La Santa Sede alla 53ª conferenza generale dell'Aiea

Chiesti passi concreti verso il disarmo per rafforzare la non proliferazione

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 20 settembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l’intervento svolto dall’Arcivescovo Marcelo Sánchez Sorondo, capo della delegazione della Santa Sede, alla 53ª conferenza generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica svoltasi a Vienna dal 14 al 18 settembre.

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Signora presidente,
signor direttore generale
e signori partecipanti,

Nella mia veste di cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, è un mio grande onore portare in questa autorevole assise il saluto del Santo Padre Benedetto XVI. Estendo le mie congratulazioni anche a lei, signora presidente, per la sua elezione a presidente della conferenza generale e le assicuro il sostegno della mia delegazione.

Congratulazioni altresì al Regno di Cambogia e alla Repubblica del Rwanda per essere divenuti membri dell’Agenzia. Le mie congratulazioni vanno anche all’ambasciatore Yukiya Amano per la sua elezione a direttore generale dell’Agenzia. Lavoreremo insieme a lei per promuovere l’uso pacifico della tecnologia nucleare.

Nella sua recente enciclica Caritas in veritate, Papa Benedetto XVI ha inteso porre in evidenza gli obiettivi da perseguire e i valori da promuovere e difendere instancabilmente, al fine di realizzare una convivenza umana veramente libera e solidale in grado di promuovere efficacemente un vero sviluppo umano integrale “di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività” (Caritas in veritate, n. 4).

“Il rischio del nostro tempo è che all’interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l’interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano” (Caritas in veritate, n. 9). Tale rischio assume ancora più rilevanza di fronte alle numerose sfide che si stanno manifestando in seno al cosiddetto “rinascimento nucleare”, che sta emergendo a livello mondiale:  penso alle problematiche inerenti il disarmo e la non proliferazione delle armi nucleari, alla crescita della domanda di energia, al terrorismo, al mercato nero di materiale nucleare, che coinvolge anche attori non statali. Sfide che possono essere affrontate seriamente solo coltivando una cultura della pace fondata sul primato del diritto e sul rispetto della vita umana.

In questo ambito, l’Aiea può e deve contribuire a favorire la menzionata “interazione etica delle coscienze e delle intelligenze”, essenziale per rispondere efficacemente alle citate sfide, a promuovere un vero sviluppo umano integrale e a soddisfare in tal modo lo stesso mandato dell’Aiea:  “Sollecitare e accrescere il contributo dell’energia atomica alle cause della pace, della salute e della prosperità in tutto il mondo” (art. ii dello Statuto).

D’altronde, riprendendo le parola di Papa Benedetto XVI, “lo sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli” (Caritas in veritate, n. 17). “La libertà umana è propriamente se stessa, solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale" (Caritas in veritate, n. 70). Di qui, l’urgenza di una formazione alla responsabilità etica nell’uso delle conoscenze scientifiche e tecniche che – anche e soprattutto nel campo nucleare – devono essere sempre applicate con senso di responsabilità e per il bene comune, nel pieno rispetto del diritto internazionale, a favore di un autentico sviluppo, rispettoso dell’ambiente e sempre attento alle popolazioni più svantaggiate.
Anche grazie al Technical Co-operation Programme, l’Aiea può e deve svolgere un importante ruolo nel favorire una più responsabile e appropriata applicazione delle conoscenze nucleari non solo nel campo dell’energia, ma anche nei campi della medicina, dell’agricoltura, dell’idrologia, della sicurezza alimentare, dell’accesso all’acqua potabile. Si tratta di attività che vanno inserite all’interno di un più esteso quadro etico di sviluppo, poiché hanno ripercussioni importanti non solo per le generazioni presenti ma anche per le generazioni future:  i finanziamenti destinati a tali attività vanno visti come investimenti per il futuro dell’umanità.

Signora presidente,
“Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia, che collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che non vivono semplicemente l’uno accanto all’altro” (Caritas in veritate, n. 53).

Ciò chiama in causa la necessità di rinvigorire quell’approccio al multilateralismo permeato dal dialogo e dall’onesta e responsabile cooperazione da parte di tutti i membri della comunità internazionale. Ogni Stato è chiamato a perseguire lo sviluppo e il bene comune dei popoli e non il potere nazionale, sia esso economico o militare; il punto essenziale di riferimento resta, di fatto, la persona umana, con la sua dignità e i suoi diritti fondamentali. Tale approccio deve essere improntato sullo sviluppo e sull’attuazione di un nuovo paradigma di sicurezza collettiva nel quale ogni Paese riconosca i chiari limiti del fare affidamento alle armi nucleari per la propria sicurezza.

Nel difficile crocevia in cui l’umanità si trova, caratterizzato da una sempre più stretta interdipendenza a livello economico, politico, sociale e ambientale, ci si domanda:  l’uso della forza rappresenta una soluzione sostenibile nel tempo? Esso infatti alimenta la diffidenza reciproca e fa riferimento a un distorto senso di priorità che impegna ingenti risorse in maniera poco lungimirante. Vanno respinte le tentazioni di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi. Bisogna ridefinire le priorità e le scale di valori in base alle quali mobilitare le risorse verso obiettivi di sviluppo morale, culturale ed economico, sulla base del fatto che sviluppo, solidarietà e giustizia non sono altro che il vero nome della pace, di una pace duratura nel tempo e nello spazio.

In questa direzione, le attività di sorveglianza e di monitoraggio dell’Aiea vanno intese non come un limite agli interessi legittimi degli Stati, ma come una garanzia per la sicurezza e il bene comune di tutti i popoli. Anche i programmi civili, penso alla questione dell’uso duale, richiedono un efficace monitoraggio internazionale, pur nel rispetto della libertà degli Stati.

Tuttavia, va sottolineato che le minacce alla sicurezza derivano, in profondità, da atteggiamenti e azioni ostili alla natura umana. Dunque è a livello umano che bisogna agire, a livello culturale ed etico:  “Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune. Sono necessarie sia la preparazione professionale sia la coerenza morale” (Caritas in veritate, n. 71). Se, nel breve periodo, vi è anzitutto bisogno di misure tecniche e legali per proteggere materiali e siti nucleari e per prevenire atti di terrorismo nucleare, sul lungo periodo sono invece necessarie misure di prevenzione che possano incidere sulle più profonde radici culturali e sociali dell’attività criminale e del terrorismo. Un ruolo speciale deve essere riservato a codici di condotta per le risorse umane che, nel settore nucleare, devono essere sempre consapevoli dei possibili effetti della loro attività. Ancora una volta, l’attività dell’Aiea in questo campo è preziosa e va rafforzata.

Signora presidente,
La caratteristica predominante che deve pervadere l’opera svolta dall’Aiea nelle tre aree del suo mandato, ossia tecnologia, sicurezza e verifica, dovrebbe essere sempre quella di unire e associare, non di dividere e opporre:  lavorare insieme per l’incolumità e la sicurezza in campo nucleare; lavorare insieme per l’uso di una tecnologia nucleare pacifica e sicura, che rispetti l’ambiente e tenga sempre presente le popolazioni più svantaggiate; lavorare insieme
per il disarmo e la non proliferazione nucleare.

L’odierna crescente espansione di programmi di energia nucleare per uso civile pone nuove potenziali sfide al regime di non proliferazione. Tuttavia, senza passi seri e concreti verso il disarmo, il pilastro della non proliferazione si indebolirà ulteriormente. Il disarmo e la non proliferazione di armi nucleari hanno un grande valore politico perché affermano la supremazia della fiducia rispetto alle armi e della diplomazia sulla forza. Non proliferazione e disarmo delle armi nucleari sono, come più volte affermato dalla Santa Sede, interdependent and mutually reinforcing e la loro attuazione trasparente e responsabile rappresenta uno dei principali strumenti non solo per la lotta al terrorismo nucleare, ma anche per la concreta realizzazione di una cultura della vita e della pace capace di promuovere in maniera efficace lo sviluppo umano integrale dei popoli.

Signora presidente,
La Santa Sede nota con soddisfazione alcuni segnali positivi della volontà di mettere di nuovo il disarmo nucleare al centro del dibattito internazionale su pace e sicurezza. Le varie iniziative prese e le posizioni assunte negli ultimi mesi sono passi incoraggianti che suscitano una rinnovata speranza nel fatto che sia raggiungibile l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari. Ciò lascia ben sperare anche per gli esiti della prossima conferenza di esame del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, dove la comunità internazionale è chiamata a porre in essere passi concreti, trasparenti e convincenti. La Santa Sede si augura che i negoziati sul Trattato per l’eliminazione di materiale fissile comincino al più presto e che vengano intrapresi tutti i passi per facilitare l’entrata in vigore del Trattato sull’interdizione globale degli esperimenti nucleari (Ctbt). È ben noto come la Santa Sede consideri il Ctbt uno strumento importante per raggiungere l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, per non parlare della sua potenziale applicazione in ambito civile e scientifico mediante il suo sistema di monitoraggio internazionale.

Signora presidente,
Il mero benessere materiale non elimina i rischi e i conflitti legati alla povertà e alla miseria culturali e morali degli uomini e delle donne:  “Non è sufficiente progredire solo da un punto di vista economico e tecnologico. Bisogna che lo sviluppo sia anzitutto vero e integrale” (Caritas in veritate, n. 23). Per questo motivo, le politiche nucleari devono essere considerate nella prospettiva dello “sviluppo integrale dell’essere umano” (Dichiarazione sul diritto allo sviluppo del 1986, p. 5), che implica non solo lo sviluppo materiale, ma, soprattutto, quello culturale e morale di ogni persona e di tutti i popoli. Siamo tutti coinvolti in questo progetto ambizioso e indispensabile, sia all’esterno che all’interno del settore nucleare, in campo pubblico così come in quello privato, a livello governativo e non governativo. In tal modo, un impegno comune alla sicurezza e alla pace potrà portare non solo a un’equa distribuzione delle risorse della terra, ma, soprattutto, all’edificazione di un “ordine sociale e internazionale in cui diritti e libertà” di tutte le persone umane possano pienamente realizzarsi (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, art. 28).

In conclusione, signora presidente, vorrei esprimere sincera gratitudine al dottor Mohamed ElBaradei per il suo lavoro instancabile, professionale e imparziale nel dirigere l’Aiea durante questi anni. La Santa Sede è convinta che lo sviluppo sia un altro nome per la pace. Il lavoro del dottor ElBaradei è stato in favore dello sviluppo e della pace. Ammiriamo i suoi sforzi e siamo grati per il suo lavoro.

(©L’Osservatore Romano – 20 settembre 2009)

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ZENIT Staff

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