CITTA' DEL MESSICO, mercoledì, 28 gennaio 2009 (ZENIT.org).- L'Incontro Mondiale delle Famiglie, celebrato dal 13 al 18 gennaio a Città del Messico, inizia ora, perché la società deve poter vivere le sue proposte, osserva il Superiore Generale della Congregazione religiosa dei Legionari di Cristo e del Movimento apostolico Regnum Christi.

In questa intervista, padre Álvaro Corcuera L.C., uno degli oratori del vertice ecclesiale – al quale Benedetto XVI si è unito attraverso le nuove tecnologie e a cui hanno partecipato 30 Cardinali e 200 Vescovi, così come decine di migliaia di persone di quasi 100 Paesi –, compie un bilancio delle conclusioni dell'Incontro.

Come agisce Dio in occasioni come l'Incontro Mondiale delle Famiglie in Messico? Quali frutti si possono attendere?

Padre Corcuera: Sono convinto che in questi giorni Dio abbia agito in modo profondo e abbia lasciato semi di grazia in molti cuori. L'Incontro è terminato, ma questi semi a poco a poco cresceranno. Il Papa ci ha ricordato a giugno, nel porto di Brindisi, che lo stile caratteristico e inconfondibile di Dio è che realizza le cose più grandi in modo povero e umile, che la sua opera è sempre silenziosa e non spettacolare, ma che quei gesti umili e discreti, come gli inizi della Chiesa in Galilea, hanno una grande forza di rinnovamento. Cristo vuole regnare nel piccolo e decisivo mondo che è il cuore dell'uomo, come ha detto il Papa, e in ogni famiglia. Questo Incontro Mondiale delle Famiglie è stato come una Pentecoste, in cui abbiamo chiesto allo Spirito Santo di trasformarci. In questi tempi non facili, credo che Egli ci chieda di vivere come Gesù Cristo, con l'urgenza di fare il bene, in stato di missione, formando tutti un unico cuore e un'unica anima come i primi cristiani.

Nel suo intervento durante il Congresso teologico all'Incontro Mondiale delle Famiglie ha voluto sottolineare la fede, la speranza e la carità come pilastri della vita cristiana e sfida per le famiglie cattoliche. Perché?

Padre Corcuera: Se noi cristiani vogliamo costruire la famiglia, non possiamo perdere di vista l'aspetto essenziale della vita cristiana, che è vivere di fronte a Dio. Le virtù teologali sono il modo tipicamente cristiano di relazionarci con Dio, la spina dorsale che mantiene unita e in piedi la famiglia anche se mancano altre realtà. Se mancano la fede, la speranza e la carità, la famiglia cristiana non sopravvivrà anche nelle migliori condizioni esterne. E la famiglia è il luogo spontaneo in cui i bambini imparano a viverle con naturalezza e spontaneità. Si impara non con la teoria ma con la testimonianza che la fede non è rispettare alcune regole per dovere, ma una risposta viva all'amore di Dio, in cui la gratuità dell'amore è un fattore decisivo; che Cristo non è un'idea, ma il centro della nostra vita e la risposta a tutti i problemi; che i sacramenti non sono un evento sociale, ma una vera celebrazione della presenza di Dio nella nostra vita, un incontro con Lui. Nella famiglia si impara a vivere la fede senza abituarsi, ma come qualcosa di vivo che si rinnova e cresce, che si condivide senza paura, che unisce nell'amore. Nella famiglia, i figli imparano dai genitori e dai fratelli maggiori a parlare con Dio, ad ascoltarlo, ad aderire alla sua volontà, ad andare al di là della sofferenza o della tristezza. Nella famiglia si impara l'amore, ciò che dà senso a tutto e senza cui nulla ha senso. Si imparano il perdono, la compassione, la pazienza, la giustizia; si impara a discolpare, a parlare bene, a pensare bene, a fuggire dalle critiche e da tutto ciò che può far morire l'anima. Vedendo i genitori vivere così, i bambini si aprono alle realtà ultime della vita e scoprono il valore del tempo di fronte all'eternità. E' in famiglia che si comprende che Dio è Padre e che amarLo è la maggiore felicità dell'uomo. Anche tra le difficoltà, la famiglia diventa un paradiso in terra, e questo mondo ha bisogno di piccoli paradisi che irradino la forza trasformatrice dell'amore di Dio.

Parliamo della speranza. Di fronte ai dati statistici sul lento deterioramento della famiglia, quale può essere una base di speranza?

Padre Corcuera: Benedetto XVI ce lo ha detto chiaramente concludendo l'Incontro: “La risposta cristiana di fronte alle sfide consiste nel rafforzare la fiducia nel Signore e il vigore che sboccia dalla fede, che si nutre dell'ascolto attento della Parola di Dio”. Anche al termine dell'Incontro del 2006 a Valencia ha insistito sul fatto che se gli sposi rimangono aperti allo Spirito e chiedono il suo aiuto egli non smetterà di comunicare loro l'amore di Dio Padre manifestato in Cristo, aiutando gli sposi a collaborare con lui per rifletterlo e incarnarlo, e suscitando l'anelito dell'incontro con Cristo. Dio Padre, Figlio e Spirito Santo: Egli è la base della nostra speranza. Le testimonianze delle famiglie di tutto il mondo che abbiamo condiviso in questo incontro sono la dimostrazione che Dio agisce quando noi figli ci apriamo alla sua grazia, nonostante i nostri limiti, le nostre debolezze e le nostre cadute. E' l'esempio del Padre perfetto, del Figlio perfetto, del Fratello perfetto e dell'Amico perfetto. Come Egli è, così ci insegna a essere nel mondo. E' lo Spirito che opera, e noi collaboriamo con lui.

E' anche molto importante che nella famiglia si viva la gioia, come caratteristica essenziale per la virtù della speranza. Una gioia autentica è come chi già riflette la bellezza del cielo in famiglia. In questo modo, in famiglia si impara anche ad approfittare del tempo, perché si prende coscienza, soprattutto di fronte agli eventi che si vivono insieme, della brevità della nostra vita e del fatto che vale la pena di approfittare di ogni giorno. E' lì che la famiglia partecipa unita all'apostolato, essendo missionaria della speranza cristiana, perché insegna con le sue parole e l'esempio che tutto ci porta in cielo, all'abbraccio eterno con Dio.

Quale rapporto esiste tra la famiglia e la felicità personale? La famiglia è insostituibile?

Padre Corcuera: Siamo felici quando amiamo e siamo amati. La famiglia è il luogo privilegiato per sperimentare quell'amore profondo, quello più simile all'amore di Dio, perché nella famiglia veniamo amati senza condizioni, per quelli che siamo, non per ciò che facciamo o abbiamo; non siamo amati per le nostre qualità o capacità, né si smette di amarci per le nostre limitazioni e i nostri difetti. Questa incondizionalità e gratuità dell'amore, anche se non sempre siamo capaci di amare in questo modo, è un riflesso dell'amore di Dio. Veniamo visti come Dio ci vede. I genitori sono testimoni privilegiati del valore infinito della vita dei figli. Essi hanno partecipato al miracolo, ma sanno che non sono gli artefici, che non è tutto nelle loro mani. In questo modo comprendono il dono rappresentato dalla vita, l'aspetto divino presente in essa.

La famiglia è il luogo propizio e insostituibile secondo i piani di Dio per l'incontro con Cristo, perché è chiamata ad essere specchio dell'amore di Dio. La famiglia diventa una vera casa, come a Nazareth; in essa si condividono gioie e dolori e si può dire che si forma l'atteggiamento di essere un solo corpo, una sola anima e un solo cuore. La base di questo è la preghiera, e in particolare la preghiera in famiglia. Aveva ragione padre Peyton quando diceva che “la famiglia che prega unita rimane unita”. Possiamo anche dire che la famiglia è più felice nella misura in cui dà e apporta, come nel caso della famiglia missionaria. In questo caso potremmo dire che la famiglia che prega unita e che fa unita il bene portando il Vangelo rimane ancora più unita.

Cosa chiede Dio al Movimento Regnum Christi, che lei dirige, per rispondere alle sfide che affronta oggi la famiglia?

Padre Corcuera: Il Regnum Christi e la Legione di Cristo hanno senso solo nella Chiesa e per la Chiesa, e Dio ci parla attraverso i nostri pastori. Nel mese d i dicembre, il Cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, ha visitato le opere del Regnum Christi in Cile e in Brasile, e durante la conferenza che ha pronunciato a Santiago ha lasciato alle famiglie del Regnum Christi la consegna di rendere presente Cristo sempre e in ogni luogo. Ci ha detto: “Vivete il vostro carisma spirituale e apostolico in pienezza, crescete per arrivare a più persone e formatevi molto bene. Il mondo di oggi richiede apostoli che possano guidare i loro fratelli nel bene e nella verità”. Alcuni giorni dopo, a Brasilia, ci ha ricordato che dobbiamo essere sempre “uomini e donne gioiosi che trasmettono Cristo, gioia vera di ogni essere umano”. E' questo che ci chiede Dio: condividere il dono scoperto.

E' qualcosa che vediamo come servi, con umiltà, perché questo dono non è frutto delle nostre qualità, ma un elemento ricevuto per il bene degli uomini, nostri fratelli. Se valorizziamo questo dono, è perché crediamo che sia un segno dell'amore di Dio e che ci faccia unire intimamente agli altri gruppi, movimenti e realtà della Chiesa, nella missione comune di portare l'amore di Dio. Ci fa apportare e imparare, perché più uomini possano arrivare a scoprire la verità più bella della vita: che Dio ci ama.