CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 30 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Questo venerdì è stato presentato a Roma il “Catalogo dei Manoscritti ebraici della Biblioteca Vaticana”, realizzato dall'Institute of Microfilmed Hebrew Manuscripts - che raccoglie microfilm di manoscritti ebraici da tutte le parti del mondo - e dalla Jewish National and University Library di Gerusalemme.

Il catalogo di tutti i manoscritti vaticani compilati in caratteri ebraici è stato pubblicato nel 2008 nella collana "Studi e testi" ed è frutto di una pluriennale collaborazione della Jewish National and University Library di Gerusalemme con la Biblioteca Apostolica Vaticana.

L’opera è stata curata da Benjamin Richler sulla base delle ricerche paleografiche e delle descrizioni codicologiche del professor Malachi Beit-Arié, in collaborazione con la dottoressa Nurit Pasternak.

Nel corso dell'evento, il gruppo "Ensemble Musica Ritrovata" ha eseguito musiche di Salomone Rossi Hebreo, Arcangelo Corelli e Girolamo Frescobaldi.

Il ricco catalogo di quasi ottocento pagine contiene la descrizione accurata di 813 manoscritti  databili per lo più tra l'XI e il XVI secolo – sono solo una decina i codici più recenti –. Oltre una cinquantina sono i codici biblici, molti i manuali liturgici, i trattati filosofici e i testi cabbalistici, e poi i volumi di medicina e di astronomia.

Importanti anche i documenti della tradizione sefardita e di quella ashkenazita, testimonianze dei riti e delle credenze degli ebrei nell'area iberica e nei territori franco-renani.

Tra i tesori della raccolta si conta quello che è probabilmente il più antico codice ebraico conosciuto, un esemplare di un commento rabbinico al Levitico, vergato tra la fine del IX e gli inizi del X secolo.

 In una intervista ai microfoni della “Radio Vaticana”, il Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, monsignor  Cesare Pasini, ha detto che “è il primo Catalogo dei manoscritti della Biblioteca Vaticana, che si pubblica dai tempi di Giuseppe Simonio Assemani, cioè dal ‘700”.

Tra i pezzi degni di nota ha citato “un Urbinate ebraico - il numero uno di quella serie -, che è un codice bilingue ebraico-aramaico e contiene tutta l’intera Bibbia in questa speciale fattura, sia ebraica che aramaica, ed è datato 1294”.

“Oppure, un manoscritto della serie dei cosiddetti neofiti, il numero 1; è l’unico esemplare noto di Targum palestinesi – ha aggiunto monsignor Pasini –. Per esempio, il più antico manoscritto ebraico che possediamo è del IX secolo, è – fra l’altro – anche il più antico Sifra noto”.

“C’è anche una serie di manoscritti – con questi siamo nell’ XI secolo – molto importanti, perché contengono il Midrash, quindi codici midrashici; per esempio il Vaticano ebraico 30, il 31, il 32, ma anche il 60”.

Il prelato ha poi ricordato la presenza di diversi manoscritti biblici o di altri testi ebraici prodotti in Italia tra il XIII e il XV secolo e che nascono dalla collaborazione di ebrei italiani.

“Magari – ha raccontato – chi ha ordinato il manoscritto era un ebreo facoltoso -, ma chi ha poi vergato il manoscritto, quindi il copista, o chi ne ha fatto l’ornamentazione sono italiani cristiani, e ci si accorge che questi manoscritti portano, nella loro carne, il segno di una vicinanza e di una collaborazione, di un dialogo che forse non ci aspetteremmo”.

“Fra l’altro, non solo il segno di una collaborazione e di un dialogo, ma ci si accorge che il frutto di questa collaborazione e dialogo è strepitoso: chi guarda questi manoscritti ne è rapito, anche dalla bellezza, dalla finezza con cui sono stati redatti”, ha commentato.

Alla presentazione è intervento, tra gli altri, il Cardinale Raffaele Farina, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, il quale ha sottolineato come “i rapporti culturali hanno una strada più facile, più semplice”.

“Il culto della bellezza contribuisce molto – ha detto –. Noi siamo molto soddisfatti di questo lavoro decennale che è stato frutto di questa collaborazione. Il risultato è quello che ci aspettavamo da questo. E’ una premessa ad altre collaborazioni”.

“In genere, quando si lavora bene insieme, si creano amicizie – ha osservato –. Tutto questo crea un clima di comprensione: bisogna stare bene insieme, ognuno con la propria identità. E l’istituzione, contrariamente a quello che si possa pensare comunemente, offre un buon supporto. Vogliamo creare un clima tale per cui anche il dialogo religioso abbia un ambiente adatto a svilupparsi bene”.

Monsignor Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha affermato che “prima ancora di essere credente, ogni persona è anche una persona umana, appartiene a quello che la Bibbia chiama 'Adamo', che letteralmente significa 'l’uomo', 'l’umanità'”.

“Ed è per questo che ogni impegno per la cultura è anche un modo per riuscire a costruire pian piano un grande dialogo non solo umano, ma anche religioso e spirituale”, ha aggiunto.

Quella di oggi, ha riconosciuto, è stata anche “l’occasione, da una parte, di cancellare le tensioni in senso negativo, perché si ritrovano molti elementi comuni attraverso la cultura; ma, dall’altra parte, è proprio un’occasione di trasformare questa parola 'tensione' da negativa in positiva, cioè di tendere verso un ideale ulteriore, perché di solito la cultura – quando è autentica – è il tentativo di interpretare il mistero dell’essere, cioè la possibilità di approdare verso l’eterno, verso l’infinito, verso la grandezza che ci trascende continuamente”.

“E’ significativo poi che il mondo cattolico, nel passato, abbia sentito la necessità non solo di custodire ovviamente il testo ebraico della Bibbia, ma anche di avere testi alti dal punto di vista della cultura ebraica, testi della tradizione giudaica, testi cioè di tutto questo orizzonte che è quello dei cosiddetti nostri fratelli maggiori”, ha quindi commentato.

Mordechay Lewy, Ambasciatore israeliano presso la Santa Sede e tra i promotori dell’odierna presentazione del Catalogo, ha salutato la presentazione odierno come “un’occasione molto importante per dimostrare quanto sia apprezzabile la collaborazione culturale tra Israele e la Santa Sede”.

“Penso che saremmo più poveri se restringessimo le nostre relazioni solo alla dimensione politica e religiosa”, ha sottolineato.

“La dimensione culturale è molto importante e oggi abbiamo avuto la dimostrazione di quanto possa essere realizzato in uno spirito positivo e di collaborazione, anche in futuro. Io credo che oggi ci sia stato un arricchimento delle relazioni tra Israele e la Santa Sede”, ha poi aggiunto.