di Elizabeth Lev*
ROMA, domenica, 6 settembre 2009 (ZENIT.org).- La mia visita negli Stati Uniti nell’agosto di quest’anno è stata caratterizzata dalla morte di Eunice Kennedy Shriver e del senatore Edward Kennedy. Per una bostoniana come me, questi due eventi, che rappresentano la fine della straordinaria generazione Kennedy che ha portato Boston al top della politica, hanno segnato la fine di un’era.
I funerali dei due Kennedy hanno messo inevitabilmente la cultura cattolica al centro dell’interesse dei media. Richard Dawkins, un crociato della rimozione della religione dalla sfera pubblica, si deve essere strappato i capelli guardando l’Arcivescovo Sean O’Malley che incensava la bara del senatore Kennedy su tutti i principali canali televisivi.
Per i cattolici di Boston, queste immagini hanno avuto un significato ancor maggiore.
Dal ghetto cattolico al centro di potere di Washington
Boston è stata costruita sulle colonne granitiche dell’anticattolicesimo. Dall’epoca dei suoi fondatori puritani, i protestanti hanno rappresentato per tre secoli la maggior parte della popolazione della città, fino all’arrivo degli irlandesi – non accolti di buon grado – a metà del XIX secolo.
Gli statuti puritani settecenteschi bandivano tutti i sacerdoti dal territorio e prevedevano la pena di morte nel caso in cui fossero tornati (nel 1690 questa pena fu mitigata e trasformata nel carcere a vita). I cattolici sono stati esclusi da ogni tipo di adorazione pubblica fino al 1780. Ogni 5 novembre, il Guy Fawkes Day, i bostoniani celebravano il “Pope Day” [il Giorno del Papa, ndt] bruciando l’effigie del Papa, facendo processioni in cui il Romano Pontefice e il diavolo camminavano mano nella mano e compiendo atti di vandalismo contro case e uffici cattolici.
Nel 1834 i rivoltosi bruciarono un convento di orsoline a North Boston e nel 1840 venne formato un violento partito politico anticattolico, i “Know Nothings”, come reazione all’immigrazione cattolica negli Stati Uniti. Il partito dilagò nelle elezioni del Massachusetts del 1854, guadagnando sia il governatorato che la legislatura.
Le leggi puritane impedivano ai cattolici di ricoprire ogni tipo di incarico politico e a Boston i cattolici venivano dipinti come automi senza cervello al servizio del Papa straniero.
Tutto questo cambiò decisamente nel 1960. L’elezione di John F. Kennedy, nientemeno che un bostoniano, a Presidente degli Stati Uniti offrì a Boston una catarsi simile a quella dell’elezione di Barack Obama. Lo stigma del bigottismo anticattolico poteva finalmente essere eliminato.
Il compromesso dei Kennedy
Il prezzo per il “salto” di questa famiglia è stato molto alto e da allora i cattolici americani ne hanno pagato gli interessi. John F. Kennedy dichiarò in un’intervista televisiva nel 1960: “Sulle questioni pubbliche non parlo per la mia Chiesa – e la Chiesa non parla per me. Qualunque tema mi si possa presentare come Presidente – controllo delle nascite, divorzio, censura, gioco d’azzardo o qualsiasi altra questione –, prenderò le mie decisioni in conformità a ciò che la mia coscienza mi dice che sia nell’interesse nazionale, senza guardare a pressioni o dettami religiosi esterni”.
Questo avvertimento tristemente famoso permise a JFK di essere eletto Presidente, ma rappresentò il precedente per le argomentazioni di ogni politico cattolico favorevole all’aborto, “Personalmente mi oppongo, ma…”.
Edward Kennedy, il fratello minore di JFK, ha vissuto abbastanza da vedere la via disastrosa che il compromesso dei Kennedy ha comportato. Nel 1971 il senatore scrisse: “Se la profonda preoccupazione di una donna che porta in sé un bambino non desiderato merita considerazione e simpatia, è mia opinione personale che la legalizzazione dell’aborto a richiesta non sia conforme al valore che la nostra civiltà dà alla vita umana”.
“Voluta o non voluta – aggiunse –, credo che la vita umana, anche ai suoi primi stadi, abbia certi diritti che devono essere riconosciuti – il diritto di nascere, il diritto all’amore, il diritto di crescere. Quando la storia guarderà indietro a quest’epoca, dovrebbe poter riconoscere che questa generazione si è presa cura degli esseri umani abbastanza da fermare la pratica della guerra, da fornire una vita degna a ogni famiglia e da rispettare la sua responsabilità nei confronti dei bambini dal momento del loro concepimento”.
In una tragedia morale paragonabile al tremendo assassinio dei suoi fratelli, Ted Kennedy si piegò poi alle pressioni politiche e divenne un deciso sostenitore dell’aborto. La settimana scorsa, nessuno lo ha pianto più forte del NARAL, il principale gruppo di sostegno all’aborto degli Stati Uniti.
Riscatto e riconciliazione
Dall’altro lato Eunice Shriver, la quinta figlia dei Kennedy, ha trovato un modo di usare il magico nome dei Kennedy non radicato negli occultamenti e nel compromesso. Eunice ha riscattato il nome della famiglia e ne ha ripristinato il lustro di speranza e promesse.
Negli anni Cinquanta ha rivolto il suo interesse alle persone mentalmente disagiate, e ha poi fondato le Paraolimpiadi. Sosteneva il diritto alla vita, contestando costantemente i gruppi favorevoli all’aborto perché citavano suo fratello Presidente fuori dal contesto, facendolo sembrare favorevole all’aborto stesso. Come membro del Partito democratico, mantenne una posizione impopolare come democratica pro-life.
Durante una cerimonia in suo onore svoltasi alla biblioteca JFK di Boston il 16 novembre 2007, Eunice attribuì tutto ciò che c’era stato di buono nella presidenza di suo fratello, tutto ciò che aveva realmente aiutato i deboli e quanti non avevano voce a sua sorella Rosemary, dicendo che “più di ogni altri individuo, Rosemary ha fatto la differenza”.
Rosemary Kennedy, morta a 86 anni il 7 gennaio 2005, subì una lobotomia a 23 anni e rimase mentalmente danneggiata. Eunice iniziò il suo lavoro con gli handicappati mentali per la tragedia della sorella e fondò le Paraolimpiadi in suo onore. Il Presidente Kennedy approvò il National Institute of Child Health and Human Development (NICHD) ispirato dalla sorella.
La cascata di immagini di Boston e Hyannisport in questo mese di agosto ha sottolineato le personalità ed eredità diverse dei due fratelli Kennedy.
Tra le centinaia di persone giunte per dire addio a Eunice Shriver, molti erano partecipanti alle Paraolimpiadi che le rendevano onore dicendo quanto le sue iniziative abbiano cambiato innumerevoli vite.
Perfino l’immagine più toccante che ha fatto il giro del mondo, che mostra Carolina Shriver mentre accarezza teneramente la guancia del nonno defunto, ha sottolineato l’eredità d’amore che Eunice ha lasciato dietro di sé.
Il funerale di Ted Kennedy, molto più trasmesso in televisione, ha visto molti cittadini del Massachusetts piangere la fine dell’era in cui Boston è stata un centro politico nevralgico. La copertura televisiva ritraeva anche politici che discutevano sulle questioni sanitarie o su chi succederà a Kennedy al Senato. Memori degli antichi addii romani degli imperatori della dinastia giulio-claudia, alcuni hanno spinto alla deificazione del defunto, mentre altri ne invocavano la “damnatio memoriae”.
A luglio Ted Kennedy aveva mandato una lettera a Papa Benedetto XVI, consegnata dal Presidente Obama. Emerge ora che il Papa ha risposto al senatore morente e che un sacerdote era al suo capezzale quando è morto. Nel suo atto finale, Ted Kennedy non ha promosso la riforma sanitaria, ma si è riconciliato con Cristo e con la sua Chiesa, ricordando a tutti gli spettatori che la Chiesa predica la misericordia e il perdono e aspetta a braccia aperte il ritorno di tutti i suoi figli.
Anche se nella vita Eunice ha avuto spesso bisogno del potente sostegno dei suoi famosi fratelli per realizzare i suoi tanti progetti per la dife
sa della vita, ora lei e la sua amata Rosemary sono senz’altro nella condizione di intercedere per loro dal cielo.
Questo potrebbe essere il legame più potente – e sicuramente il più importante – tra questi famosi fratelli.
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Elizabeth Lev insegna Arte e Architettura Cristiana al campus italiano della Duquesne University e nel programma di studi cattolici dell’Università di St. Thomas. Il suo indirizzo è lizlev@zenit.org
[Traduzione dall’inglese di Roberta Sciamplicotti]