ROMA, giovedì, 19 febbraio 2009 (ZENIT.org).- E’ possibile evitare una lettura sacralizzata e secolarizzata della Sacra Scrittura che riduce la Chiesa ad un gruppo religioso? E’ questa la domanda alla quale cerca di rispondere il nuovo libro di monsignor Lorenzo Leuzzi, direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma, intitolato “La Parola nelle parole. Dal biblicismo al realismo della fede. I discorsi di Benedetto XVI al Sinodo dei Vescovi” e che verrà presentato questo giovedì a Roma.
A pochi mesi dalla conclusione della XII Assemblea generale del sinodo dei Vescovi sul tema “La Parola nella vita e nella missione della Chiesa” (Città del Vaticano, 5-26 ottobre 2008), monsignor Leuzzi ha spiegato a ZENIT di voler offrire “una riflessione sul tema sinodale” indicando nel “superamento del biblicismo la via per scoprire la Parola come fondamento di quella nuova realtà storica che è la Chiesa”.
Solo il realismo della fede, infatti, “permette all’uomo di scoprire nelle parole la Parola, non come testo del passato, ma come luogo dove l’uomo incontra il Risorto”, ed è proprio questo realismo che “la Chiesa è chiamata a introdurre nella cultura contemporanea” per favorire la nascita di “un nuovo umanesimo”.
Nella presentazione del testo, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, il Cardinale Agostino Vallini, Vicario del Papa per la Diocesi di Roma, osserva che “è giunto il momento di portare a compimento le indicazioni del Concilio Vaticano II, che auspicava un largo accesso dei fedeli alla Sacra Scrittura”.
“Per l’uomo immerso nel divenire anonimo della storia, fino ad annullarsi in essa”, risuona come “provocatorio” l’annuncio per cui “l’uomo può incontrare Dio, può essere il suo interlocutore”, ha osservato.
In realtà, tuttavia, “si tratta del vero annuncio che l’uomo attende, perché gli rivela che è possibile ricostruire l’unità con se stesso e con la famiglia umana”.
L’uomo contemporaneo, ricorda il Cardinal Vallini, “ha bisogno della Parola e non delle parole, o meglio di quelle parole che aprono alla Parola, perché possa vivere in pienezza la sua storicità. E’ la Parola, che dimora nella Chiesa, che da essa è creata ed edificata, che ci rende capaci di costruire la civiltà dell’amore”.
Da questo punto di vista, il Sinodo “ha aperto orizzonti pastorali per prendere il largo nel mare del mondo contemporaneo”, sottolineando la necessità di “una promozione pastorale robusta e credibile della conoscenza della Sacra Scrittura, per annunciare, celebrare e vivere la Parola nella comunità cristiana, in modo che il servizio della Parola diventi centrale nella pastorale ordinaria di ogni comunità ecclesiale”.
Il porporato sottolinea quindi l’opportunità del sottotitolo del libro di monsignor Leuzzi, “Dal biblicismo al realismo della fede”.
Lo stesso Benedetto XVI, ha rilevato, ha avvertito più volte del pericolo che l’incontro con la Scrittura rischi di non essere un fatto di Chiesa”, rimanendo esposto “al soggettivismo e all’arbitrarietà”.
Oggi, tuttavia, i tempi sono maturi per ricostruire un'”unità tra esegesi e teologia” che non sia “un’unità di stampo meramente intellettuale riservata ad un’élite del popolo di Dio”, ma risponda “ad un’esigenza dell’evangelizzazione che, servendo la nuova situazione storica dell’uomo, sollecita ogni comunità cristiana a dialogare con le culture del nostro tempo, mettendosi al servizio della verità e non delle ideologie correnti e incrementando il dialogo che Dio vuole avere con tutti gli uomini”.
La riscoperta della centralità della Parola, constata il Cardinal Vallini, “susciterà il desiderio di una nuova familiarità, anche quotidiana, con la Scrittura”, incoraggiando a promuovere con ogni metodo “l’annuncio di questa verità essenziale: Dio continua a parlare all’uomo e nella Chiesa questo dialogo si fa esperienza di luce e di salvezza”.
“Il mondo attende l’annuncio della Parola, e la Chiesa è il luogo in cui è possibile incontrarla. Questa è la vita e la missione della Chiesa!”.
Don Enrico Dal Covolo SDB, tra i presentatori del testo questo giovedì, sostiene che lo “zoccolo duro” del libro riguarda lo statuto dell’esegesi biblica oggi, ricordando come già prima del Sinodo Benedetto XVI, nel suo libro “Gesù di Nazaret”, abbia segnato “una tappa decisiva” nell'”urgente itinerario di ‘unità tra esegesi e teologia’” di cui parla il Cardinal Vallini integrando il metodo storico-critico con alcuni criteri nuovi.
Tra questi, ricorda soprattutto “una fiducia sostanziale nell’attendibilità storica del dato neotestamentario, contro il sospetto metodico; una robusta rivendicazione dell’unità e della continuità tra l’Antico e il Nuovo Testamento; un’ermeneutica più ‘ecclesiale’, docile alla tradizione viva della Chiesa e al magistero dei suoi Padri, considerati come i primi interpreti della Scrittura; una più viva attenzione alla cosiddetta analogia fidei, cioè alle consonanze interne e alle corrispondenze reciproche dei vari dati della fede”.
Questo “metodo nuovo”, osserva Dal Covolo, è “l’esegesi della Chiesa all’inizio del terzo millennio”.
“Non è il ‘biblicismo’, non sono le parole che salvano”, osserva. “Ciò che salva è quell’unica Parola d’Amore che è Gesù Cristo, il Figlio di Dio”.
“Ritorna l’istanza, assolutamente prioritaria, di non anteporre nulla all’Amore di Cristo. Per un nuovo umanesimo è necessario rinnovare l’autentica gerarchia dei valori, all’insegna di un incontro vero con la Parola di salvezza, che si nasconde e si svela nelle parole”.