di Antonio Gaspari
ROMA, giovedì, 17 settembre 2009 (ZENIT.org).- Grandi attori, noti cantanti, medici e scienziati, santoni e guru, la presentarono come un sogno di libertà, una sostanza miracolosa che avrebbe liberato le menti, la chimica che avrebbe “spalancato le porte della percezione”. Si diceva che LSD ti permetteva di entrare nel mondo delle divinità, anzi di essere come Dio.
In milioni ci credettero, e morirono. Quelle sostanze magiche che venivano proposte come liberatrici, invece distruggevano il cervello e la salute. I consumatori diventarono schiavi in marcia verso la morte.
Era la generazione del baby boom, quelli le cui aspirazioni erano di rivoluzionare in meglio il mondo. Invece l’uso delle droghe, lo stravolgimento del senso della vita, la rivoluzione culturale che promosse aborto, divorzio, rifiuto di Dio, ne ha fiaccato la spinta innovativa.
La storia degli hippies e degli psichiatri della rivoluzione culturale degli anni Sessanta è ora raccontata nel libro “Rivoluzione Psichedelica” di Mario Arturo Iannaccone (Sugarco Edizioni, pp. 400, Euro 25,00).
Iannaccone è giornalista e scrittore, autore di diversi saggi e romanzi, collabora con diverse riviste e con le pagine culturali del quotidiano ‘Avvenire’. Tra le sue attività cura anche un corso di scrittura creativa che si svolge a Milano.
Per cercare di comprendere meglio cosa accadde negli anni Sessanta e che cosa c’entrano le droghe con la cultura del Sessantotto, ZENIT lo ha intervistato.
Che tipo di rivoluzione è quella che lei indica come “psichedelica”?
Iannaccone: La locuzione “Rivoluzione psichedelica” era comune negli anni Sessanta. Usandola, si dava ad intendere che la massiccia diffusione di droghe “psichedeliche” (cioè capaci di “rivelare l’interiore”, l’etimologia fu inventata dallo psichiatra britannico Humphrey Osmond) avesse provocato effetti rivoluzionari, in particolare uno slittamento dei paradigmi mentali, religiosi e morali.
Allude ad un periodo rivoluzionario durato vent’anni, il cui apice è stato il Sessantotto. Dal punto di vista culturale, più che politico, è stato effettivamente un periodo rivoluzionario le cui “conquiste” distruttive sono rimaste tra noi.
E chi sono i leader di questa rivoluzione?
Iannaccone: I leader furono molti, ma un ruolo particolare spetta, oltre ad Aldous Huxley, allo psicologo Timothy Leary. I “paradisi artificiali” erano ricercati sin dal Settecento da un’élite artistica ed intellettuale. Si trattò d’un fenomeno circoscritto. Tutto cambiò attorno al 1950 con l’improvvisa disponibilità di droghe a basso prezzo, per un’inedita convergenza di interessi.
Gli psichiatri credevano nelle proprietà curative di queste sostanze mentre gli uomini dei servizi segreti (non ultimi quelli americani) pensavano di rendere malleabili le menti dei nemici “riprogrammandole” con le droghe. S’inaugurarono numerose sperimentazioni in ospedali, università e prigioni coinvolgendo moltissimi giovani.
Si formò così una massa di consumatori interessati allo shock chimico, e un ricco mercato nero. Intellettuali come Aldous Huxley proponevano queste esperienze come istantanee “illuminazioni mistiche” affermando che l’estasi psichedelica potesse sostituire le religioni rivelate, e riportare in auge gli antichi misteri pagani, una spiritualità senza religione.
E quali sono i cambiamenti che ha operato negli anni Settanta e nel mondo odierno?
Iannaccone: È una storia complessa. La cultura del Sessantotto, profondamente edonistica e individualistica (e in questo erede delle controculture degli inizi secolo, Futurismo compreso), passata la sua fase “politica”, una febbre presto guarita, si rivelò per quello che era: il nichilismo puro profetizzato da Nietzsche.
La cultura contemporanea, basata sul consumo, sul diritto incondizionato al piacere, sui “diritti” ad ogni costo, sul rifiuto del passato, della tradizione e degli odiatissimi (e incompresi) “dogmi”, vinse.
Lo shock che le droghe psichedeliche hanno operato, a livelli epidemici, su milioni di menti, trasformando mentalità, è stato, credo, un fattore importante, unitamente ad altri con i quali entrò in risonanza; alludo alla distruzione della tradizione musicale e artistica europea, alla rivoluzione sessuale, alla secolarizzazione e alla crisi religiosa della cristianità.
Nel libro lei sostiene che la cultura e la diffusione delle droghe, in particolare dell’LSD, è strettamente connessa allo stravolgimento antropologico avvenuto nel 1968 e negli anni a seguire. Può spiegarci questo passaggio delle sue argomentazioni?
Iannaccone: La diffusione epidemica delle droghe psichedeliche, anche dopo la loro messa al bando nel 1966, fu celebrata con imponenti riti di massa, che furono modellati secondo cerimonie Buddhiste o Indù come il Kumbha Mela e il Wesak.
I famosi raduni di San Francisco del 1967, e poi Woodstock e Altamont avevano, secondo i loro organizzatori, una valenza magica.
Le date vennero fissate in base a precisi calcoli astrologici. La controcultura giovanile di quegli anni era, perlomeno nelle sue frange più influenti, fortemente radicata nell’immaginario magico e i festival dionisiaci del rock furono modellati su riti tradizionali orientali.
La fusione di falsa tradizione e modernità fu profondamente sovversiva. Propagò un’ondata psichica ed ideologica potentissima che arrivò in Europa (da dove era partita ad inizio secolo) veicolata essenzialmente dalla musica.
Da noi fu riformulata in un linguaggio marxista, di “sinistra”. Negli anni Ottanta questa polarizzazione di “estrema sinistra” si dissolse quasi da un giorno all’altro, ma restarono gli effetti. Èlemire Zolla, un intellettuale sempre informatissimo, descrisse questi processi, queste chimiche culturali, con singolare lucidità.
Passata l’onda rimase l’edonismo, il laicismo, l’antidogmatismo del partito radicale di massa che proclama il “tutto e subito”. Ecco il brodo di coltura della società dello spettacolo che oggi mostra effetti devastanti.
Gli psichedelici hanno “sfondato” la barriera, ma le sostanze che in seguito hanno stabilizzato il godimento di massa sono quelle che appartengono alla famiglia dell’MDMA, la famosa “Ecstasy”, diffusa dagli stessi circuiti culturali che quarant’anni fa promossero l’LSD. Oggi, i raduni di massa sono sostituiti da raduni più circoscritti, i rave party per tacere delle discoteche.
Lo “sballo” è entrato nella normalità, è tenuto ad un livello energetico più basso ma non per questo meno distruttivo. Dioniso, per così dire, si è insediato nelle città. La stessa eroina, uno stupefacente non psichedelico, sostituì l’LSD quando questo divenne più scarso.
Sempre secondo il suo libro, la rivoluzione psichedelica avrebbe veicolato e alimentato la cultura del rifiuto, le manifestazioni contro l’ordine morale e le autorità, le campagne per l’aborto e il divorzio, l’utilizzo delle pillole contraccettive, la pratica diffusa della riduzione delle nascite…. Può illustrarci in che modo e perchè l’utilizzo delle droghe ha generato questo ‘tsunami’ culturale?
Iannaccone: Diciamo che la cultura della droga, dunque del piacere incondizionato, diede l’illusione a molti che le regole morali fossero un “prodotto culturale”, da scartare. Fu un innesco per il relativismo terminale. Timothy Leary ha scritto pagine interessanti sull’effetto delle droghe sui sistemi di valori.
Le droghe psichedeliche gettano in uno stato di alterità totale dove ci si illude di scoprire segreti arcani e si sente la necessità di riformulare la propria visione del mondo. Non accade a tutti, ma a molti sì. Curiosamente, Leary e altri leader libertari si formarono all’interno delle stesse istituzioni che avevano perfezionato l ’ideologia della “pianificazione familiare” (contraccezione, aborto, riduzione delel nascite, depopolamento), come la Kaiser Wilhelm.
L’accettazione delle pratiche abortive è stato un passo successivo. Non c’è causa-effetto, ma una volta accettate le premesse libertarie radicali, comprese quelle del diritto al consumo delle droghe, il resto viene come conseguenza.
Ricordo che il caso che innescò negli Stati Uniti (e poi a catena, in altri paesi occidentali) la discussione sull’aborto fu aperto proprio nel 1969, nel pieno della contestazione.
È il famoso Row vs. Wade che divenne una bandiera dei giovani radicali americani. Quest’onda arrivò in Italia con un decennio di ritardo. La battaglia qui fu ingaggiata dai radicali, i cui riferimenti culturali erano proprio i “liberal” americani, immersi nella cultura antiproibizionista.
Lei sostiene che l’utilizzo delle droghe era indicato come pratica per liberare l’umanità dai condizionamenti, e poi si parlava della scoperta di mondi segreti, della rivelazione dei misteri, della conoscenza di una spiritualità universale. In questo contesto i fautori della rivoluzione psichedelica hanno teorizzato e scritto anche della creazione di una nuova religione che le comprendesse tutte, i cui sacerdoti erano dispensatori delle droghe come strumento di conoscenza. Questa nuova religione universale si oppone decisamente al cristianesimo e alla Chiesa cattolica. Può spiegarci in che modo la rivoluzione psichedelica intendeva rovesciare la religione cattolica e le altre fedi?
Iannaccone: Il legame fra le droghe e la contestazione religiosa fu molto evidente. L’LSD era chiamata “sacramento” o anche “droga deprogrammante”. Si pensava spazzasse via il condizionamento dell’educazione religiosa.
Molti beat, consumatori di psichedelici e anfetamine, negli anni Cinquanta, dopo la loro “deprogrammazione” si scoprirono, a modo loro, buddhisti. Così Kerouac, Ginsberg o Alan Watts, il popolare “maestro zen” che morì alcolizzato. Il movimento New Age, un prodotto di sintesi dell’età psichedelica, riunì sotto ad un’unica sigla pratiche di autorealizzazione contro la Rivelazione cristiana.
San Francisco (ma potremmo parlare di Amsterdam, Londra o Zurigo) divenne il luogo dell’autorealizzazione personale nel quale, con un dècor a volte buddhista a volte induista, si dispensava l’“illuminazione” sulle supreme realtà dell’universo.
Pensi al centro di Esalen, frequentato da tutti i guru psichedelici e del New Age californiano (spesso coincidevano). O a Richard Alpert, lo psicologo promotore dell’LSD, che si trasformò nell’ascoltatissimo guru Baba Ram Dass. Dispensando la droga come “sacramento” si pretendeva d’illuminare la gente protestando l’inutilità del cattolicesimo in particolare.
Nel libro Rivoluzione psichedelica racconto in esteso di un esperimento secondo me illuminante per comprendere il fenomeno. Fu organizzato durante la Pasqua del 1963 in una cappella di Harvard da un gruppo di psicologi. Si voleva dimostrare che la psilocibina (una droga psichedelica) poteva regalare un’estasi religiosa identica a quella vera, conseguita con preghiere e digiuni.
In sintesi, la Rivoluzione psichedelica fu parte di un vasto movimento di ribellione al cristianesimo e soprattutto alla Chiesa cattolica. Lo slogan era quello solito: “Non serviam”.
La cultura e l’utilizzo delle droghe ha fatto e fa ancora milioni di vittime. Lei ha rivelato questo progetto malvagio che invece di liberare ha reso schiavi e ucciso, ma quale cultura e quali azioni secondo lei sarebbero necessarie per spostare l’interesse dei giovani verso verità, giustizia e bellezza?
Iannaccone: Ci vorranno generazioni, temo, per ricostruire quello che è stato distrutto. Una rivoluzione culturale di quest’entità, frutto di calcolo, di ingegneria sociale e di incoscienza non avrebbe avuto la forza devastante che ha avuto senza l’incipiente scristianizzazione. Fra le varie cose da suggerire, ne scelgo una: credo sia importante favorire la rinascita di una grande arte cristiana.
Lei giustamente abbina la giustizia alla bellezza e dunque all’armonia, fattori spirituali non estetici. Lo squallore decorativo di troppe chiese, le canzoncine dal suono pop o rock strimpellate durante i riti sono un varco per il disordine. Credo che l’ordine estetico sia straordinariamente potente per ricomporre l’armonia perduta.
Papa Benedetto XVI, che ha molto a cuore questo aspetto, ha dato un segnale fortissimo in questa direzione. Perché di questo si tratta: nella droga si ricerca disperatamente un’armonia perduta.