Uganda: ricostruzione difficile dopo l'abbandono dei campi per sfollati

La sfida maggiore è modificare i comportamenti

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ROMA, giovedì, 15 ottobre 2009 (ZENIT.org).- La Chiesa in Uganda sta aiutando le persone che lasciano i campi per sfollati in cui hanno vissuto durante la guerra tra forze governative e milizie ribelli a ricostruirsi una vita, ma il compito non è affatto facile.

Padre Paul Okello, della Diocesi di Lira, nel nord del Paese, ha riferito all’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) che la Chiesa incoraggia la riconciliazione e il ripristino di valori come l’integrità, l’onestà e la fedeltà.

“La Chiesa ha esortato ciascuno a capire che le armi non risolvono niente, che nessuno vince se si usa la violenza, che è un circolo vizioso che nessuno può fermare tranne Dio”.

Degenerazione morale

Secondo il presbitero, “la moralità era completamente degenerata” nei campi per sfollati, dove dilagavano prostituzione, infedeltà, abusi sui bambini e abuso di sostanze stupefacenti.

I genitori non solo permettevano, ma incoraggiavano il fatto che i loro figli si prostitussero “come se fosse un modo per guadagnarsi da vivere”, ha denunciato.

La situazione nei campi era così drammatica che la diffusione dell’Hiv/Aids, che nel Paese ha uno dei tassi più bassi dell’Africa, era tre volte superiore rispetto a quella del resto della popolazione.

“Come Chiesa abbiamo promosso la fedeltà nel matrimonio e il giusto ruolo del sesso, parlando a giovani e adulti di astinenza e di un cambiamento totale di comportamento”, ha spiegato padre Okello. “La castità e la verginità: sono questi i valori che promuoviamo”.

Cambiare il comportamento sessuale della popolazione non è tuttavia un compito semplice. “E’ una grande sfida quando si deve dire alle persone qualcosa che è vero ma che per loro non è facile da seguire”, ha riconosciuto.

“E’ una sfida ancor maggiore per la Chiesa predicare a qualcuno sull’orlo della povertà, che ha perso la speranza, che muore di fame, che preferirebbe fare ciò che non è corretto ma riempirsi lo stomaco”.

Le sfide dell’agricoltura

Il sacerdote ha anche ricordato che la gente non ha potuto svolgere attività agricole quando viveva nei campi perché le terre che possedeva erano troppo lontane.

“Le persone si svegliavano al mattino e anziché lavorare si limitavano ad aspettare che arrivasse il cibo”, ha sottolineato.

La Chiesa ha fornito cibo e attrezzi agricoli e ha predisposto molti laboratori per formare le persone, organizzando anche seminari di pace perché la gente potesse capire che “Dio ci ha creati per vivere in armonia e unità”.

Ora gli ugandesi dei campi sono tornati a praticare l’agticoltura, ma il tempo imprevedibile pone nuove sfide.

Gli agricoltori, infatti, non possono più contare sulla stabilità del ciclo che alternava stagione secca e stagione piovosa, necessaria per far crescere il raccolto.

“Attualmente piove 2-3 giorni, o forse 2-3 settimane, poi la pioggia scompare e arriva un sole cocente che brucia i raccolti”, ha lamentato padre Okello. “A volte capita il contrario, all’improvviso arriva una tormenta e c’è acqua ovunque”.

Questa situazione, ha concluso, “ci riporta sempre al punto d’inizio”.

Per aiutare gli agricoltori che hanno perso il raccolto a causa delle piogge, ACS ha donato più di 25.000 euro per l’acquisto di sementi.

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ZENIT Staff

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