VITERBO, domenica, 6 settembre 2009 (ZENIT.org).- Nell’incontrarsi questa domenica con le monache di clausura dei dodici monasteri presenti nella diocesi di Viterbo, il Papa ha ricordato loro l’impegno della preghiera come compito essenziale di ogni vita consacrata.
“Voi, monache di vita contemplativa – ha detto il Papa nel breve discorso pronunciato nel Santuario della Madonna della Quercia a Viterbo – , avete la missione nella Chiesa di essere fiaccole che, nel silenzio dei monasteri, ardono di preghiera e di amore a Dio”.
Il santuario, situato a più di due chilometri dal centro cittadino e sorto prima come chiesetta, nella seconda metà del 1400, conserva un’immagine sacra dipinta su una tegola e rimasta per almeno 50 anni attaccata ad una quercia, che ha esercitato nel tempo un enorme fascino e un’attrazione devozionale in numerosi santi e Papi.
Da Cardinale, Joseph Ratzinger – quasi un anno prima era stato chiamato alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede – aveva visitato l’ultima volta il Santuario della Madonna della Quercia il 18 novembre 1982. Qui aveva celerbato la Santa Messa e poi tenuta una conferenza per 150 sacerdoti diocesani nel teatro parrocchiale.
Alcuni fatti straordinari sono legati alla devozione dei fedeli per la Madonna della Quercia, come in occasione della terribile peste del 1467, che cessò improvvisamente, o durante il bombardamento di Viterbo, del gennaio del 1944, quando il paese rimase miracolosamente illeso.
“A voi affido le mie intenzioni, le intenzioni del Pastore di questa Diocesi e le necessità di quanti vivono in questa terra”, ha detto Benedetto XVI rivolgendosi alle monache di clausura.
“A voi affido, in quest’Anno Sacerdotale, soprattutto i sacerdoti, i seminaristi e le vocazioni – ha aggiunto –. Siate con il vostro silenzio orante il loro sostegno ‘a distanza’ ed esercitate verso di loro la vostra maternità spirituale, offrendo al Signore il sacrificio della vostra vita per la loro santificazione e per il bene delle anime”.
Successivamente il Papa ha rivolto un’invocazione a Maria, affidandole le sorti della comunità diocesana di Viterbo, e chiedendole di vigilare sul Successore di Pietro e sulla Chiesa universale e di ottenere “il dono della concordia e della pace per i popoli e per l’intera umanità”.
“Rendi le nostre famiglie cristiane fucine di vita evangelica, arricchite dal dono di molte vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata – ha aggiunto – . Mantieni salda l’unità delle nostre famiglie, oggi tanto minacciata da ogni parte”.
“Volgi il tuo sguardo sugli uomini e le donne del nostro tempo, sui popoli e i loro governanti, sulle nazioni e i continenti – ha poi continuato –; consola chi piange, chi soffre, chi pena per l’umana ingiustizia, sostieni chi vacilla sotto il peso della fatica e guarda al futuro senza speranza”.
“Incoraggia chi lavora per costruire un mondo migliore dove trionfi la giustizia e regni la fraternità, dove cessino l’egoismo e l’odio, e la violenza”, ha detto infine il Santo Padre.
Poco prima di giungere al Santuario della Madonna della Quercia, Benedetto XVI aveva compiuto lungo il tragitto una sosta al Santuario dedicato alla copatrona di Viterbo, Santa Rosa, morta all’età di 18 anni (1233-1251), e la cui tomba divenne subito meta di pellegrinaggi e luogo di guarigioni.
Il 3 settembre è il giorno in cui si ricorda la traslazione della salma di santa Rosa.
Si racconta che dopo averla sognata per ben tre volte, Alessandro IV ordinò che il corpo della ragazza fosse trasferito dalla modesta sepoltura della fossa comune di S. Maria in Poggio nel vicino Monastero delle Clarisse, dove la ragazza aveva tentato di entrare senza successo.
Durante l’ispezione canonica il corpo di Rosa si rivelò incorrotto e perfino le rose con le quali era stata inghirlandata alla sua morte, apparirono fresche e profumate.
Il 4 settembre 1258, il Pontefice in persona, prese parte alla processione della traslazione.
Nella Piazza antistante il Santuario, Benedetto XVI si è incontrato con i “Facchini di Santa Rosa”, vestiti nella tradizionale divisa bianca con fascia rossa alla vita, che hanno mostrato al Papa l’artistica “Macchina di Santa Rosa”, trasportata per le vie della città ogni anno nella sera del 3 settembre.
Da oltre 750 anni i viterbesi ricordano infatti la prima traslazione trasportando una statua della santa, su un baldacchino, che assunse nei secoli dimensioni sempre più colossali. Il modello attuale della “macchina”, progettato quest’anno, si chiama “Fiore del Cielo”.