivo in un periodo di crisi economica che impone al contrario “misure con­divise e pesi equamente ripartiti se non vo­gliamo sciupare quella risorsa a beneficio di tutti che è la coesione nazionale”.

Per quanto riguarda la vicenda Boffo, Bagnasco ha rivelato che è “vicina” la scelta di un suo successore alla guida di “Avvenire”, mentre sulle ripetute voci circa uno strappo tra la Conferenza Episcopale Italiana e la Segreteria di Stato,ha risposto: “Personalmente non vedo in atto degli scontri nella Chiesa, tantomeno tra la Cei e la Santa Sede”.

“So piuttosto – ha spiegato – che c’è una sorta di divisione dei compiti che corrisponde alla di­versa fisionomia delle due realtà che assolvo­no a compiti asimmetrici, essendo noi solo una espressione locale a differenza dell’altra che ha invece una vocazione universale”.

E a chi parla della fine del “ruinismo” e della Chiesa che parla “a voce alta”, Bagnasco ha replicato che “non esiste una Chiesa dell’era Ruini e og­gi una Chiesa dell’era Bagnasco perché la Chiesa anzitutto appartiene solo a Gesù Cri­sto e, nel caso specifico, la Chiesa che è in Italia intende essere vicina al magistero del Papa, per tradurne le istanze nel nostro con­testo”.

La maggiore preoccupazione per il Cardinale è che in Italia “la Chiesa non è conosciuta realmente per quello che pensa e per quello che fa. Spes­so si va avanti per luoghi comuni, rieditando interpretazioni superate dalla storia”.

“Ad esempio, continuare a presentarci sempre co­me una parte politica e non invece come una istanza religiosa e culturale che ha tutto il di­ritto di entrare nei dibattiti pubblici che han­no a che fare con l’uomo e con la società, è riduttivo”, ha affermato.

“Così come perpetuare pregiudizi di vario genere che tendono a fare una carica­tura delle nostre posizioni piuttosto che cer­care di porsi in dialogo con esse è ugualmen­te riduttivo”.

“Penso che anche oggi, come in ogni epoca storica, la Chiesa sia portatrice di una visione della vita alternativa e spesso in controtendenza che non vuole imporre – ha continuato – : chie­de solo di essere lasciata libera di proporla, nella ferma convinzione di contribuire al be­ne comune”.

Il criterio d’azione della Chiesa è “l’uomo e il suo desti­no” e quando questo criterio “è messo in crisi, la Chiesa, che dell’uomo è amica e alleata, non può ta­cere. Sarebbe peccato di omissione. Essa è in­viata ad annunciare a tutti la grande speran­za che è il Signore Gesù”.

Riguardo invece alla “deriva mediatica” che tende ad alterare le parole del Papa, Bagnasco ha osservato che “si preferisce talvolta una lettura parziale che tende a distorcere il messaggio evangeli­co perché appaia o risuoni come incoerente o anacronistico, e la Chiesa venga dipinta co­me animata solo dalla volontà ‘di alzare mu­ri e scavare fossati’, soprattutto in materia di etica”.

Rispetto poi alla politica dei respingimenti adottata dal governo italiano in materia di immigrazione, il Cardinale ha detto che siamo di fronte a un problema che “non può essere risolto nel chiuso del nostro Paese per­ché si tratta di un fenomeno globale che esi­ge una risposta concertata”.

“Penso che l’Euro­pa non possa rinnegare le sue radici cristiane che ne hanno fatto storicamente una terra di passaggio e di progressiva integrazione, at­traverso una politica che sappia rigorosa­mente tenere insieme il principio dell’acco­glienza e quello della legalità”, ha sottolineato.

“La storia è lì per ricordarci, casomai la memoria fosse sva­nita, che anche in epoche molto più statiche e lontane il mondo è sempre stato attraversa­to dalle persone e dalle merci – ha proseguito –. Perché pro­prio quando il mondo si è fatto ancora più piccolo dovremmo bloccare questo processo di sempre?”.

Circa invece la proposta del Viceministro Adolfo Urso di introdurre l’insegnamento facoltativo dell’Islam nelle scuole, il Cardinale ha osservato che in questo caso non si è di fronte alla “ragionevole e riconosciuta motivazione” che giustifica l’ora di religione cattolica “in base all’articolo 9 del Concordato, in quanto essa è parte integran­te della nostra storia e della nostra cultura”.

“La conoscenza del fatto religioso cattolico – ha commentato – è condizione indispensabile per la comprensione della nostra cultura e per una convivenza più consapevole e responsabile. Non si configura, quindi, come una catechesi confessionale, ma come una disciplina culturale nel quadro delle finalità della scuola”.

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ZENIT Staff

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