di Carmen Elena Villa
CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 14 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Durante la conferenza stampa che ha offerto questo mercoledì la Santa Sede sulla “Relatio post disceptationem” del Sinodo dei Vescovi dell’Africa, vari giornalisti hanno chiesto se nell’aula sinodale è stato discusso il tema dell’aborto.
La domanda è stata posta nel contesto del rapporto dell’Istituto Guttmacher, pubblicato questo martedì, secondo il quale circa 70.000 donne muoiono ogni anno a causa di aborti, 20.000 dei quali realizzati clandestinamente da persone inesperte nei Paesi in cui l’aborto non è permesso.
Di fronte a questa domanda, il Cardinale Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar (Senegal), ha affermato che per i Vescovi l’aborto “non è una pratica da incentivare”.
Anche se l’aborto non è stato il tema più ricorrente – che è stato invece quello della riconciliazione, della pace e dell’evangelizzazione –, ha indicato, i presuli hanno ribadito nell’aula del Sinodo che ogni vita merita di essere rispettata “dall’inizio alla fase finale”.
Gli agenti pastorali in Africa devono cercare di aiutare le donne in gravidanza che si trovano in difficoltà, ha segnalato, avvertendo che “c’è una via d’uscita a una maternità difficile che non è l’aborto”.
“Bisogna che alcuni popoli occidentali si distacchino da questa convinzione, dal fatto di pensare che debba essere la regola del mondo”.
Le politiche contro la vita dal concepimento alla morte naturale, ha aggiunto, “non devono essere imposte a tutti i popoli”.
Aborto, sinonimo di morte
Dal canto suo, l’Arcivescovo di Durban (Sudafrica), Wilfrid Fox Napier, O.F.M., ha messo in discussione il fatto che l’Istituto Guttmacher cerchi con il suo rapporto di legalizzare una pratica in cui i bambini vengono assassinati nel ventre materno, con la scusa di salvare la vita di molte donne.
“Che cos’è la morte?”, si è chiesto. “E’ la fine della vita”. “Noi abbiamo grande difficoltà a capire questa cultura che dice che il diritto alla vita è un diritto supremo” ma che va “contro i più indifesi”.
Conferenza di Pechino e Protocollo di Maputo
Il Cardinale Napier ha criticato alcuni eventi mondiali come il Protocollo di Maputo, che ha iniziato ad essere applicato nel 2005 e che, tra le altre cose, ha incentivato i diritti sessuali e riproduttivi della donna in Africa.
Allo stesso modo, si è riferito alla IV Conferenza sulla donna svoltasi a Pechino nel 1995, che vuole “minare il sistema morale giudaico-cristiano”.
Il porporato ha ricordato che la Chiesa ha adottato una difesa contro le politiche per le quali “la gravidanza è una malattia”.
“Non vogliamo spegnere la salute sessuale, ma il Protocollo di Maputo ha avuto un effetto devastante sulla donna”, ha dichiarato.
Su questo tema, il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha ricordato che il Protocollo di Maputo ha dei vantaggi – come la fine delle mutilazioni genitali femminili –, ma è da considerare un “miscuglio di elementi buoni e di altri assolutamente inaccettabili”.