L’arte, la società e l’Assoluto in Kristof Zanussi

Il regista polacco spiega come il cinema può insegnare a guardare in alto

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di Giovanni Patriarca

KATOWICE (POLONIA), lunedì, 12 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Nella “nostalgia per l’Assoluto” che caratterizza l’uomo contemporaneo, il cinema può insegnare a guardare in alto, spiega Kristof Zanussi, uno dei più famosi registi polacchi.

Zanussi (Varsavia, 1939), fisico e filosofo, nella sua lunga carriera ha dato forma a un tipo di cinema introspettivo e riflessivo imperniato sulle questioni trascendentali, che gli ha permesso di ottenere numerosi premi e riconoscimenti internazionali a partire dagli anni Ottanta.

Dopo aver esordito con “La struttura di cristallo” (1969) è divenuto famoso in tutto il mondo con “Da un paese lontano – Giovanni Paolo II” (1981), “Fratello del nostro Dio” (1996) “La vita come malattia sessualmente trasmessa” (2000) e “Il sole nero” (2007).

Nei paesi centro-europei il passaggio dal comunismo alla democrazia e al libero mercato non è stato indolore. Tale mutamento nella concezione della vita è stato causa di frustrazioni e sentimenti di marginalizzazione. Nelle sue opere appare evidente questo dilemma umano e psicologico che si presenta, in primo luogo, nelle relazioni familiari e interpersonali. A suo parere, come si sta evolvendo una società stretta nel rischio di una mal interpretata libertà?

Kristof Zanussi: I problemi della società e dell’arte polacca sono simili a quelli di tutta l’Europa. Il nostro futuro non è affatto chiaro. C’è una tendenza autodistruttiva nella mentalità occidentale e c’è, allo stesso tempo, la stessa possibilità della fenice di risorgere dalle ceneri. 

Il suo cinema è, senza alcun dubbio, uno straordinario documento sulla storia recente della Polonia che, nel corso degli ultimi anni, ha subito profonde trasformazioni. Che cosa vede nel futuro di questa terra ricca di vitalità e fermento culturale ma anche segnata da forti contrasti sociali?

Kristof Zanussi: Si è  appena concluso a Cracovia un congresso sulla cultura polacca a cui hanno preso parte molti artisti famosi delle varie discipline. La maggior parte si è soffermata sui problemi della cultura nella realtà di mercato. Le conclusioni sono incoraggianti. Si spera che il processo di emancipazione culturale si sviluppi in modo soddisfacente e i contenuti delle opere d’arte mantengano un carattere nazionale. 

La sua produzione artistica si contraddistingue per un approccio intimista che pone costantemente lo spettatore di fronte alle domande fondamentali dell’esistenza. In un contesto globale caratterizzato dall’esasperazione consumistica e da un conformismo senza radici, quale può essere l’apporto del cinema per una riflessione sulla natura stessa dell’uomo?

Kristof Zanussi: Il cinema come linguaggio ha possibilità quasi illimitate. Può esprimere, infatti, i contenuti più sofisticati come l’esperienza mistica. Il problema, in verità, tocca maggiormente lo spettatore: se vuole essere “disturbato” o preferisce un piacere edonista. 

I protagonisti delle sue opere mostrano sovente una profonda inquietudine che non si esaurisce in una mera costruzione psicologica ma è un richiamo alla trascendenza. Può l’arte cinematografica sensibilizzare lo spettatore, indifferente e distratto, a guardare oltre le apparenze e a rivolgere lo sguardo verso l’Alto?

Kristof Zanussi: Sì, senza alcun dubbio ma purtroppo molti non vogliono guardare in alto. La società del benessere soffoca la sensibilità metafisica. Ma nel profondo l’uomo è sempre uguale a se stesso e sente una forte nostalgia per l’Assoluto. 

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ZENIT Staff

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