Vaticano II, che cosa è andato storto?

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ROMA, sabato, 11 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la prefazione di Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), all’edizione italiana di “Vaticano II – Che cosa è andato storto?”.

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La pubblicazione dell’edizione italiana di Vaticano II – Che cosa è andato storto? (Fede & Cultura, Verona 2009) colma una duplice lacuna. Da una parte, mette a disposizione anche dei lettori di lingua italiana uno dei testi fondamentali del dibattito statunitense sul Concilio Ecumenico Vaticano II: un dibattito cui ha partecipato lo stesso cardinale Joseph Ratzinger, e di cui si ritrova l’eco nel magistero di Benedetto XVI. Dall’altra, permette al pubblico italiano di conoscere meglio la figura e l’opera di Ralph McInerny, da molti considerato il maggiore filosofo cattolico vivente, stimato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI ma ancora poco conosciuto nel nostro Paese nonostante gli sforzi del suo amico e collaboratore Fulvio Di Blasi e dell’associazione Thomas International, che ha fatto pubblicare L’analogia in Tommaso d’Aquino (Armando, Roma 1999) e Conoscenza morale implicita (Rubbettino, Soveria Mannelli [Catanzaro] 2006). Il fatto che un autore così conosciuto negli Stati Uniti sia poco tradotto in Italia fa venire qualche cattivo pensiero: che si sia voluta censurare una voce cruciale ma scomoda?

McInerny, in effetti, è uno dei pochi intellettuali cattolici degli Stati Uniti la cui notorietà supera la cerchia degli accademici e si estende, ormai da anni, al grande pubblico. Nato a Minneapolis il 24 febbraio 1929, dopo studi al St. Paul Seminary, McInerny consegue la laurea in filosofia all’Università del Minnesota e il dottorato presso la Pontificia Facoltà di Filosofia dell’Università Laval, a Québec. Dal 1955 ha insegnato filosofia per oltre cinquant’anni all’Università Notre Dame presso South Bend, nell’Indiana, dove tuttora dirige il Centro Jacques Maritain. Il rapporto con quella che rimane la più grande università cattolica del mondo per numero d’iscritti è cruciale per intendere l’attività e la carriera di McInerny, che a Notre Dame – senza nascondere i problemi che la crisi teologica ha portato anche in questo prestigioso ateneo – ha dedicato parecchi dei suoi scritti. Membro della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino e della Commissione del Presidente degli Stati Uniti per le Arti e le Lettere, McInerny è legato all’Italia e a Roma – dove ha soggiornato ripetutamente – da un rapporto che è insieme culturale e affettivo. Da molti anni è considerato il maggiore specialista vivente di San Tommaso. Le sue opere filosofiche sono in parte destinate agli specialisti, in parte agli studenti e al mondo cattolico per cui ha scritto alcune delle più brillanti e vivaci introduzioni alla filosofia in genere e al tomismo in particolare. Il suo itinerario di filosofo culmina, in un certo senso, con l’opera del 2006 Preambula Fidei. Thomism and the God of the Philosophers (Catholic University of America Press, Washington), da un lato un testo molto tecnico, dall’altro – come ha notato in un articolo sull’Osservatore Romano l’attuale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale William Levada (“La società secolarizzata ha bisogno di un’apologetica rinnovata”, 22 giugno 2008) – uno strumento in grado di fondare una “nuova apologetica” in grado di resistere alle rinnovate sfide del secolarismo e del relativismo.

McInerny preferisce certamente essere noto come filosofo. Ma gli è toccato in sorte di diventare uno dei nomi più conosciuti dagli appassionati di gialli e dal pubblico che segue i telefilm polizieschi alla televisione. Il filosofo, in effetti, è anche romanziere e autore di diverse serie di grande successo, tra cui emerge quella – che conta a oggi ventinove volumi – dedicata al sacerdote detective padre Dowling, da cui è stata tratta una fortunata serie televisiva trasmessa anche in Italia. Mentre i telefilm riducono le storie al mero elemento poliziesco, i romanzi della serie di padre Dowling offrono l’occasione a McInerny per riflettere – al di là della trama – sulla crisi della Chiesa Cattolica negli Stati Uniti dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II. Anche l’ultima fatica letteraria del filosofo di Notre Dame, The Wisdom of Father Dowling (Gale Five Star, Waterville [Maine] 2009) – una raccolta di racconti brevi –, mostra come l’intrigo poliziesco sia spesso un pretesto per affrontare temi che vanno dall’eutanasia alla crisi della liturgia.

McInerny non si è mai concepito come un filosofo chiuso nella sua torre d’avorio, che interagisce unicamente con i suoi pari e con qualche fortunato studente. Da molti anni si è posto il problema dell’apologetica, collaborando a riviste come First Things del compianto don Richard John Neuhaus (1936-2009) e lanciando anche una serie di pubblicazioni che ha egli stesso animato, come Catholic Dossier Crisis. Un vasto pubblico, che magari lo conosce anzitutto per i suoi romanzi, ha così trovato in McInerny un solido punto di riferimento apologetico e un difensore della Chiesa e del Magistero.

La crisi della Chiesa Cattolica statunitense e la ribellione di molti teologi contro il Magistero è emersa come la preoccupazione cruciale dell’attività apologetica di McInerny. Questi teologi si sono fatti scudo e bandiera del Concilio Ecumenico Vaticano II, dopo il quale nella Chiesa degli Stati Uniti si è verificata la crisi più grave della sua storia. Ma questa crisi, si chiede McInerny, è post Concilium o propter Concilium? Che cosa è andato storto?

La riflessione di McInerny, come sarà chiaro al lettore, parte dalla Chiesa americana, epicentro di quel “Sessantotto nella Chiesa” che è la contestazione pubblica dell’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI nel 1968. Il filosofo statunitense mostra che questa contestazione – non il Concilio – è la vera data di partenza della crisi post-conciliare, non solo negli Stati Uniti. La questione non riguarda solo, e neppure soprattutto, gli anticoncezionali ma i problemi dell’autorità nella Chiesa e dell’interpretazione del Vaticano II. La tesi di McInerny, secondo cui idocumenti del Concilio sono di per sé suscettibili di un’interpretazione secondo e non contro la Tradizione della Chiesa, mentre sono stati la presentazione del Vaticano II da parte dei “teologi dissidenti” e il loro capzioso appello allo “spirito del Concilio” contro la sua lettera a causare la crisi è presentata in questo testo in un modo semplice e autorevole. Si tratta di una tesi che ha avuto vasta eco nella discussione che si è svolta negli Stati Uniti negli anni 1990 sul Vaticano II e di cui non hanno mancato di tenere conto anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, due Papi che hanno interagito in modo continuo con l’ambiente teologico americano fedele al Magistero (l’ala cattolica dei cosiddetti teocon) e ne hanno seguito con partecipe interesse i dibattiti.

McInerny mostra come a partire dal 1985, con l’intervista Rapporto sulla fede rilasciata dall’allora cardinale Ratzinger al giornalista Vittorio Messori e con il Sinodo Straordinario a vent’anni dal Concilio, il Magistero inizia a prendere in mano la questione dell’interpretazione del Vaticano II e, con voce sempre più ferma, prende posizione contro il “magistero parallelo” dei teologi del dissenso. I primi risultati di quest’azione, negli Stati Uniti (e forse anche altrove), non sono soddisfacenti: i vescovi non possono o non vogliono imporre la loro autorità ai teologi. Ma la battaglia continuava nel 1998, quando McInerny pubblicò la prima edizione americana di questo testo, e continua ancora oggi. Capire che cosa è successo durante i pontificati di Paolo VI e Giovanni Paolo II è essenziale per
tentare di capire che cosa sta avvenendo e potrà avvenire nell’epoca di Benedetto XVI.

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ZENIT Staff

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