di Robert Moynihan*
WASHINGTON, D.C., venerdì, 16 ottobre 2009 (ZENIT.org).- La questione delle sementi geneticamente modificate non è in sé una questione religiosa – sicuramente non è una questione di fede.
E’ tuttavia quasi un argomento religioso perché si intreccia con questioni di giustizia fondamentale – e di fondamentale senso comune – che rivestono un’importanza decisiva per i cattolici, così come per tutti gli uomini di buona volontà.
E’ per questo che il documento preparatorio del Sinodo per l’Africa, in svolgimento a Roma, parla tra molte altre questioni anche delle sementi geneticamente modificate, ed è per questo che negli ultimi anni il Vaticano stesso ha studiato da vicino – con molta cautela – la questione relativa agli OGM.
Una volta ho viaggiato per due mesi nell’Africa occidentale, da Algeri ad Abidjan.
L’Africa, per me, è un luogo vivace, un luogo di vita – anche nell’aridità del Sahara. Sto quindi dalla parte di coloro che auspicano che la vita in Africa sia vissuta in modo più abbondante, che cessino le guerre tribali e il continente trovi la propria strada per il futuro.
Quando ero in Africa, ho incontrato un bambino, forse di tre anni, con un taglio su un tallone. Raccoglieva gli avanzi di una carota che stavo raschiando perché era sporca e non avevo acqua per lavarla, e se li metteva subito in bocca. Il suo taglio non era fasciato. La ferita era piena di sporco e dai lati usciva un po’ di pus bianco.
Abbiamo trovato dell’acqua e ho lavato la ferita. Lo sporco e il pus se ne sono andati, e ho coperto il taglio con un cerotto che avevo con me. La ferita si è rimarginata.
A volte le cose essenziali sono molto semplici: un cerotto o tubi per l’acqua. O forse sementi migliorate.
Ma gli OGM sono davvero migliori?
Pro e contro
“In un continente, alcune parti del quale vivono in situazioni di conflitto e di morte, la Chiesa deve spargere semi di vita: iniziative che generano vita”, ha affermato il Cardinale Peter Turkson aprendo la seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.
Chiunque, credo, sarebbe d’accordo sul fatto che produrre migliori raccolti sarebbe una cosa positiva, ma molti Vescovi africani temono che gli OGM possano rendere gli agricoltori africani economicamente dipendenti dalle compagnie multinazionali che producono i nuovi semi.</p>
Temono anche che queste nuove sementi, destinate a resistere a certe malattie, possano non essere buone come si promette, visto che nascono altre malattie che attaccano le piante e che gli effetti a lungo termine delle piante modificate sulla salute umana restano ignote.
Con alcune di queste sementi c’è un problema fondamentale: sono sterili.
Ciò vuol dire che la pianta cresce, il frutto viene prodotto – sia esso grano o riso o soia –, ma il grano, il riso o la soia non sono fertili, per cui il seme non può essere messo da parte e utilizzato per il raccolto dell’anno successivo, perché non crescerà.
Le nuove sementi devono essere acquistate dalle compagnie produttrici ogni anno.
Molti dei Vescovi africani ritengono che questo sia un problema.
E non hanno tutti i torti, è un problema. Per migliaia di anni, gli agricoltori hanno messo da parte i semi per la semina successiva, ma questo ciclo sarebbe interrotto dalle nuove tecnologie.
L’agricoltore perderebbe la capacità di essere autosufficiente, anche se solo a livello di sussistenza, e diventerebbe del tutto dipendente dalla compagnia che vende le sementi.
L’Instrumentum laboris del Sinodo dei Vescovi afferma: “La campagna di semina di organismi geneticamente modificati (OGM), che pretende di assicurare la sicurezza alimentare, non deve far ignorare i veri problemi degli agricoltori: la mancanza di terra arabile, di acqua ed energia, di accesso al credito, di formazione agricola, di mercati locali, infrastrutture stradali, ecc. Questa tecnica rischia di rovinare i piccoli coltivatori e di sopprimere le loro semine tradizionali rendendoli dipendenti dalle società produttrici di OGM. […] I Padri sinodali possono restare insensibili a questi problemi che pesano sulle spalle dei contadini?”.
Fame
Ad ogni modo, proprio mentre i Vescovi africani esprimono le loro preoccupazioni su queste nuove sementi, alcuni officiali vaticani suggeriscono che i semi possono essere un buon modo per migliorare i prodotti delle fattorie africane, aiutando ad evitare la fame in futuro.
Migliorare l’agricoltura è la chiave per il miglioramento della vita degli africani, e per raggiungere questo obiettivo devono essere presi in considerazione tutti i mezzi, inclusi gli OGM, hanno detto gli oratori a un simposio svoltosi a Roma il 24 settembre sul tema “Per una Rivoluzione verde in Africa”.
Agricoltori del Sudafrica e del Burkina Faso hanno testimoniato i miglioramenti nelle coltivazioni e nella loro vita da quando hanno introdotto gli organismi geneticamente modificati.
L’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, ex segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (è stato appena nominato Vescovo della Diocesi di Trieste e quindi non è più un officiale vaticano), ha detto che il sottosviluppo e la fame in Africa sono in gran parte causati “dall’arretratezza e inadeguatezza delle tecniche agricole utilizzate”, e che devono essere rese disponibili le nuove tecnologie che possono “stimolare e sostenere gli agricoltori africani”, incluse “sementi opportunamente migliorate tramite tecniche che intervengono sul loro patrimonio genetico”.
Una valida spiegazione è stata fornita da padre Gonzalo Miranda, docente di Bioetica presso l’Ateneo Pontificia “Regina Apostolorum” di Roma, che ha promosso il simposio. Il sacerdote ha affermato a sostegno delle nuove biotecnologie che “se i dati mostrano che la biotecnologia può offrire grandi vantaggi per lo sviluppo dell’Africa, è un dovere morale permettere a questi Paesi di fare le proprie sperimentazioni”.
La frase chiave però è “se i dati mostrano”.
E’ qui che risiede il vero problema. Perché i dati non sono ancora chiari.
In effetti, ci sono molti dati che suggeriscono l’esistenza di problemi con le nuove sementi: possono richiedere più acqua dei vecchi semi; costano di più di quelli vecchi, portando il piccolo agricoltore a indebitarsi; molti sono sterili, il che significa che ogni anno devono essere comprati nuovi semi.
Questi aspetti negativi sono stati notati in un articolo del 1° maggio 2009 apparso su “L’Osservatore Romano” e a firma di Francesco M. Valiante, che scrive regolarmente per il quotidiano vaticano, e sono stati sottolineati dall’Arcivescovo del Camerun George Nkuo in un’interessante intervista concessa al giornalista americano John Allen, Jr. pubblicata il 20 maggio scorso.
Nkuo ha partecipato a una “settimana di studio” svoltasi dal 15 al 19 maggio a Roma e promossa dalla Pontificia Accademia delle Scienze per studiare tutto il problema degli OGM. Era l’unico Vescovo africano, e uno dei pochi partecipanti a non essere uno scienziato.
Insicurezza
“Se questa tecnologia rende davvero una pianta più produttiva, se è accessibile ai poveri e non ci sono pericoli evidenti per la salute o l’ambiente, credo che non ci sia niente di sbagliato”, ha detto l’Arcivescovo dopo l’incontro.
Il presule ha comunque aggiunto di non sapere se tutto questo – maggiore produttività, accessibilità ai poveri, assenza di effetti collaterali – sia proprio vero.
“Non lo so”, ha ammesso. “Il mio problema è questo. Non capisco come la scienza possa essere così confusa. Pensavo che ci dovessero essere prove oggettive, ma la scienza sembra essere in conflitto. Penso che la divergenza di opinioni sia strabiliante”.
“I favorevoli agli OGM dicono che queste piante non creano danni all’ambiente e non minacciano la salute
. Gli anti-OGM dicono che sono pericolose e ci sono problemi di sicurezza. Cosa devo credere?”.
Se la situazione è questa, se un Arcivescovo che ha trascorso una settimana a un recente incontro sugli OGM a Roma non sa ancora in cosa credere, allora la cosa più prudente è evitare i giudizi finché i fatti non saranno chiari.
Per questo, sembra che per il Sinodo dei Vescovi per l’Africa sia prudente e sensibile affermare nel documento finale che la salute e la vita delle popolazioni del continente è la cosa più importante, e che per migliorare la loro vita verranno abbracciati tutti i mezzi – a patto che i dati mostrino che c’è un vero miglioramento, e non un vicolo cieco.
Sulle sementi geneticamente modificate l’Africa non deve prendere decisioni affrettate di cui poi potrebbe pentirsi.
——-
* Robert Moynihan è fondatore ed editore del mensile “Inside the Vatican” e autore del libro “Let God’s Light Shine Forth: the Spiritual Vision of Pope Benedict XVI” (2005, Doubleday). Il suo blog è consultabile all’indirizzo www.insidethevatican.com. Il suo indirizzo è: editor@insidethevatican.com.</p>
[Traduzione dall’inglese di Roberta Sciamplicotti]