Il G8 della Vita

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, domenica, 12 luglio 2009 (ZENIT.org).- “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura, ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: ‘Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finchè non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro’. Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano” (Mc 6,6-13).

Riflettendo sul Vangelo di oggi, il titolo a cui ho pensato immediatamente è: “Il G8 della Vita”. L’avviso interiore di non “tirare per i capelli” il paragone con il summit dei “Potenti della terra” si è fatto subito sentire, ma tale preoccupazione è ben presto svanita alla luce del contesto e del messaggio di questa Parola del Signore. A dire il vero la prima a mettermi su questa strada “sorvegliata” è stata ieri sera Maria santissima, quando mi ha ripetuto nella preghiera comunitaria dei Vespri: “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili…” ( Lc 1,52 ).

Sono queste Parole eterne che, riguardo al G8 politico di questi giorni, traduco così: è Dio che per-mette i Potenti sui troni e non dobbiamo ritenere che intenda alla lettera rovesciarli, dal momento che Egli si serve di tutti, è presente in tutti ed agisce per mezzo di tutti al fine di compiere nella storia il Suo disegno globale di salvezza.

Ciò che Dio è venuto a rovesciare, per mezzo del suo Figlio unigenito mandato ad occupare l’ultimo posto in mezzo a noi, è la mente superba e perversa del potere. Dio vuole purificare il nostro cuore superbo con l’umiltà sconfinata del Suo amore di Padre, per elevarci in Cristo sul trono divino della sua gloria mediante il concreto servizio all’uomo, come ha scritto in questi giorni un umile Servo del Signore: “La carità nella verità, di cui Gesù Cristo s’è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera. L’amore – “caritas” – è una forza straordinaria, che spinge le persone ad impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace; è una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta” (Benedetto XVI, Enciclica “Caritas in veritate”, n. 1).

La somiglianza del Vangelo di oggi con il G8 politico, non scaturisce solamente dal riferimento ai potenti, ma anche dal fatto storico narrato da Marco nei dettagli. Vediamo infatti che Gesù, dopo aver percorso i villaggi d’intorno, raduna i Dodici in qualche luogo per istruirli sulle formidabili sfide della evangelizzazione, anzitutto informandoli sulla “verità” degli avversari del Vangelo (“..e dava loro il potere sugli spiriti impuri.”); indicando poi quale deve essere in ogni tempo e in ogni luogo l’equipaggiamento/atteggiamento che gli annunciatori dovranno tenere per farsi riconoscere..ai posti di blocco, per neutralizzarli e raggiungere efficacemente i destinatari (“..non prendere nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro..); infine raccomandando di occuparsi dei fratelli più deboli e bisognosi (“..ungevano con olio molti infermi e li guarivano.”), perché solo l’amore rende credibile ed autentica l’annuncio cristiano .

Questa è la missione dei Dodici, un gruppo di umili, impreparati pescatori di Galilea, che una sola parola di Gesù rovesciò dalle loro barche tranquille, il giorno in cui passando li chiamò uno per uno: “Seguimi!” (Mt 9,9).

Li costituì sacerdoti ed apostoli, i primi di una innumerevole schiera di amici di Dio, che Egli rese più potenti di tutti gli altri uomini della terra perché dotati di questi poteri:

– il potere di comandare al Creatore dell’universo di venire e di restare in mezzo a noi, mediante la “transustanziazione” del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue;

– il potere di perdonare i peccati nel suo nome, per liberare l’uomo dalla peggiore e più degradante delle schiavitù, quella del peccato;

– il potere di scacciare satana dal tempio del corpo per farlo dimora perenne della Santissima Trinità;

– il potere di seminare la fede nei cuori risuscitando i cadaveri spirituali con l’abbondanza della vita divina.

Tutti questi poteri, affidati alla sua Chiesa, non saranno mai tolti, come promette il Signore al Capo del primo “summit” apostolico: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa” (Mt 16,18). Sì, perché i frutti missionari del primo “G8 della Vita”, si rinnovano “di generazione in generazione” fino ad oggi, poiché “la missione è l’irradiamento incontenibile dell’energia, dell’autorevolezza, della pienezza vitale promananti dal Vangelo, come lieto annuncio di Gesù, Figlio di Dio venuto a salvarci, morto e risuscitato per noi, principio, norma e giudice della storia umana” (C. M. Martini, Dizionario spirituale, p. 104).

Tale lieto annuncio di Gesù, nucleo centrale della sua missione redentrice, è il dono della vita divina innestata in quella umana: Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Come intendere questa vita? Risponde il “Papa della vita”: “In verità Egli si riferisce a quella vita “nuova” ed “eterna”, che consiste nella comunione con il Padre, a cui ogni uomo è gratuitamente chiamato nel Figlio per opera dello Spirito Santificatore. Ma proprio in tale “vita” acquistano pieno significato tutti gli aspetti e i momenti della vita dell’uomo (Giovanni Paolo II, Enciclica “Evangelium Vitae”, n. 1).

Quest’ultima, sottolineata precisazione, significa anzitutto che la persona umana sussiste, con costante ed inalterabile pienezza di senso e dignità, in virtù del dono della vita, e sussiste perciò, in pienezza e verità di identità umana, già a partire dal concepimento, punto d’inizio del suo ulteriore sviluppo.

Lo fa intendere oggi Paolo con questo annuncio: “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci ad essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà” (Ef 1,4-5).

Essere “scelti” vuol dire essere concepiti nella mente e nel cuore di Dio in vista del dono della vita, per un progetto specialissimo di eterna felicità in Cristo, suo Autore; e, in forza stessa della vita ricevuta, vuol dire essere “predestinati” non solamente a tale beatitudine infinita, ma anche ad annunciare in terra tale universale progetto divino ai fratelli che non lo conoscono: “Il Vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura” (E.V., n. 1).

La vita umana é dono che reca in sè il compito e la forza propulsiva di annunciare a tutti il Vangelo della vita: ecco la missione assegnata ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, ai fedeli laici e a tutti gli uomini di buona volontà.

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato c
armelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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