GINEVRA, giovedì, 23 luglio 2009 (ZENIT.org).- La Santa Sede chiede a tutte le Nazioni un deciso impegno per il rispetto del diritto umanitario, sia di fronte alle vittime delle catastrofi naturali o umane che riguardo agli agenti umanitari, perché possano svolgere la loro missione senza impedimenti.

Lo ha dichiarato l'Arcivescovo Silvano M. Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio ONU a Ginevra, durante la riunione del Segmento per gli Affari Umanitari del Consiglio Economico e Sociale, il 20 luglio.

Nel suo intervento, monsignor Tomasi ha sottolineato che, anche se l'anno scorso è diminuito il numero dei rifugiati nel mondo, “oltre 10 milioni di uomini, donne e bambini vivono ancora in campi profughi e 26 milioni continuano a essere internamente sfollati a causa di conflitti passati e recenti, di mancanza di sicurezza e di persecuzione”.

Queste “situazioni insostenibili”, ha affermato, provocano “un incommensurabile dolore fisico, mentale, emotivo e spirituale e portano alla lacerazione del tessuto sociale, e alla distruzione delle famiglie e delle comunità, compromettendo la riconciliazione e minacciando la vita di migliaia di civili innocenti”.

Tali sfide richiedono “una risposta globalizzata efficace e coerente, guidata da direttive politiche come sono la solidarietà e la promozione della dignità di tutti”.

In particolare, la delegazione della Santa Sede ha denunciato “le continue violenze sessuali perpetrate contro donne e ragazze dentro e intorno ai campi profughi”, che “violano ogni principio del diritto internazionale e portano alla devastazione emotiva, fisica e mentale di queste donne, che non può essere giustificata in nessuna circostanza”.

Allo stesso modo, ha richiamato l'attenzione sulla necessità di “raggiungere e assistere i prigionieri di guerra e le altre persone che sperimentano diverse forme di detenzione”.

“I campi e i centri di detenzione devono essere soluzioni temporanee e luoghi in cui l'accesso sia aperto e la dignità delle persone rimanga una priorità”, ha aggiunto.

Esperienza umanitaria

Un'altra questione sulla quale la delegazione vaticana ha voluto richiamare l'attenzione è la necessità di non diminuire gli aiuti umanitari in questo momento di crisi economica, ma anzi di rafforzarli per evitare una destabilizzazione sociale che minacci la pace nel mondo.

“La crisi alimentare ha portato a una diminuzione della distribuzione di cibo nelle aree colpite da carestia, nei campi profughi e nei centri di detenzione; le crisi energetiche hanno aumentato in modo drastico il costo per portare aiuto nei luoghi distanti; e ora, la crisi economica globale rischia di ridurre i finanziamenti alla società pubblica e civile, alle agenzie e alle organizzazioni umanitarie”, ha avvertito.

Nonostante questo, la Santa Sede “constata con piacere che molti Stati continuano ad assumersi con generosità la responsabilità di fornire assistenza, nonostante la crisi economica”.

“Il venire meno della solidarietà e l'incapacità di provvedere alle persone nelle crisi umanitarie in questo tempo difficile porteranno solo a un'instabilità sociale e politica che minerà la società e la sua capacità di riunirsi e di risolvere la crisi economica”, ha sottolineato monsignor Tomasi.

In questo senso, ha voluto offrire al mondo l'esperienza della Santa Sede in questo campo, nel suo impegno di “far fronte ai bisogni di tutte le persone colpite dalle crisi umanitarie e causate dall'uomo, indipendentemente dall'etnia e dal credo religioso”.

“Attraverso le sue numerose istituzioni, continua a essere profondamente coinvolta in una assistenza umanitaria imparziale e non vede l'ora di condividere le sue iniziative migliori e le sue idee con altri partecipanti”.

Gli Stati e l'ONU

Monsignor Tomasi ha spiegato che gli Stati sono gli attori principali al momento di garantire l'assistenza sanitaria e la vita dei civili che si trovano sotto la loro giurisdizione, ma questo non toglie che l'ONU abbia una responsabilità sussidiaria al momento di garantire questi diritti.

“E' imprescindibile che tutte le parti riconoscano la propria responsabilità di proteggere la vita dei civili nelle aree sotto la loro giurisdizione o sotto il loro controllo, e adempiano e rispettino pienamente le norme e i principi del diritto umanitario internazionale, tra cui quelle riguardanti la protezione del personale umanitario e la possibilità di raggiungere senza impedimenti le persone bisognose”, ha affermato.

In questo senso, gli Stati devono “adoperarsi per promuovere e permettere l'accesso a misure atte a salvare la vita, senza usarle per un controllo politico o per ottenere una garanzia politica d'impunità per violazione dei diritti umani”.

“Il bene comune dovrebbe essere il principio guida e il diritto umanitario internazionale dovrebbe essere attuato in ogni circostanza e senza condizione alcuna”.

La comunità internazionale, ha aggiunto, deve “assistere le autorità nazionali nel rispondere alle crisi e, laddove queste non sono in grado di farlo, è chiamata a fornire accesso agli attori regionali e internazionali che operano nelle emergenze e salvano le vite”.

“Naturalmente, nel coordinare questa risposta internazionalizzata, la posizione delle Nazioni Unite conferisce loro un ruolo unico, con responsabilità uniche nel promuovere il coordinamento e la coerenza per un'azione efficace e una gestione responsabile delle risorse disponibili, preservando allo stesso tempo i principi umanitari fondamentali della neutralità, dell'imparzialità e dell'umanità”, ha concluso.