CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 5 luglio 2009 (ZENIT.org).- “L’Eucaristia è il sacramento in cui si concentra tutta l’opera della Redenzione”: è quanto ha detto Benedetto XVI nel presiedere sabato i primi Vespri in occasione della riapertura della Cappella Paolina del Palazzo apostolico, il luogo di culto riservato al Papa e alla Famiglia pontificia.
La Cappella Paolina, che contiene gli ultimi capolavori di Michelangelo, dipinti tra il 1542 e il 1550 – La Crocifissione di San Pietro e La Caduta di Saulo – è stata infatti sottoposta a un lungo restauro durato ben cinque anni, e i cui risultati sono stati presentati, nei giorni scorsi, in una conferenza stampa svoltasi nella Sala Regia del Palazzo Apostolico, in Vaticano.
La Cappella Paolina si trova al primo piano del Palazzo Apostolico Vaticano, accanto alla Cappella Sistina e il suo nome si deve al fatto che venne costruita per ordine di Papa Paolo III (1534-1549) dall’architetto Antonio Sangallo il Giovane.
Oltre ai capolavori di Michelangelo, la Cappella contiene altre perle della storia dell’arte che rappresentano alcuni brani degli Atti degli Apostoli, come gli affreschi elaborati da Federico Zuccari (Battesimo del centurione Cornelio) e Lorenzo Sabbatini (Lapidazione di Stefano, Battesimo di San Paolo in casa di Anania, Caduta di Simon Mago).
Durante l’omelia, il Papa ha osservato come sul volto dell’apostolo Paolo, Michelangelo abbia raffigurato “il prodigio della grazia di Cristo, che trasforma e rinnova l’uomo mediante la luce della sua verità e del suo amore”.
Il volto di Saulo, ha continuato, “rappresenta l’essere umano bisognoso di una luce superiore. E’ la luce della grazia divina, indispensabile per acquistare una vista nuova con cui percepire la realtà orientata alla ‘speranza che vi attende nei cieli’”.
“Il volto di Saulo caduto a terra […] esprime la maturità dell’uomo interiormente illuminato da Cristo Signore – ha affermato –. La grazia e la pace di Dio hanno avvolto Saulo, lo hanno conquistato e trasformato interiormente”.
E se da una parte il Saulo di Tarso, rinnovato dalla fede, si fa instancabile testimone della Luce, Pietro, unito a Cristo, fin nel dolore ultimo della crocifissione, diventa icona di tutte le sofferenze e le miserie umane: “la croce di Cristo, Capo della Chiesa” si rinnova nella “croce di Pietro, suo Vicario sulla terra”.
“Ecco, si realizza proprio ora il culmine della sequela – ha sottolineato il Pontefice –: il discepolo non è da più del Maestro, e adesso sperimenta tutta l’amarezza della croce, delle conseguenze del peccato che separa da Dio, tutta l’assurdità della violenza e della menzogna”.
Nella Cappella Paolina – ha osservato ancora Benedetto XVI – Pietro e Paolo sono uno di fronte all’altro, come se il “volto di Pietro sia rivolto al volto di Paolo, il quale, a sua volta, non vede, ma porta in sé la luce di Cristo risorto”.
“E’ come se Pietro, nell’ora della prova suprema, cercasse quella luce che ha donato la vera fede a Paolo – ha commentato –. Ecco allora che in questo senso le due icone possono diventare i due atti di un unico dramma: il dramma del Mistero pasquale: Croce e Risurrezione, morte e vita, peccato e grazia”.
Da questa ideale disposizione – continua il Papa – “emerge il disegno della salvezza, quel disegno che lo stesso Cristo ha realizzato in se stesso portandolo a compimento”.
Un disegno che nel Sacramento dell’Eucaristia trova la sua sintesi più alta, perché “in Gesù Eucaristia possiamo contemplare la trasformazione della morte in vita, della violenza in amore. Nascosta sotto i veli del pane e del vino, riconosciamo con gli occhi della fede la stessa gloria che si manifestò agli Apostoli dopo la Risurrezione”.
Nella Cappella Paolina – ha concluso il Papa – tutto “confluisce in un medesimo unico inno alla vittoria della vita e della grazia sulla morte e sul peccato, in una sinfonia di lode e di amore a Cristo redentore”.